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Le auto costano troppo per una classe media impoverita: in Italia prezzi a +58% dal 2011

La Commissione Ue apre il dialogo strategico per dare una risposta all’industria automotive, ma a mancare è la domanda

Von der Leyen: «Dal dialogo emergerà un piano d'azione globale, che presenteremo il 5 marzo»
 |  Trasporti e infrastrutture

L’industria automotive è un motore centrale per l’economia europea, rappresentando oltre 13 milioni di posti di lavoro (diretti e indiretti) e contribuendo per il 7% – con circa 1 trilione di euro l’anno – al Pil Ue. Ma un nuovo studio Eurofound documenta che solo negli ultimi sei mesi sono state annunciate 80mila perdite di posti di lavoro nel settore automobilistico europeo, sotto forma di ristrutturazioni o addirittura chiusure di siti industriali, sia legati alle tradizionali auto con motori a combustione sia in fabbriche legate alla mobilità elettrica.

È in questo contesto che oggi la Commissione Ue ha convocato a Bruxelles i principali leader dell'industria automotive europea, le parti sociali e altri portatori d’interesse per l'avvio del Dialogo strategico sul futuro dell'industria automobilistica, in modo da avanzare risposte partecipate alla crisi in corso.

«L'industria automobilistica europea sta vivendo un momento cruciale e prendiamo atto delle sfide che si trova a dover affrontare – spiega la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – Ecco perché stiamo agendo rapidamente per fronteggiarle. La questione fondamentale cui dobbiamo rispondere insieme è questa: cosa ci manca ancora per sfruttare pienamente le potenzialità innovative delle nostre imprese e garantire la solidità e la sostenibilità del nostro settore automobilistico? Oggi lanciamo un dialogo che ci aiuterà a indirizzare i cambiamenti futuri. Dal dialogo emergerà un piano d'azione globale, che presenteremo il 5 marzo. Questo piano d'azione segnerà un percorso chiaro per garantire che la nostra industria possa prosperare in Europa e competere con successo sulla scena mondiale».

Il Consiglio e il Parlamento europeo saranno strettamente coinvolti nel processo, che vede oggi l’avvio di quattro tavoli tematici affidati ad altrettanti commissari europei: Hoekstra si concentrerà sulla transizione pulita del settore automobilistico; Séjourné sulla catena del valore; Virkkunen supervisionerà le discussioni sull'innovazione tecnologica e digitale; Mînzatu si occuperà delle competenze e degli aspetti sociali della transizione.

«La Commissione Ue – sintetizzano da Bruxelles – riconosce l'urgenza e la gravità della situazione, la necessità di un'azione decisa per proteggere la prosperità europea e al contempo raggiungere gli obiettivi climatici e altri obiettivi sociali».

Per quanto riguarda in particolare il fronte della decarbonizzazione, la Commissione ritiene che questa transizione rappresenti «un’opportunità per il settore per sviluppare nuovi mercati, innovare e contribuire alla riduzione della dipendenza dai combustibili fossili», pur riconoscendo gli attuali limiti: «I consumatori devono ancora affrontare costi iniziali elevati per l’acquisto di veicoli elettrici (diminuiti nell’eurozona del 15% dal 2018, mentre in Italia sono cresciuti del 14%, ndr) e una diffusione ancora limitata delle infrastrutture di ricarica».

Ma a chi chiede una revisione degli ambiziosi obiettivi climatici fissati dall’Ue – come l’addio al 2035 all’immatricolazioni di auto e furgoni con emissioni climalteranti al tubo di scappamento – la Commissione evidenzia come altri ritengano che «i mercati internazionali chiave (fondamentali per i produttori europei) stanno rapidamente passando ai veicoli elettrici e che, di conseguenza, è imperativo che gli Oem (i produttori di apparecchiature originali, ndr) europei mantengano il massimo focus sul recupero della leadership in termini di costi e prestazioni nei veicoli elettrici».  Ciò non significa però che non possa esserci una rimodulazione sulle multe previste già da quest’anno per quelle case automobilistiche che non rispettano gli obiettivi sulle emissioni di CO2, come suggerito nella Bussola per la competitività in cui si parla di «esaminare possibili flessibilità».

Ma il problema principale da affrontare per la filiera automotive è un altro: manca la domanda da parte dei consumatori, come riconosciuto sia da parte dell’industria – «La classe media europea sta perdendo potere d'acquisto», ha dichiarato recentemente l’ad di Renault – sia da parte dei sindacati, con Judith Kirton-Darling, segretaria generale della rete di sindacati europei industriAll Europe, a evidenziare che «rilanciare la domanda è fondamentale». Come fare?

Le proposte allo studio della Commissione Ue comprendono il potenziamento e l’armonizzazione degli incentivi all’acquisto e delle misure fiscali tra gli Stati membri; nuove politiche su appalti pubblici e mercati guida per favorire la domanda di veicoli elettrici; collaborazione tra le aziende per lo sviluppo di veicoli elettrici di piccola dimensione e a basso costo, per rendere la mobilità elettrica più accessibile ai bassi redditi. Oltre a misure di policy servono però anche fondi per finanziarle.

«Rilanciare la domanda – insiste sul punto Kirton-Darling – significa adattare il principale ostacolo a un programma d’investimenti pubblici in Europa: il Patto di stabilità e crescita. Abbiamo bisogno di una golden rule per esentare gli investimenti sulla transizione ecologica dalle regole di austerità, compresi gli incentivi all'acquisto di veicoli a zero emissioni. C'è bisogno di misure mirate per sostenere l'acquisto di veicoli a zero emissioni per le famiglie a basso reddito e della classe media, sulla falsariga del leasing sociale francese».

L’unica altra strada, percorribile anche in parallelo, per ottenere le risorse necessarie a finanziare una transizione che sia equa oltre che ecologica, passa dalla redistribuzione della (abbondante) ricchezza presente nel Vecchio continente. Sono gli stessi produttori di auto, ormai, a mettere in evidenza come non ci sia il Green deal alla base della crisi ma i crescenti costi delle catene di fornitura – energia, materie prime, logistica –, pur sorvolando sui fatturati in crescita nonostante le immatricolazioni in calo (e dunque sui margini di profitto). In Italia ad esempio il costo medio di un’auto nuova è salito a 30.096 euro, registrando un aumento dei prezzi del 58% a partire dal 2011, mentre nello stesso periodo il potere d’acquisto delle famiglie è calato del 3%.

Al contempo, nel solo 2024 la ricchezza dei miliardari italiani è aumentata di 61,1 miliardi di euro - al ritmo di 166 milioni di euro al giorno - raggiungendo un valore complessivo di 272,5 miliardi di euro detenuto da 71 individui. Dall’altro lato della piramide sociale, nel 2023 sono 5,7 milioni gli italiani che versano in condizioni di povertà assoluta.

Non si tratta di una tendenza ineluttabile ma di una scelta politica, quella di non rispettare il criterio di progressività fiscale fissato nell’articolo 53 della nostra Costituzione. Un recentissimo studio presentato su queste colonne dai ricercatori della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del LMU di Monaco propone una riforma organica della tassazione nazionale su reddito e/o capitale, dalla quale potremmo ricavare circa 26 miliardi di euro attingendo solo dall’1% più ricco della cittadinanza, trovando così un’importantissima fonte di finanziamento per la transizione ecologica del Paese, rendendola al contempo socialmente più equa e (dunque) più accettabile dalla popolazione.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.