A L’Aquila un intero ciclo scolastico in moduli prefabbricati: lo Stato resta terremotato
I 36 Musp (Moduli ad uso scolastico provvisorio) realizzati a L’Aquila dopo il devastante terremoto del 2009, avrebbero dovuto restare aperti solo per cinque anni, per offrire agli studenti del territorio l’opportunità di continuare il loro percorso di studi in attesa che le loro vere scuole potessero essere messe in sicurezza o ricostruite. Sedici anni dopo, invece, sono sempre lì.
Come documentano da ilpost prendendo in esame i monitoraggi aggiornati periodicamente dall’Amministrazione comunale, dal terremoto ad oggi sono solo tre le scuole inaugurate, mentre per altre 9 sono stati appaltati i lavori e per 6 è in corso la progettazione.
Questo significa che nel 2023, così come nell’anno scolastico in avvio lunedì 16 settembre, oltre 3.500 studenti hanno frequentato la scuola all’interno di moduli prefabbricati “provvisori”. Molti di più sono quelli che hanno completato l’intero ciclo scolastico – dalle elementari alle superiori – nei Musp.
Con quale fiducia nello Stato potranno affacciarsi alla vita adulta, queste ragazzi e questi ragazzi? Non è peraltro “solo” una questione di diritti negati, ma anche di risorse sempre più scarse ma non valorizzate.
L’Istituto nazionale di statistica (Istat) mostra chiaramente che il declino demografico, già in atto in media in tutto il Paese, è particolarmente forte nelle aree interne. E lo sarà sempre di più nel prossimo futuro.
Lo scenario di previsione “mediano” contempla un calo della popolazione italiana da 59,0 milioni al 1° gennaio 2023 (anno base) a 58,2 milioni nel 2033 (-1,4%) sino a 56,5 milioni nel 2043 (- 4,3% rispetto al 2023). La variazione sull’anno base, nel breve e nel medio periodo, risulta più accentuata per i Comuni delle aree interne (rispettivamente -3,8% e -8,7%), dando la misura dello spopolamento in corso.
Se c’è una possibilità di invertire il trend, o almeno di arrestare l’emorragia dei giovani, è necessario che lo Stato torni a presidiare le aree interne del Paese a partire da quelle appenniniche, e che metta a frutto le risorse disponibili a partire da dove ci sono. L’Aquila, col suo commissario straordinario per la ricostruzione, dovrebbe essere l’esempio più fulgido dell’impegno statale. Invece, sedici anni dopo il terremoto, a mancare sono ancora le infrastrutture-base per la società civile: le scuole.