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Dopo anni di assenza, sull’isola di Pianosa tornano a volare i barbagianni

La reintroduzione del rapace grazie a un progetto triennale di Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano e Lipu. Sammuri, Pnat: «Passo significativo nel nostro impegno per la conservazione della biodiversità»
 |  Natura e biodiversità

Grazie ad un progetto triennale di Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano e Lipu, tempo fa una coppia di barbagianni ha deposto le prime uova sull’isola di Pianosa, in provincia di Livorno. E dopo che a luglio si sono schiuse, si può dire ormai con tranquillità che «il fantasma di Pianosa è tornato». 

Il meraviglioso rapace notturno, nell’immaginario tradizionale è infatti stato spesso definito un fantasma, per il piumaggio bianco e la voce spettrale. Ma a far paura, in questi anni, non era l’animale, quanto piuttosto la sua definitiva estinzione in queste terre. 

Erano diversi anni che la presenza di barbagianni era gradualmente diminuita, fino alla scomparsa totale. Ma ora la svolta. Cinque uova di quello che in linguaggio specialistico viene chiamato Tyto Alba si sono schiuse nei primi giorni di luglio sull’isola di Pianosa, nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Nel corso della primavera infatti, una coppia reintrodotta sull’isola si è stabilita in uno dei nidi artificiali collocati dal Cruma, nell’ambito di un progetto finanziato dal Pnat. La femmina ha deposto le cinque uova che si sono tutte schiuse. 

Un risultato importante per un intervento - quello di reintroduzione a Pianosa del barbagianni - cominciato nel 2023 e che vede insieme Lipu Cruma Livorno e Parco Nazionale Arcipelago Toscano, con il supporto di Ispra. 

Dal 2021, a seguito degli interventi per l’eradicazione del ratto nero dall’isola, la presenza del Barbagianni si è ridotta fino a scomparire. Era un “effetto collaterale”, negativo, ma previsto in sede progettuale per un’azione indispensabile alla tutela della biodiversità dell’isola. Il ratto nero infatti, specie introdotta involontariamente dall’uomo, aveva un effetto devastante su numerose specie animali e vegetali, in particolare su un uccello pelagico molto importante: la berta maggiore. La presenza del ratto negli anni aveva determinato forti squilibri sia nella fauna che nella flora dell’ex isola carceraria, ma costituiva la fonte di cibo principale per il Barbagianni. Quando questa è venuta a mancare, il rapace notturno è scomparso.

L’eradicazione del ratto ha dunque eliminato una preda importante nella dieta del Barbagianni, ma ha migliorato le condizioni ambientali complessive e determinato l’incremento di altri micromammiferi, altrettanto importanti per la sua alimentazione. Non essendo mai venute meno le condizioni per la presenza della specie, ed anzi, essendo potenzialmente anche migliori, nel 2023 sono stati reintrodotti i primi quattro esemplari provenienti dal Centro recupero animali selvatici di Bernezzo (Cn). Dopo il rilascio graduale e un periodo di monitoraggio però, nessuno di loro si è stabilito in modo permanente sull’isola. Quest’anno quindi si è portato avanti un nuovo tentativo. Sono stati individuati i siti migliori in cui collocare ulteriori nidi artificiali, che sono risultate alcune stanze di edifici abbandonati. Il Barbagianni infatti ama nidificare in edifici diroccati o ruderi, meglio se in aree aperte, con possibilità di caccia e accesso diretto in volo. 

La fase seguente è stata l’effettivo rilascio di 4 individui, 2 maschi e 2 femmine, divisi in coppie sono stati rilasciati in prossimità dei nidi artificiali. Ad uno dei maschi dei quali è stato applicato un dispositivo GPS, appositamente pensato per i rapaci notturni ed in fase sperimentale, per tracciarne gli spostamenti, seppur con una durata limitata, non affidandosi solamente ai punti di ascolto notturni. Si tratta di uno strumento particolare, che ha permesso di individuare le aree di caccia, le abitudini notturne e la cassetta nido frequentata. Il soggetto maschio della coppia purtroppo è stato trovato deceduto qualche settimana dopo, le cause sono riconducibili ad un evento naturale, ma un altro esemplare maschio l’ha rimpiazzato, e la coppia nuovamente formata è quella che si è riprodotta.

La schiusa delle uova è un primo risultato importante. Mostra infatti che, come era prevedibile, la presenza attuale di micromammiferi sull’isola è tale da garantire condizioni ottimali per la presenza del Barbagianni la sopravvivenza di una coppia, che quindi sceglie di farvi il nido. Ma anche che si sta ristabilendo una biodiversità complessivamente più ricca. 

Dei 5 pulli 3 si sono regolarmente involati dopo essere stati inanellati a cura dei tecnici Ispra e del Cruma. Il progetto andrà avanti ancora un anno, dopo di che verranno valutati sia i risultati che i dati raccolti, per capire se e come intervenire, oltre al normale monitoraggio.

«La schiusa di cinque uova di Barbagianni (Tyto Alba) sull'isola di Pianosa», commenta Giampiero Sammuri, Presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago toscano, «è un risultato che segna un passo significativo nel nostro impegno per la conservazione della biodiversità. Questo progetto di reintroduzione, realizzato in collaborazione con Lipu, Cruma Livorno e Ispra, dimostra come la sinergia tra enti e le azioni mirate possano portare a risultati positivi». 

«La scomparsa del Barbagianni dall'isola - ha aggiunto - a causa dell'eradicazione del ratto nero, sebbene fosse un effetto collaterale previsto, quanto spiacevole, ha aperto la strada a un ambiente più equilibrato e sostenibile. La schiusa di queste uova attesta non solo il ripristino del nostro ecosistema, ma anche un futuro promettente per questa specie, che ha trovato un habitat idoneo per nidificare e prosperare. Continueremo a monitorare e sostenere questa iniziativa, certi che il nostro impegno contribuirà a una biodiversità sempre più ricca e variegata nel Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano». 

Nicola Maggi, Responsabile del Cruma, aggiunge: «I primi dati forniti da questo importante progetto di reintroduzione sono per noi molto incoraggianti. Confermano, come avvenuto anche in altre occasioni, l’importante azione di conservazione svolta dal Cruma, e in generale dai centri di recupero della fauna selvatica, nei confronti delle specie selvatiche in declino o addirittura minacciate di estinzione. È un grande incoraggiamento a proseguire il nostro operato».

Redazione Greenreport

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