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I governi non mantengono le promesse di un’efficace protezione della biodiversità

Le aree marine protette funzionano solo se vengono istituite per essere efficaci, giuste e durature

Per proteggere davvero le risorse marine e il 30% degli oceani non bisogna fare all’italiana
 |  Natura e biodiversità

La biodiversità oceanica sostiene la vita umana regolando il clima, producendo ossigeno e cibo e fornendo molti altri benefici. Avere molte specie diverse in un’area marina aiuta a scongiurare impatti negativi sull’ecosistema oceanico che possono includere danni alle forniture alimentari umane nonché una perdita di geni e molecole con potenziale importanza nella medicina e nell’industria.

Secondo lo studio “Ocean protection quality is lagging behind quantity: Applying a scientific framework to assess real marine protected area progress against the 30 by 30 target”, pubblicato su Conservation Letters da un team internazionale di ricercatori guidato da Elizabeth Pike del Marine Conservation Institute di Seattle «A causa della lenta implementazione delle strategie di gestione e dell’incapacità di limitare le attività umane di maggior impatto, Le più grandi aree marine protette del mondo non stanno fornendo collettivamente i benefici in termini di biodiversità come potrebbero fare».

Il World Database on Protected Areas del World Conservation Monitoring Centre dell’United Nations environment programme elenca più di 18.000 aree marine protette (AMP) che coprono 30 milioni di chilometri quadrati, il 7,3% dell’oceano globale. Le 100 AMP più grandi si estendono su circa 26,3 milioni di Km2. I ricercatori hanno analizzato proprio le 100 AMP più grandi che da sole rappresentano quasi il 90% delle aree oceaniche protette della Terra e hanno valutato gli indicatori chiave per il successo della biodiversità sulla base dei criteri stabiliti da “The MPA Guide: A framework to achieve global goals for the ocean”, pubblicata su Science nel 2021.

Una delle autrici del nuovo studio, Kirsten Grorud-Colvert del Department of Integrative Biology dell’Oregon State University – Corvallis (OSU), è stata anche l’autrice principale della MPA Guide e sottolinea che «Ora più che mai abbiamo bisogno di aree sane e ricche di biodiversità nell’oceano, a beneficio delle persone e che aiutino a mitigare le minacce agli ecosistemi oceanici. Le aree marine protette possono raggiungere questo obiettivo solo se sono istituite per essere efficaci, giuste e durature. La nostra valutazione mostra come alcune delle più grandi aree protette del mondo possano essere rafforzate per ottenere benefici duraturi». 

Dato che l’Unione europea e il mondo mirano a proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030 – un obiettivo fissato da un accordo internazionale delle Nazioni Unite – la Grorud-Colvert evidenzia che «Lo studio ricorda che il raggiungimento di tale obiettivo richiede sia una maggiore quantità che una migliore qualità delle aree marine protette. I risultati del rapporto sollevano anche interrogativi sull’efficacia degli attuali sforzi di conservazione nel raggiungimento degli obiettivi dichiarati di protezione marina».

La Pike fa notare che « I risultati attesi dalle aree marine protette sono strettamente legati alla progettazione e alla gestione delle AMP. Le AMP possono offrire benefici significativi alle persone, alla natura e al pianeta, ma sfortunatamente in molti casi vediamo enormi gap tra la quantità di oceano coperto dalle AMP e la forza di tali protezioni. La qualità, non solo la quantità, dovrebbe indicare progressi verso il raggiungimento dell’obiettivo di proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030».

La MPA Guide collega i risultati della conservazione alle prove scientifiche, fornendo un quadro per classificare le AMP e stabilire se sono state davvero istituite per contribuire con successo alla salvaguardia del mare. Gli scienziati confermano che «Le AMP hanno dimostrato di poter essere strumenti efficaci per la conservazione degli oceani se istituite e gestite correttamente, ma il rapporto odierno evidenzia ampie variazioni nella progettazione, negli obiettivi, nelle normative e nella gestione».

Secondo l’analisi, in un terzo delle area dove sono state istituite AMP sonpo consentite attività industriali dannose come l’esplorazione di petrolio e gas, la pesca industriale e l’acquacoltura tradizionale e in un altro quarto dell’AMP (6,7 milioni di chilometri quadrati) è stato istituito ma non è stato ancora realizzato con forme di protezione concrete. Al Marine Conservation Institute dicono che «Senza normative o gestione, queste aree non sono diverse dalle acque circostanti e non possono offrire benefici in termini di conservazione. Includere queste aree nell’attuale conteggio della protezione marina si traduce in una comprensione errata degli impatti umani sull’oceano e sul progresso della conservazione marina».

Ed è proprio il rischio che si corre in Italia con l’intenzione dichiarata a mezza voce dal poco convinto governo di destra di raggiungere il 30% di mare protetto con salvaguardie di carta e con fantasiose protezioni che di fatto proteggono poco o nulla.

La Sullivan-Stack fa presente che «Quando le persone sentono dire che un’area oceanica è un’area marina protetta, si aspettano un’area oceanica sana con un’abbondante vita marina che sostenga le comunità locali a lungo termine. Non è sempre così. In questo caso abbiamo utilizzato un metodo di valutazione standardizzato per fornire una comprensione basata sull’evidenza della nostra reale posizione riguardo alla protezione degli oceani nelle AMP, e abbiamo dimostrato che gran parte dell’area marina protetta globale non è effettivamente istituita o funzionante per raggiungere questi obiettivi». 

E i ricercatori avvertono che «Le grandi AMP si trovano in modo sproporzionato in aree remote, lasciando non protetti habitat e specie importanti in aree meno remote».

Per la Grorud-Colvert «La conservazione efficace della biodiversità oceanica e dei suoi benefici per il benessere umano, derivanti dalle conseguenze delle attività distruttive, può essere raggiunta solo con una chiara comprensione del progresso globale. Questa valutazione identifica le sfide ma indica anche un percorso chiaro e basato sull’evidenza per ottenere una protezione effettiva ed efficace e per fornire un sostegno giusto e duraturo per un oceano sano e resiliente». 

Dona Bertarelli, filantropa e Patron of Nature per l’International Union for Conservation of Nature ha commentato: «Far crescere la comprensione, il sostegno e lo slancio verso obiettivi globali basati sul 30 x 30 è cruciale per spostare il quadrante sulla conservazione degli oceani. Ma le AMP forniscono progressi significativi solo quando efficaci. Le AMP ben progettate, gestite e attuate possono offrire enormi benefici sia alle persone che alla natura. Ora è il momento di un’azione collettiva, prima che sia troppo tardi per il nostro oceano e il nostro pianeta».

Il presidente del Marine Conservation Institute, Lance Morgan, conclude: «Con 6 anni che ci restano per raggiungere l’obiettivo del 2030, questo rapporto ci mostra chiaramente l’urgenza con cui dobbiamo designare e implementare aree di conservazione efficaci che rispettino l’impegno del Global Biodiversity Framework».

Redazione Greenreport

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