La maggior parte della Sardegna sarà «area non idonea» agli impianti rinnovabili
Non è solo il Governo Meloni a frenare lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese, ma anche regioni guidate dal “campo largo” continuano a cavalcare la lettura populista denunciando un improbabile assalto degli impianti ai territori.
Mentre l’Emilia Romagna è finita per l’ennesima volta sommersa da un’alluvione storica, la Sardegna ha prima approvato una moratoria sui nuovi impianti rinnovabili, poi dichiarato a fine luglio l’emergenza siccità – che è stata resa il 50% più probabile dalla crisi climatica alimentata dai combustibili fossili che le rinnovabili dovrebbero sostituire, ma la connessione tra questi fatti non sembra essere scattata tra la dirigenza sarda – e infine ieri ha approvato il ddl Disposizioni per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
«La Sardegna è la prima Regione d’Italia a proporre una legge sulle aree idonee», dichiara con orgoglio la presidente penta stellata, Alessandra Todde, anche se di idoneo ci sarà ben poco: «La maggior parte del territorio sardo – ha infatti subito specificato – sarà area non idonea a ospitare impianti di produzione da energia rinnovabile».
Per avere i dettagli dovrà prima completarsi l’iter legislativo in avvio al Consiglio regionale, ma quanto anticipato è già sufficiente per adombrare una marea di ricorsi, dato che si prospetta un’efficacia retroattiva per il provvedimento: «Gli impianti in corso di autorizzazione, o che hanno già ottenuto un’autorizzazione ma non hanno iniziato i lavori, non potranno essere realizzati se l’area prevista nel progetto non è ritenuta idonea», afferma nel merito Todde.
Il ddl contiene anche aspetti positivi. Si prevede ad esempio un apposito ddl per istituire l’Agenzia regionale sarda dell’energia, così come nuovi fondi: «Vogliamo che ogni famiglia e impresa sarda si possa produrre la propria energia. Infatti, da qui al 2030, investiamo circa 700 milioni di euro per le comunità energetiche, impianti fotovoltaici, accumuli di energia elettrica per autoconsumo, con incentivi - anche a fondo perduto - destinati a cittadini, Comuni, imprese, privati ed enti regionali».
C’è un però. I piccoli impianti dedicati all’autoconsumo sono utili quanto necessari, ma è una pia illusione pensare che possano bastare per sostituirei l’approvvigionamento da fonti fossili. Per riuscirci, e lottare così concretamente contro la crisi climatica e per la sicurezza energetica – oltre che per bollette più economiche – servono i grandi impianti, di taglia utility scale. Anche per un fattore di costi: l’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale, infatti, costa circa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici sui tetti residenziali.