In India aumentano le tigri e convivono con una popolazione umana in crescita
Secondo lo studio “Tiger recovery amid people and poverty”, pubblicato su Science da un team di ricercatori di Wildlife Institute of India, National Tiger Conservation Authority e Center for Ecological Dynamics in a Novel Biosphere (Econovo) dell’Aarhus Universitet danese, in India, le tigri non sono solo sopravvissute, ma stanno ritornando: «La popolazione di tigri selvatiche in India sta aumentando nonostante la pressione sull'habitat. Questo successo deriva dal ripristino ecologico, dalle iniziative economiche, dalla stabilità politica e dal rispetto culturale per le tigri, favorendo la coesistenza tra umani e predatori».
Secondo il nuovo studio, in India vivono allo stato selvatico circa 3.700 tigri, il 75% della popolazione mondiale di questi grandi felini, il che dimostra che anche nel Paese più popoloso del mondo è possibile proteggere i grandi carnivori. Infatti, nonostante la popolazione umana in crescita e la pressione crescente sugli habitat, il numero di tigri selvatiche è in aumento. All’Aarhus Universitet spiegano che il motivo è «Una combinazione di ripristino ecologico, iniziative economiche e stabilità politica. E altrettanto importante: una profonda venerazione per le tigri che ha favorito una cultura in cui umani e predatori possono coesistere».
Nonostante associazioni come Survival International denuncino da tempo le vessazioni alle quali sono sottoposti alcuni popoli tribali scacciati dalle riserve delle tigri, i ricercatori sono convinti che l’esperienza indiana dimostri che una specie in via di estinzione può essere protetta anche quando è, come le tigri, un predatore che rappresenta anche una minaccia per gli esseri umani: «L'India ha trovato un modo unendo riserve protette con aree in cui tigri e persone condividono lo spazio. Il risultato? Un aumento del 30% della popolazione di tigri negli ultimi due decenni. La strategia di conservazione delle tigri dell'India combina due approcci: alcune aree sono riserve rigorosamente protette, mentre altre sono territori multiuso in cui tigri e persone condividono lo spazio. E questo non è solo a beneficio delle tigri».
Uno degli autori dello studio, Ninad Mungi del Wildlife Institute of India e dell'Econovo - università di Aarhus, sottolinea che «Il vantaggio di combinare questi due metodi è che le riserve fungono da fonte di tigri per le aree circostanti. E se la coesistenza non funziona più, le riserve forniscono un'opzione di ripiego, assicurando che le tigri non siano a rischio di estinzione».
Attualmente, nel 45% dei territori indiani occupati dalle tigri vivono circa 60 milioni di persone e i ricercatori fanno notare che «Non è solo la densità della popolazione umana a determinare se le tigri possono prosperare: sono lo stile di vita delle persone, le condizioni economiche e gli atteggiamenti culturali a determinare la loro disponibilità a condividere lo spazio con i grandi carnivori. Nelle regioni relativamente prospere, dove l'ecoturismo e i programmi di compensazione governativi generano reddito, la tolleranza verso le tigri è molto più elevata. In effetti, per alcuni allevatori indiani, perdere il bestiame a causa di una tigre non significa necessariamente un disastro. Gli allevatori che tengono il loro bestiame in stalle e recinti vengono raramente colpiti dalle tigri. Tuttavia, quando il bestiame viene liberato per pascolare in aree abitate dalle tigri, e se una tigre lo mangia, l'allevatore riceve un risarcimento finanziario dal governo, trasformando una perdita in un guadagno».
Lo studio dimostra che le popolazioni di tigri stanno crescendo più rapidamente nelle aree che: sono vicinr alle tiger reserves; hanno prede abbondanti e habitat adatti; hanno una densità di popolazione umana relativamente bassa; godono di una moderata prosperità economica.
Invece, il numero di tigri resta basso nelle aree rurali caratterizzate da estrema povertà, dove molte persone dipendono dalle foreste per il cibo, la legna da ardere e altre risorse. Mungi ricorda che «In passato, la ricerca di cibo nella foresta era sostenibile. Ma ora, con più persone e meno spazio per le tigri, i conflitti stanno aumentando».
Poi c’è il conflitto armato tra gli adivasi (popolo tribali) che aderiscono al Partito Comunista d’India (maoista) e l’esercito e le milizie induiste: Mungi evidenzia che «Il nostro studio dimostra che quasi la metà delle aree in cui le tigri sono scomparse si trovano in distretti colpiti dal conflitto Naxal. Quando la governance efficace è indebolita dal conflitto, aumenta il rischio di bracconaggio e distruzione dell'habitat, ponendo una sfida importante per la conservazione delle tigri».
Anche se l'idea di avere delle tigri nelle vicinanze possa sembrare allarmante, gli attacchi agli esseri umani sono rari. In India ogni anno vengono uccise dalle tigri circa 100 persone e Mungi tiene a dire che «Se dovesse succedere il peggio, c'è una rete di sicurezza. Se una persona viene uccisa da una tigre, la sua famiglia riceve un risarcimento finanziario dal governo. Quando una tigre sviluppa l'abitudine di attaccare gli esseri umani, i responsabili la catturano e la trasferiscono in una riserva o in uno zoo».
I ricercatori sono convinti che il mondo, Italia compresa, potrebbe imparare dall'India: «Il modello indiano potrebbe fornire spunti preziosi ben oltre i suoi confini. In Europa, molti Paesi stanno lottando contro i lupi che attaccano il bestiame e l'esperienza indiana potrebbe ispirare nuovi approcci che proteggano sia la fauna selvatica che i mezzi di sostentamento degli agricoltori».
Mungi conclude: «India ed Europa condividono alcune somiglianze per quanto riguarda la conservazione dei grandi carnivori. Sia in India che in Europa, le aree protette sono piccole, solo 200 - 300 km2, e solo una piccola frazione è rigorosamente off-limits per gli esseri umani. Il dibattito in Europa e Nord America è stato se concentrarsi esclusivamente sulle aree protette riservate alla fauna selvatica. E’ fondamentale avere aree così inviolate, dove i grandi carnivori sono isolati da qualsiasi controllo umano. Ma si può ottenere un progresso significativo facendo un ulteriore passo avanti e promuovendo una cultura di coesistenza al di là delle aree protette. L'India offre un'alternativa integrando territorii condivisi. Naturalmente, ci sono sfide culturali, ma la cultura può cambiare nel tempo. L'esperienza dell'India dimostra che i grandi predatori possono sopravvivere in un mondo moderno, se siamo disposti a pensare in modo creativo e a trovare un equilibrio tra protezione e coesistenza».