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Le simulazioni di Rse portano a un differenziale di prezzo fino a 25 €/MWh

Col superamento del Pun, più impianti rinnovabili sul territorio significa bollette più basse

«Le zone al sud, vedendo una maggiore penetrazione di rinnovabili, registrerebbero un prezzo minore rispetto alle altre zone al nord in tutti gli scenari»
 |  Nuove energie

L’arrivo del nuovo anno ha portato novità importanti sul fronte del mercato elettrico, perché dal 1 gennaio il Prezzo unico nazionale (Pun) che fa da riferimento per il costo delle bollette non esiste più: a cancellarlo è stato il decreto pubblicato dal ministero dell’Ambiente il 18 aprile scorso, recependo le sollecitazioni della Commissione Ue per armonizzare il funzionamento del nostro Mercato del giorno prima (Mgp) – il principale all’ingrosso, dove s’incrociano domanda e offerta di elettricità per le varie fasce orarie della giornata – con quelli degli altri Stati membri.

Da quest’anno nel Mgp i prezzi sono dunque divisi in sette zone di mercato, delimitate dalle capacità d’interconnessione: nord, centro-nord, centro-sud, sud, Calabria, Sicilia, Sardegna. Il prezzo di equilibrio si forma in base al meccanismo marginale: individuate le necessità della domanda elettrica per una determinata fascia oraria, ogni produttore indica quanta elettricità può offrire, ed entrano nel pacchetto le offerte più economiche necessarie per arrivare a coprire la domanda. Il nodo del problema sta nel fatto che tutti gli impianti vengono remunerati al prezzo dell’impianto più costoso tra quelli selezionati nel Mgp, e nel caso italiano l’impianto più costoso è in genere alimentato dal costosissimo gas fossile (il cui prezzo, a sua volta, in Europa trova riferimento nel punto di scambio virtuale olandese Ttf).

Dove le rinnovabili corrono, come in Spagna e Portogallo, i prezzi delle bollette sono già oggi più bassi: se anche l’Italia avesse tenuto lo stesso ritmo di penetrazione sul mercato delle rinnovabili registrato nei Paesi iberici, negli ultimi 4 anni avrebbe risparmiato 74 miliardi di euro.

Anche per l’Italia è fondamentale il ritmo delle installazioni d’impianti rinnovabili – per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 servono circa +12 GW l’anno, contro i circa +7 GW attuali –, e il passaggio dal Pun ai prezzi zonali favorirà per prime quelle regioni che ospitano più impianti sul proprio territorio, dato che le rinnovabili sono le fonti più economiche. Non subito però, perché è al momento in vigore un meccanismo transitorio di perequazione pensato proprio per limare le differenze nei prezzi dell’elettricità lungo lo Stivale, che resterà in campo almeno fino a fine 2025.

La strada però è già tracciata, e ci ha pensato una recente analisi di Rse – ovvero Ricerca sul sistema energetico, società controllata dal Gse e dunque dal ministero dell’Economia – a delineare cosa accadrà col progressivo superamento del Pun.

Sono tre gli scenari al 2030, in cui vengono simulati diversi criteri di ripartizione delle future installazioni di impianti rinnovabili, in base alla distribuzione zonale e alla ripartizione tra installazione di fotovoltaico tra tetto e terra (con gli impianti utility scale decisamente più economici).

«Dalle simulazioni si evince che lo scenario con una maggiore penetrazione di fotovoltaico al sud e a terra – spiega direttamente Rse – potrebbe portare a maggiori differenziali di prezzo tra le zone (circa 25 €/MWh di differenziale tra Nord e Sud). Le zone al sud, vedendo una maggiore penetrazione di rinnovabili, registrerebbero un prezzo minore rispetto alle altre zone al nord in tutti gli scenari».

Come già spiegato dall’Arera, e ancor prima dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), la strada maestra per far scendere le bollette è dunque accelerare la transizione ecologica per far spazio alle installazioni d’impianti rinnovabili.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.