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Si allarga la guerra per le risorse del Congo. L’offensiva della milizie nell’est della RDC

La Repubblica democratica del Congo denuncia il Rwanda alla corte di giustizia dell'Africa orientale
 |  Nuove energie

Samuel Mbemba, il vice ministro della giustizia della Repubblica democratica  del Congo (RDC), ha annunciato che 26 settembre si aprirà un processo contro il Rwanda davanti alla Cour de justice des États d'Afrique de l'Est / East African Court of Justice (EACJ). KiL rwuanda è stato messo sotto accusa anche alla Cour africaine des Droits de l'homme et des peuples  per l’aggressione armata nella RDC orientale e crimini di guerra. Mbemba ha avviato anche una campagna per chiedere alla Corte penale internazionale (CPI) di svolgere un'indagine sull'esercito ruandese e incriminare coloro che sono coinvolti in violazioni dei diritti umani nella RDC. L'ex colonia belga ha presentato diverse denunce alla CPI, tra le quali una richiesta che la corte delle Nazioni Unite indaghi sul presunto saccheggio diffuso delle risorse naturali nell'est del Paese da parte delle forze ruandesi e dei ribelli Mouvement du 23 mars (M23).

Il vice ministro della giustizia della RDC  ha dichiarato che «L’EACJ ha deciso di aprire le udienze in un caso intentato da Kinshasa contro il Rwanda per il suo presunto ruolo in un conflitto armato durato decenni nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Questo processo si concluderà con la condanna del Rwanda per violazione della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale di uno Stato membro della EAC [Comunità dell'Africa orientale], atrocità di massa contro la popolazione civile, nonché gravi e flagranti violazioni del diritto internazionale umanitario».

Quella che gli africani chiamano la Terza Guerra Mondiale del Congo è infatti una guerra per le risorse mascherata da guerra etnica/tribale - che a volte assume anche aspetti religioso/settari - e che dura ormai da una quarantina di anni. Le relazioni tra Kinshasa e Kigali si sono deteriorate dopo la ripresa delle ostilità da parte dall’M23, uno dei numerosi gruppi ribelli che, dopo che sembrava esserci sciolto e scomparso, è risorto meglio armato di prima e ha vaste aree di territorio nel Nord Kivu.

La RDC ha ripetutamente accusato il governo ruandese – uno dei beniamini dell’Europa -  di armare gli insorti, un'accusa condivisa anche dagli Stati Uniti. Recentemente, il presidente della RDC Felix Tshisekedi ha minacciato di dichiarare guerra al Piccolo ma ben armato Rwanda se continuerà ad alimentare il conflitto.

Dale Pankhurst della Queen's University Belfasted esparto di rapporti tra Stati e milizie pro-governative (pro-government militias - PGM). Conferma su The Conversation che «Per contenere e respingere l'avanzata del gruppo di insorti, le forze di sicurezza dello Stato assediate sono diventate sempre più dipendenti da un gran numero di milizie etniche. Il controllo dello Stato nell'est della RDC sembra essere crollato e l'insurrezione M23 sta rapidamente diventando una seria minaccia per la stabilità dell'Africa centrale. Il conflitto può essere fatto risalire alla guerra civile ruandese (1990-1994). Dopo il genocidio ruandese del 1994, in cui gli Hutu radicali uccisero circa 800.000 membri del gruppo etnico minoritario Tutsi, molti estremisti Hutu fuggirono oltre confine nella RDC e iniziarono a organizzare milizie lì. In risposta, le comunità Tutsi crearono gruppi armati di autodifesa per contrastare la crescente minaccia Hutu. E, quando il Rwandan Patriotic Front (RPF) basato sui Tutsi prese il potere più avanti nel 1994, lo stato ruandese si coinvolse sempre di più negli affari interni della RDC. Questo portò a due periodi di conflitto interstatale alla fine degli anni '90. L'RPF, che ancora oggi governa il Ruanda, considera l'M23 come il protettorato dei Tutsi congolesi. Quindi, ha armato e finanziato il gruppo sin dalla sua formazione nel 2012 e, più di recente, ha fornito truppe ruandesi per combattere al fianco dei ribelli».

Il 9 luglio, un team di esperti indipendenti coordinato da Mélanie De Groof ha presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu il “Final report of the Group of Experts on the Democratic Republic of the Congo” che fa un quadro della situazione più che preoccupante: «La situazione umanitaria e di sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo orientale, che è rimasta colpita da un'intensa violenza, ha continuato a deteriorarsi. Le tensioni regionali hanno influenzato negativamente il conflitto e gli scontri nelle tre province orientali. Nella Repubblica Democratica del Congo occidentale, il conflitto a MaiNdombe è continuato a ribollire. Nel Nord Kivu, il gruppo armato sanzionato Allied Democratic Forces (ADF) ha intensificato gli attacchi contro i centri urbani nella Repubblica Democratica del Congo e ha continuato a essere attivo in Uganda. L'ADF ha commesso il numero più alto di uccisioni, principalmente di civili. Il gruppo armato ha creato forti reti nelle prigioni, in particolare a Kinshasa, dove i detenuti dell'ADF erano attivi nel reclutamento e nella mobilitazione di combattenti e collaboratori».

Ma gli esperti Onu accusano anche Kinshasa: «L'utilizzo ufficiale dei gruppi armati Wazalendo da parte del governo della Repubblica Democratica del Congo per combattere il Mouvement du 23 mars (M23) ha portato i gruppi armati nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo a farsi chiamare Wazalendo per legittimare la propria esistenza e le proprie attività criminali».

Poi ‘accusa esplicita al governo di Kigali: «La crisi M23 in rapida escalation ha comportato il rischio di innescare un conflitto regionale più ampio. Sono continuati pesanti combattimenti tra M23, insieme alla Rwanda Defence Force (RDF), e le Forces Armées de la République Démocratique du Congo  (FARDC) insieme alla coalizione Wazalendo di gruppi armati locali, le Forces démocratiques de libération du Rwanda (FDLR) sanzionate e le truppe della Burundi National Defence Force. Le compagnie militari private e le truppe della Southern African Development Community, che sono state schierate nel dicembre 2023, hanno fornito supporto operativo e militare alle FARDC. Gli interventi e le operazioni militari delle RDF nei territori di Rutshuru, Masisi e Nyiragongo si sono estesi oltre il semplice supporto alle operazioni dell'M23, fino a un coinvolgimento diretto e decisivo, consentendo alle RDF e all'M23 di raggiungere il predominio militare nel Petit Nord e una rapida espansione territoriale fino alle rive del lago Edward. L'impiego di tecnologie e attrezzature militari avanzate ha rafforzato le operazioni congiunte M23-RDF, alterando le dinamiche del conflitto, anche con la messa sul campo di tutti gli assetti aerei militari delle FARDC. Un movimento politico-militare di nuova creazione, l'Alliance Fleuve Congo (AFC), non è riuscito a unire la maggior parte degli attori politici e armati contro il governo della Repubblica Democratica del Congo. Il governo ha continuato a usare i gruppi Wazalendo e le FDLR come proxy nella lotta contro M23 e RDF. Le istruzioni del capo di stato maggiore delle FARDC di porre fine alla collaborazione con le FDLR non sono state ascoltate. Sebbene le FDLR siano state sotto pressione, sono rimaste un attore importante nel conflitto. L'impegno della Burundi National Defence Force nelle operazioni contro M23 e RDF ha esacerbato le tensioni tra Rwanda e Burundi».

La deflagrazione di una guerra mai finita ha peggiorato la già terribile crisi umanitaria: a marzo nel Petit Nord c’erano quasi 1,7 milioni di sfollati interni. Un altro mezzo milione di sfollati interni si è riversato nel vicino Kivu meridionale. Goma ha dovuto affrontare una crescente criminalità e disordini civili dovuti principalmente all’aumento di combattenti Wazalendo e di elementi indisciplinati delle FARDC, che godono di una generale impunità per le loro azioni violente. La vicinanza al combattimento e il frequente fuoco di artiglieria nelle aree urbane e vicino ai siti degli sfollati interni hanno causato molte vittime civili.

Gli esperti Onu denunciano anche che milizie ed eserciti «Hanno reclutato e utilizzato bambini nelle ostilità su una scala senza precedenti. M23 e RDF hanno continuato a punire i civili percepiti come collaboratori di gruppi armati nemici, in particolare tra la popolazione Hutu percepita come associata a FDLR o Nyatura, sotto forma di esecuzioni, torture, distruzione di villaggi, saccheggi o detenzioni arbitrarie. I gruppi Wazalendo prosperavano grazie a un'economia di guerra violenta nelle loro aree di influenza, saccheggiando, estorcendo, rapendo e assassinando civili. La maggior parte degli attori armati attivi nel Petit Nord ha beneficiato del disboscamento illegale e/o della tassazione del trasporto di assi di legno nelle aree da loro controllate. Questa fonte di reddito fa parte di maggiori opportunità di generazione di entrate derivanti dalla crisi in corso nel Petit Nord. A Rubaya, la produzione di minerali sotto il controllo della Coalition des patriotes résistants congolais-Force de frappe (PARECO-FF) e il commercio di minerali sotto il controllo di PARECO-FF, Wazalendo e M23 sono continuati senza sosta, rendendo i minerali non idonei al commercio. Esisteva anche un serio rischio di contaminazione della catena di fornitura. Nell’Ituri, i due principali gruppi armati, Zaïre e Coopérative pour le développement du Congo/Union des révolutionnaires pour la défense du peuple congolais (CODECO/URDPC), hanno ripreso i loro scontri armati e la loro rivalità, anche per i redditizi siti di estrazione dell'oro. La promessa di breve durata dello Zaïre di impegnarsi nel processo di pace si è rivelata falsa, come dimostrato dal gruppo che ha rafforzato la sua mobilitazione e lanciato offensive. La CODECO/URDPC si è scontrata frequentemente anche con le FARDC, ha preso di mira i peacekeeper della United Nations Organization Stabilization Mission in the Democratic Republic of the Congo e ha condotto attacchi indiscriminati e mortali contro i civili, tra cui rapimenti ed esecuzioni. Elementi delle FARDC e della Guardia Repubblicana sono coinvolti in attività di estrazione dell'oro. Le risorse finanziarie e i soldati delle FARDC sono stati dirottati dalla lotta contro i gruppi armati alla protezione degli interessi privati ​​nel settore minerario».

Gli esperti Onu confermano quanto ora denunciato dal viceministro Mbemba: «Nel Sud Kivu, la crisi legata all'M23 ha continuato ad avere un impatto sulle dinamiche dei gruppi armati. Le tensioni esacerbate tra Burundi e Rwanda hanno portato entrambi i Paesi a riprendere i contatti e la collaborazione con i gruppi armati stranieri con sede nel Sud Kivu. Il Rwanda ha in particolare rinnovato il sostegno alla Résistance pour un État de droit au Burundi (RED Tabara), e il Burundi ha ripreso la collaborazione con il Conseil national pour le renouveau et la démocratie-Forces de libération nationale (CNRDFLN). I legami tra gruppi armati locali, M23, AFC e Rwuanda hanno creato ulteriori tensioni tra i gruppi armati nel Sud Kivu. La Banyamulenge mutual society "Shikama" a Uvira ha finanziato Twirwaneho negli Hauts Plateaux del territorio di Fizi. I leader dei gruppi armati nel Sud Kivu, tra cui l'individuo sanzionato William Yakutumba, si sono arricchiti personalmente imponendo tasse illegali ai minatori e alla loro produzione. Nel settore minerario, lo sviluppo del fenomeno Wazalendo ha posto gravi minacce all'attuazione della due diligence. Gli attori economici si sono affidati ai gruppi armati per la loro sicurezza. Le esportazioni di Primera Gold sono diminuite drasticamente da quando il Gruppo di esperti ha pubblicato il suo rapporto di medio termine. Primera Gold è stata indebolita dalle divergenze con i suoi partner negli Emirati Arabi Uniti. La società è diventata meno competitiva rispetto ai prezzi offerti in alcuni altri Paesi della regione. Di conseguenza, l'oro ha continuato a essere contrabbandato, in particolare in Rwanda e Uganda.

Se The Conversation, Pankhurst  fa notare che  «Oltre a peggiorare la crisi umanitaria, l'insurrezione ha il potenziale di sconvolgere l'economia globale. La RDC è un fornitore cruciale di risorse naturali per l'economia mondiale. Circa il 70% del cobalto mondiale, essenziale per la produzione di batterie, leghe e magneti, viene estratto nella RDC . E il paese è anche ricco di litio, una risorsa essenziale per slimentare le economie industrializzate dai combustibili fossili. Il Nord Kivu è un ingranaggio particolarmente importante nel commercio internazionale di queste risorse, fornendo circa la metà delle esportazioni minerarie della RDC. Ma la violenza sta sconvolgendo l'industria mineraria. Ad esempio, le esportazioni del Nord Kivu sono diminuite del 59% nel 2022, dopo che il gruppo M23 ha bloccato rotte commerciali chiave e scontri armati hanno interrotto l'attività economica locale. Oltre 100 gruppi armati stanno lottando per il controllo sia del territorio nel Nord Kivu che di queste risorse.

A luglio, il governo Usa ha dichiarato che  che il conflitto non sta solo interrompendo la cetena di rifornimento internazionale dei minerali dalla RDC ma che 'espansione del controllo dei gruppi armati nelle aree ricche di minerali significa che le milizie stanno traendo profitto finanziario dall'estrazione e dalla fornitura di questi minerali. Questi profitti vengono poi utilizzati per potenziare le capacità dei gruppi armati, innescando un circolo vizioso che potrebbe aggravare ulteriormente la crisi umanitaria.

Secondo Pankhurst la guerra per le risorse del Congo si sta trasformando in una guerra regionale: «Le tensioni tra la RDC e il vicino Rwanda sono alle stelle. A febbraio, il ministro degli esteri congolese, Christophe Lutundula, ha chiesto sanzioni internazionali contro il Rwanda per il suo coinvolgimento nell'insurrezione M23. Diversi mesi dopo, a giugno, il presidente ruandese Paul Kagame ha dichiarato che il suo paese era "pronto" a entrare in guerra dopo che il governo della RDC aveva avanzato accuse secondo cui il Rwanda stava organizzando atti di genocidio nel Nord Kivu. Gli esperti delle Nazioni Unite stimano che tra 3.000 e 4.000 soldati ruandesi stiano già combattendo nella RDC a fianco dei ribelli dell'M23. Data la natura tribale e i confini porosi degli stati dell'Africa centrale, è probabile che una guerra più ampia coinvolga un numero ancora maggiore di forze statali, delegati, mercenari e milizie. L'Onu ha ora sospeso il ritiro delle sue forze di peacekeeping dalla regione, senza una tempistica stabilita per la fase successiva. E il ritmo dell'escalation violenta porterà probabilmente a richieste di ulteriori interventi per garantire la pace, la stabilità e stabilire processi di risoluzione dei conflitti tra le parti in guerra.Tuttavia, dato il numero e la diversità dei gruppi armati che operano nella parte orientale della RDC, è improbabile che questo conflitto possa essere risolto in tempi brevi».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.