Skip to main content

Scienziati e ambientalisti insieme a Roma per realizzare un'Italia dall'elettricità 100% rinnovabile

«Coloro che continuano a parlare di elettricità generata dalle rinnovabili come più costosa di quella da nucleare o sono in malafede oppure non sono aggiornati»
 |  Nuove energie

È in corso a Roma la presentazione di due rapporti da parte del Network 100% rinnovabili, battezzati rispettivamente Verso la neutralità climatica con elettricità 100% rinnovabile e La chimera del nucleare, entrambi disponibili in versione integrale a coda di quest’articolo.

Il primo è frutto del lavoro di 25 docenti e ricercatori italiani provenienti da istituzioni scientifiche di primo piano, dal Cnr alla Stanford University, dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa alla Sapienza di Roma, dal Politecnico di Milano a quello di Bari. Il secondo rappresenta uno sforzo collettivo del Network, che unisce scienziati di spicco alle principali associazioni ambientaliste italiane – Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace, Kyoto club, Legambiente e Wwf –, fino a rappresentanti del mondo sindacale e delle imprese.

Con una ricca bibliografia scientifica a supporto, il primo report mette in fila 40 punti per ricapitolare le necessità di una transizione ecologica italiana che tenga insieme decarbonizzazione, sicurezza energetica e contenimento dei costi in bolletta. In primis, evidenzia che per promuovere una decarbonizzazione veloce e a basso costo occorre puntare su un forte sviluppo del solare e dell’eolico, integrati fra loro in modo da utilizzare in sinergia la diversa produzione stagionale. Il potenziale eolico italiano è più che sufficiente per far fronte al forte fabbisogno della decarbonizzazione in modo integrato con una forte crescita del solare a terra. Lo sviluppo del solare richiede l’utilizzo di piccole percentuali del territorio ed è improprio parlare di “consumo di suolo” perché gli impianti fotovoltaici a terra possono essere un’occasione per la biodiversità.

La transizione avrà dunque un suo paesaggio rinnovabile, diverso da quello fossile, del quale l’eolico farà parte: i paesaggi italiani (e non) sono sempre storicamente cambiati e oggi non è sostenibile un’estetica che prescinda dalla responsabilità di concorrere alla mitigazione della crisi climatica, che peraltro rappresenta un pericolo in sé anche per il paesaggio.

Eppure la corsa delle rinnovabili continua ad essere troppo lenta, con 7,48 GW aggiunti nell’ultimo anno a fronte dei 10-12 GW/a necessari per raggiungere gli obiettivi 2030. Per questo il report insiste sul fatto che i processi autorizzativi devono essere rapidi e coerenti con la necessità di accelerare la transizione: la tendenza a estendere aree inidonee per gli impianti eolici e solari va contrastata, fatta eccezione solo per aree di particolare valore naturalistico, culturale, storico e paesistico. Il documento allarga inoltre l’analisi anche agli usi razionali e migliori delle biomasse, all’idroelettrico esistente e a un suo ripensamento in un’epoca di estremizzazione climatica, alle reti di teleriscaldamento per aumentare le opzioni di decarbonizzazione, agli accumuli distribuiti per usi termici e alla geotermia ad alta e bassa entalpia.

Se questo è il futuro possibile per il Paese, il secondo report si sofferma invece sulla chimera nucleare che di fatto rischia semplicemente di rallentare la transizione energetica, a favore del gas fossile. Si parte da un dato di fatto: il ministero dell’Ambiente, attraverso il Pniec approvato lo scorso anno, ipotizza lo sviluppo di almeno 400 MW di nuova capacità nucleare cosiddetto “avanzato” ma ancora pressoché inesistente sotto il profilo commerciale – piccoli impianti modulari (Smr), Amr – al 2035, per arrivare a 2 GW di potenza al 2040, 3,5 al 2045 e 7,6 GW al 2050 a cui andrebbero aggiunti ulteriori 400 MW di potenza da fusione. Il tutto contribuendo all’11% dei consumi finali del Paese, con risparmi prospettati (ma non argomentati) di 17 miliardi di euro nello scenario energetico “con nucleare”.

Quanto è realistica questa prospettiva? «Coloro che continuano a parlare di elettricità generata dalle rinnovabili come più costosa di quella generata dalle centrali nucleari o sono in malafede – si spiega nel report – e ricorrono ad una pubblicità ingannevole per promuovere le centrali nucleari, oppure non sono aggiornati: sono fermi a 15 anni fa, quando effettivamente l’elettricità generata dalle centrali nucleari costava meno di quella generata dal solare e dall’eolico».

In sintesi, le questioni cruciali poste contro il ritorno alle centrali nucleari in Italia sono molte: il declino di questa tecnologia a livello globale (dopo aver raggiunto il picco con circa il 17% della produzione elettrica mondiale, da fine secolo è sceso fino al 9,2% nel 2022); i costi molto elevati e i tempi di costruzione lunghissimi, come dimostrano le esperienze di Flamanville in Francia, Olkiluoto in Finlandia e Hinkley Point in Gran Bretagna; le centrali nucleari a fissione dell’uranio generano isotopi altamente radioattivi, con tempi di dimezzamento della radioattività che, per il plutonio, arrivano a 24 mila anni, generano quindi combustibile esaurito, scorie e rifiuti nucleari pericolosi, difficili e costosi da gestire; l’Italia non dispone né di uranio né di impianti di arricchimento e produzione del combustibile nucleare che è costoso e andrebbe importato, probabilmente dalla Russia, che detiene il 38% della capacità globale di conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento.

PDF allegati

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.