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Caccia e stop Ue alla cattura di richiami vivi: «Italia metta fine a questa prassi illecita»

 |  Natura e biodiversità

Legambiente ha chiesto a Michele Bordo (PD), presidente della XIV commissione Politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati, di pronunciarsi per lo stop alla cattura dei richiami vivi «Per chiudere un illecito che in Italia dura da trent'anni». Bordo è infatti il relatore del disegno di legge "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013 bis" (A.C.1864) che dovrebbe porre rimedio all'ennesima procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea contro l'Italia.

Gli ambientalisti ricordano che «Sono oltre trent'anni che in Europa è vietato l'utilizzo di reti per la cattura degli uccelli ma, a dispetto di ciò, sono state autorizzate in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche e nella provincia autonoma di Trento, portando alla cattura di centinaia di migliaia di animali».

Per questo la Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione su cattura uccelli a scopo richiami vivi (2014/2006)  contro l’Italia, trasmettendogli la costituzione in mora e chiedendogli esplicitamente di vietare la cattura di uccelli in natura, illustrando l'esistenza di diverse alternative a questa attività.

la LAC - Lega Abolizione Caccia spiega che «Le Regioni Veneto, Lombardia e Toscana hanno consentito, mediante l'uso delle reti, la cattura di sette specie tutelate dall'allegato II della Direttiva "Uccelli"; la presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto alle amministrazioni regionali interessate di fornire entro il 14 aprile le proprie osservazioni, perché siano inoltrate successivamente alla Commissione UE secondo i normali canali diplomatici».

In una nota di 17 pagine, il Commissario Ue all'ambiente Janez Potocnik riassume tutti i provvedimenti adottati sia con delibera che con legge regionale, dal 1994 ad oggi, per autorizzare impianti di cattura che fanno uso di reti, per approvvigionare di richiami vivi i cacciatori, con  la cessione di tordi, merli, cesene, allodole, pavoncelle, colombacci.

Secondo la Commissione UE non sono stati presi in considerazione metodi alternativi (allevamento), mentre lo strumento delle reti non è considerato selettivo ed arreca grave disturbo ad altre specie, anche protette. Inoltre allodola e pavoncella sono due specie che in Italia hanno uno stato di conservazione "non favorevole". Le deroghe adottate sono ritenute non conformi perché eludono la prescrizioni comunitarie della “piccola quantità", e talvolta non rispettando la prescrizione delle "condizioni rigidamente controllate" per queste deroghe, a causa della scarsità dei controlli pubblici.

Antonino Morabito, responsabile fauna e benessere animale per Legambiente, ricorda che «Entro fine aprile il governo dovrà fornire alla Commissione europea risposte puntuali, per questo la legge europea 2013 bis, attualmente in discussione alla Camera dei deputati, è lo strumento migliore per risolvere, in linea con le indicazioni della Commissione, questa ennesima procedura d'infrazione».

La Lac, aveva già commentato così l’intera vicenda: «E’ giunto il momento di mettere la pietra tombale sull'intera barbarie della cattura e del successivo impiego come richiami vivi in piccole gabbie, delle decine di migliaia di uccelli selvatici utilizzati nella caccia da appostamento ai migratori».

Redazione Greenreport

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