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Una ricerca che riguarda anche la longevità umana

L'evoluzione dei mammiferi svelata da rarissimi fossili trovati su un’isola scozzese

Uno studio spiega perché i primi mammiferi vivevano molto più a lungo di quelli moderni
 |  Natura e biodiversità

Studiando i fossili dei primi mammiferi, gli scienziati sperano di svelare i segreti che hanno portato i mammiferi a diventare animali di grande successo, capaci di occupare ogni habitat del pianeta e due fossili incredibilmente rari rinvenuti sull'isola scozzese di Skye stanno riscrivendo la nostra conoscenza dell'evoluzione dei mammiferi.

Il Krusatodon kirtlingtonesis, viveva nel Giurassico, circa 166 milioni di anni fa a Skye, quando l’isola  un paradiso subtropicale con mari caldi e poco profondi e fitte foreste. Allora i primi mammiferi si stavano affermando all'ombra dei dinosauri. Piccoli, primitivi e talvolta piuttosto strani, sono stati i precursori delle migliaia di specie di mammiferi odierne, dai roditori ai felini, dagli esseri umani alle balene.

I piccoli mammiferi che vivono attualmente sulla Terra hanno una durata di vita molto più breve dei Krusatodon kirtlingtonesis: alcuni sopravvivono appena 12 mesi e maturano rapidamente, perdendo i denti da latte e venendo svezzati entro pochi mesi dalla nascita, il nuovo  studio “Jurassic fossil juvenile reveals prolonged life history in early mammals”, pubblicato su Nature da un team internazionale di ricercatori guidato dalla paleobiologa Elsa Panciroli del National Museums Scotland e dell’University of Oxford Museum of Natural History, ha scoperto che, mentre i piccoli mammiferi moderni vivono appena un anno, uno dei primi mammiferi terrestri, che viveva insieme ai dinosauri, poteva vivere 7 anni ed oltre.

Lo studio, pubblicato su Nature , ha coinvolto anche ricercatori American Museum of Natural History, University of Chicago, European Synchrotron Radiation Facility, and Queen Mary University of London. Il nome “Krusatodon" rende omaggio allo zoologo e paleontologo tedesco Georg Krusat e finora sono stati rinvenuti solo pochi fossili del Krusatodon kirtlingtonesis, un mammifero primitivo simile a un toporagno, e tra questi ci sono  due scheletri eccezionalmente completi di un esemplare giovane e di uno adulto, rinvenuti a Skye. I ricercatori hanno utilizzato tecniche di imaging a raggi X ad alta tecnologia per scrutare attraverso la roccia e studiare i modelli di crescita nei denti dei due fossili, un po' come si fa con il conteggio degli anelli degli alberi.

La Panciroli ha detto a BBC News che «Il giovane era in fase di svezzamento, ovvero stava sostituendo i denti, e tuttavia aveva circa due anni, Questo è insolito e ci dice molto su come è avvenuta l'evoluzione dei mammiferi. I fossili di Skye stanno inserendo la Scozia sulla mappa per comprendere l'evoluzione dei mammiferi e questa è solo la punta dell'iceberg in termini di ciò che possono dirci».

Il fossile di Krusatodon scoperto a Skye nel 2016 è l'unico scheletro di mammifero giovane del Giurassico noto alla scienza, mentre l'esemplare adulto, rinvenuto negli anni '70, è uno degli scheletri più intatti al mondo di mammiferi di quel periodo.

L’autore senior dello studio, Stig Walsh, curatore di paleobiologia dei vertebrati al National Museums Scotland, ha sPiegato a BBC News che «Trovare due scheletri fossili così rari della stessa specie in diverse fasi di crescita ha riscritto la nostra comprensione della vita dei primissimi mammiferi».

Come scrive il quotidiano israeliano Haaretz dando conto dello studio, al quale hanno contribuito anche ricercatori dell’American Museum of Natural History, università di Chicago, European Synchrotron Radiation Facility e Queen Mary University of London, «Gli scienziati sono ossessionati dal far vivere più a lungo i topi. Questo perché sperano di trovare un modo per farli vivere più a lungo. Proprio quest'anno, un numero non esiguo di studi ha affermato di aver prolungato la vita nei micromammiferi. C'è quindi un'amara ironia nel rapporto pubblicato su Nature, che suggerisce che i piccoli mammiferi primitivi che vivevano all'ombra dei dinosauri crescevano più lentamente e vivevano molto più a lungo dei loro coetanei odierni».

La Panciroli ricorda in un’email inviata ad Haaretz che «I primi fossili letterali che attribuiamo al gruppo chiamato mammaliaforms provengono dalla fine del Triassico e dal Giurassico inferiore. Ma a causa della natura incompleta del registro fossile, non sapremo mai realmente quale fosse il primo mammifero».

I Krusatodon kirtlingtonesis sono collocati però vicino alla base dell'albero dell’evoluzione dei mammiferi e, come spiega ancora la scienziata «Comprendere la loro anatomia ci dice molto di più che sulla loro specie o sul loro gruppo: ci fornisce anche informazioni sulla storia della vita dei loro parenti più prossimi (quelli vissuti prima e quelli vissuti dopo di loro). I paleontologi tendono a riferirsi ai mammiferi del tardo Triassico/Giurassico come tra i "primi mammiferi" perché si riferiscono a un vasto lasso di tempo durante il quale i mammiferi sono comparsi».

Lo studio “An extraordinary fossil captures the struggle for existence during the Mesozoic”, pubblicato su Scientific Reports nel luglio 2023 da un team di ricercatori cinesi e canadesi  ha scoperto la prova inconfutabile che uno dei primi mammiferi, il Repenomamus robustus  si era cibato del piccolo di un dinosauro Psittacosaurus, quindi mammiferi e dinosauri coesistevano si predavano.

Ma i due incredibili fossili di delle due creature simili ai ratti trrovati nell’isola scozzese raccontano una storia che ci riguarda da vicino- Come spiega ancora la Panciroli, «Sebbene esternamente il Krusatodon sembrasse un toporagno o un topo, internamente era molto diverso. Cresceva più lentamente e viveva molto più a lungo dei piccoli mammiferi odierni».

Alla domanda di Haaretz se i primi mammiferi in generale non fossero tutti simili ai ratti, la scienziata ha risposto che «Esternamente alcuni potrebbero esserlo stati, ma innanzitutto i roditori non si sarebbero evoluti prima di altri 100 milioni di anni. La maggior parte dei primi mammiferi erano di piccole dimensioni, sotto i 100 grammi e se li guardassimo ora probabilmente penseremmo  che a prima vista sembrano toporagni. Ma internamente, la loro anatomia e fisiologia non erano le stesse dei mammiferi odierni. Avevano una postura diversa, e quindi avrebbero potuto muoversi in modo diverso, Sappiamo anche che c'erano anche alcune specie più grandi, più simili alle dimensioni di una lontra, e scalatori, scavatori e nuotatori specializzati. Crediamo che avessero la pelliccia, in base alle prove fossili, ma non sappiamo quali colori o motivi potessero avere. Nel Cretaceo, probabilmente erano almeno diversificati quanto lo sono oggi i piccoli mammiferi».

La maggior parte dei piccoli mammiferi odierni  tende a vivere velocemente e morire giovane, rendendoli  adatti alla ricerca sulla longevità a differenza di una specie che vive per decenni e lo studio “Inhibition of IL-11 signalling extends mammalian healthspan and lifespan” pubblicato recentemente su Nature da un team di scienziati di Sinf gapore, Regno Unito e Germania ha rivelato che «Un farmaco antinfiammatorio ha prolungato la durata della vita dei topi del 20%».  A maggio, lo studio “Restoration of energy homeostasis by SIRT6 extends healthy lifespan” pubblicato su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato dall’università israeliana di Bar-Ilan  ha rivelato di aver di aver prolungato la vita dei topi del 23 percento somministrando loro una proteina chiamata SIRT6 che diminuisce con l'età. A gennaio, un'azienda biotech ha affermato in un documento di preprint server di poter ripristinare l'orologio cellulare nei topi anziani, prolungando la loro vita del 109% e invertendo i cambiamenti legati all'età.

Se è vero che solitamente i piccoli animali oggi si sviluppano e muoiono a velocità supersonica, ci sono delle eccezioni, come il ratto talpa nudo che infatti è uno degli animali più studiati per capire i segreti della longevità.

Tornando alla longeva vita del Krusatodon rispetto agli attuali piccoli mammiferi. la Panciroli conclude: «Studi recenti hanno già dimostrato che i primi mammiferi del tardo Triassico e del primo Giurassico vivevano molto più a lungo dei mammiferi di dimensioni simili di oggi, fino a 14 anni. Se si confronta questo con i toporagni odierni di massa corporea simile, alcuni dei quali vivono fino a poco più di un anno, questa è una differenza enorme nella durata della vita. Sappiamo anche che continuavano a crescere da adulti, perché abbiamo informazioni provenienti da mascelle e denti che lo dimostravano. Quello che non sapevamo era se crescevano rapidamente da giovani, poi rallentavano la loro crescita da adulti, o se crescevano in modo completamente diverso. Un modo per saperlo è trovare i fossili di giovani di questo periodo di tempo, e sono eccezionalmente rari, soprattutto gli scheletri. Quindi, sebbene questo studio includa solo due esemplari, fornisce una visione davvero preziosa».

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Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.