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La “tutela del paesaggio” non può essere l’unico criterio prevalente

La Consulta boccia la moratoria sulle rinnovabili della Regione Sardegna, è incostituzionale

Si pone in contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione sanciti a livello europeo e recepiti a livello statale. L’avvocato Vivani: «Può orientare tutte le legislazioni regionali sulle aree idonee»
 |  Nuove energie

Con una sentenza lapidaria, riportata integralmente a coda di quest’articolo, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge regionale della Sardegna che introduceva una moratoria sulla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili per un periodo di 18 mesi, in attesa dell’approvazione della legge regionale per l’individuazione delle aree idonee. Che è poi arrivata, sancendo che circa il 99% del territorio sardo è inidoneo ai nuovi impianti.

Nel testo della sentenza si legge che le disposizioni regionali impugnate, “pur finalizzate alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili, si pongono in contrasto con la richiamata normativa statale che, all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell’energia”.

«La sentenza è estremamente importante – spiega l’avvocato Claudio Vivani, che ha collaborato al suo raggiungimento – perché pone rimedio a una situazione a mio parere ingiusta e lesiva non solo per le imprese del settore ma anche e soprattutto per l’interesse della collettività alla tutela dell’ambiente e della salute umana tramite il contrasto al cambiamento climatico, rispetto al quale le energie rinnovabili svolgono indiscutibilmente un ruolo fondamentale. Proprio tale aspetto sembra assumere rilievo nella sentenza della Corte, dove ravvisa l’incostituzionalità della normativa regionale sarda per il fatto che si pone in contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione sanciti a livello euro-unitario e recepiti a livello statale tramite l’art. 20 del D. Lgs. 199/2021. Si tratta, a mio avviso, di un principio la cui portata eccede il tema della moratoria e si pone su un piano più generale, che può utilmente orientare tutte le legislazioni regionali destinate a essere emanate a breve sulle aree idonee all’installazione degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile».

Nuove sorprese, adesso, potrebbero presto arrivare anche in merito alla legge sulle aree idonee che esclude il 99% del territorio sardo ai nuovi impianti rinnovabili, che il Governo Meloni ha deciso a gennaio di impugnare ritenendo anche questo dispositivo di legge incostituzionale.

Per molti versi, non si tratta di una sorpresa. Sul finire dello scorso anno l’intera filiera elettrica nazionale – rappresentata dalle associazioni confindustriali Elettricità futura e Anie – avvertiva già sui «forti profili d’illegittimità costituzionale» e chiedeva al Governo d’impugnare la legge sarda, come del resto aveva già impugnato la precedente moratoria regionale sugli impianti rinnovabili.

«La legge Todde è sbagliata perché, sostanzialmente, impedisce la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili in Sardegna, rendendo praticamente tutto il territorio regionale “non idoneo” – spiegava per l’occasione sulle nostre colonne Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club – Non credo che questa legge sopravviverà alla mannaia della Corte Costituzionale. Infatti, il paradosso è che la Corte, dando ragione a quelle Regioni (tra cui la stessa Sardegna) che avevano fatto ricorso contro “l’autonomia differenziata” voluta dal Governo nazionale, ha spiegato molto chiaramente nelle motivazioni che l’energia non è una materia delegabile alle Regioni».

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Redazione Greenreport

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