Posta la prima pietra per la bioraffineria di Livorno, ma gli impatti ambientali restano stabili
Quella di Livorno fu una delle prime raffinerie italiane costruite dall’Azienda nazionale idrogenazione combustibili (Anic): costituita nel 1936, venne distrutta completamente durante il secondo conflitto mondiale, e poi ri-inaugurata nel 1953 come raffineria Stanic, il nome col quale resta nota a livello locale. Oggi la raffineria è di Eni si sviluppa in un’area di circa 16 ettari, tra Livorno e Collesalvetti, e ha compiuto il primo passo verso la (parziale) riconversione in bioraffineria.
All’interno del polo impiantistico, stamattina si è infatti celebrato l’appuntamento 85 anni di storia e un futuro da bioraffineria, al quale hanno partecipato tra gli altri il prefetto di Livorno Giancarlo Dionisi, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e i sindaci di Collesalvetti Sara Paoli e di Livorno Luca Salvetti.
Un mese fa dal ministero dell’Ambiente è arrivato l’ok all’articolata Valutazione d’impatto ambientale (Via) per la nuova bioraffineria, che dovrebbe sorgere all’interno di un Sito d’interesse nazionale (Sin) per le bonifiche, nonostante ad oggi non sia ancora chiaro se e quando tali bonifiche verranno mai realizzate.
«La bioraffineria, dopo quelle a Porto Marghera (Venezia) e a Gela – spiegano nel merito da Eni – utilizzerà la tecnologia Ecofining per trattare materie prime di scarto, residui agroalimentari e oli vegetali non in competizione con la filiera alimentare e realizzare biocarburanti Hvo per il trasporto su gomma, aereo e anche marino e ferroviario. Gli impianti di Livorno saranno operativi entro il 2026 e avranno una capacità produttiva di 500mila tonnellate/anno».
Dopo la simbolica posa della prima pietra la costruzione vera e propria della bioraffineria inizierà non appena verrà rilasciata l’Autorizzazione unica e il relativo permesso a costruire, presumibilmente «entro fine mese», sottolineano dal Cane a sei zampe, anche se la Regione è pronta ad accelerare: «Questo pomeriggio in Giunta regionale - dichiara infatti Giani - si completa di fatto l’iter autorizzatorio dell’intervento: abbiamo all’ordine del giorno la delibera della Regione che, sentiti Comuni e Provincia, sancisce l’intesa sull’Autorizzazione unica statale».
Un investimento ingente pari a circa 420 milioni di euro, con lo scopo di produrre vari biocarburanti idrogenati, ovvero Hvo diesel, Hvo nafta e bio-Gpl, a partire da cariche di origine biologica residuali, dichiarate non in competizione con il settore alimentare (come sottoprodotti animali, oli alimentari esausti, residui vegetali).
Si tratta di un importante passo avanti sotto il profilo della sostenibilità sociale, perché senza parziale riconversione il sito petrolchimico sembrava da anni indirizzato verso un progressivo declino occupazionale, mentre dal punto di vista ambientale le ricadute a livello locale appaiono minimali.
Sotto il profilo degli inquinanti le emissioni previste dal polo petrolchimico miglioreranno «seppur alla seconda cifra decimale», ha dichiarato l’Istituto superiore di sanità (Iss) nel corso della Via; sotto il profilo climatico, è invece la stessa Eni che nelle carte inviate al ministero non specifica neanche di quanto si attende calino le emissioni di CO2 legate all’impiego dei suoi biocarburanti rispetto ai corrispettivi fossili, affermando solo che saranno “significativamente inferiori”; una lacuna che apre sospetti sulla reale capacità di garantire la tracciabilità delle cariche biogeniche in ingresso.