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Ponte sullo Stretto di Messina, il pilone lato Calabria poggerebbe su una faglia sismica

Si moltiplicano i dubbi tecnici in merito al progetto. Mentre il sud muore di siccità, non c’è modo migliore di spendere 15 miliardi di euro?
 |  Trasporti e infrastrutture

Dopo che il Cnr poche settimane fa ha confermato che un sistema di faglie sta allontanando tra loro Calabria e Sicilia, e dopo che – già lo scorso  maggio – uno studio presentato dal Comune di Villa San Giovanni ha affermato che il ponte sullo Stretto di Messina in progetto poggerebbe in una “zona rossa” della faglia a rischio sismico, adesso la conferma arriva direttamente dalle carte depositate dalla società Stretto di Messina in risposta alle osservazioni arrivate dal ministero dell’Ambiente.

Come rileva la Repubblica, sono due i documenti consegnati al ministero che fanno riferimento alla faglia Cannitello – probabilmente figlia del devastante terremoto del 1783 – sotto il pilone previsto dal progetto sul lato della Calabria, individuandola nella legenda come "certa".

Dopo gli approfondimenti avviati negli ultimi anni dall’Ispra sulle faglie attive in Italia, oggi le mappe circoscrivono una “zona rossa” fino ad una distanza minima di 200 metri da ogni linea di frattura riconducibile all’attività di un piano di faglia, suggerendo così chiaramente come sia non opportuno realizzare nuove infrastrutture in queste aree a rischio sismico. E invece.

Per la società Stretto di Messina quei criteri "non hanno status normativo", e comunque "l'attività e la loro stessa esistenza" (delle faglie) viene reputata “controversa”. Così il progetto va avanti, per ora. Si tratta dell’ennesimo, enorme problema per un’opera contestata in blocco dagli ambientalisti e non solo, che ancor prima di nascere si presenta come inutile, costosa e molto rischiosa, come spiegato sulle nostre pagine da Mario Tozzi con dovizia di particolari. Eppure in legge di Bilancio il Governo Meloni ha deciso di stanziare circa 15 miliardi di euro per il ponte sullo Stretto, quando le priorità in Sicilia – dove la siccità ancora in corso è stata resa il 50% più probabile dalla crisi climatica – dovrebbero essere altre.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.