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Il moscardino inaspettato del Parco Nord di Milano

La scoperta fatta da Olivia Dondina ricercatrice del National Biodiversity Future Center (NBFC)
 |  Natura e biodiversità

«Che cosa ci fa un moscardino nel Parco Nord di Milano?». Se lo sono domandati i ricercatori del Laboratorio di Conservazione della Biodiversità (Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra - Università degli Studi di Milano-Bicocca), guidati da Olivia Dondina, ricercatrice specializzata nella protezione e ripristino della biodiversità nelle aree urbane, del National Biodiversity Future Center (NBFC), il primo centro di ricerca nazionale sulla biodiversità finanziato dal PNRR – Next Generation EU, che ha come obiettivo monitorare e ripristinare la biodiversità su tutto il territorio italiano.

I ricercatori spiegano che «Il Muscardinus avellanarius, al contrario di quello che si può pensare, non è il piccolo calamaro che si mangia in umido, bensì un piccolo roditore arboricolo, simile al ghiro, ma più piccolo, di color arancio-dorato. Costruisce nidi sferici nel sottobosco o nelle cavità degli alberi, utilizzando materiali vegetali come foglie e muschio».

Il moscardino trovato nel Parco Nord di Milano è qualcosa di inaspettato, visto che, come sottolinea la NBCF, «Questa specie di mammifero si trova in tutta la penisola italiana, compresa la Sicilia. Risulta invece rara o addirittura assente nella Pianura Padana, a causa della perdita degli habitat boschivi in cui vive. In particolare, gli habitat preferiti sono boschi di latifoglie e/o siepi e filari caratterizzati da uno strato arbustivo ben sviluppato composto da specie come il nocciolo, il rovo, la rosa canina e il biancospino. Durante la primavera il moscardino si nutre soprattutto di fiori, mentre in estate mangia invertebrati e in autunno bacche e semi. Le nocciole, il suo alimento preferito, rappresentano un indizio importante della sua presenza in una determinata area».

Si tratta quindi di una scoperta molto importante non solo perché si tratta della prima segnalazione della specie, in tempi storici, in un ambiente urbano nel nord Italia, ma perché, come conclude la  Dondina «Dimostra che gli interventi di ripristino ambientali fatti in passato hanno permesso di raggiungere un grado di funzionalità ecosistemica sufficientemente alto da ospitare anche le specie più esigenti. Questo potrà avere enormi effetti positivi per chi vive in città ad esempio il tamponamento dell’inquinamento dell’aria e acustico. Ricreare ecosistemi funzionali nei centri urbani, dunque, è possibile».

Redazione Greenreport

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