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La via maestra dell’Italia capace di futuro. Anche Wwf e Legambiente a Napoli il 25 maggio

Per tutelare ambiente e Costituzione. Contro l’autonomia differenziata e il Ponte sullo Stretto
 |  Green economy

A sette mesi dalla grande manifestazione nazionale di Roma del 7 ottobre 2023,  Wwf e Legambiente saranno di nuovo in piazza sabato 25 maggio a Napoli per  partecipare a una  nuova manifestazione indetta dalla Via Maestra – Insieme per la Costituzione, rete alla quale aderiscono ormai 160 organizzazioni e associazioni. Il corteo partirà alle ore 13,30 da Piazza Mancini, davanti la stazione centrale, con arrivo a Piazza Dante.

Sono molteplici le ragioni che spingono il Wwf Italia a confermare la sua adesione:  «Innanzitutto, la preoccupazione sui ritardi che il nostro Paese sta accumulando sulla transizione energetica ed ecologica. Rinviando le scelte che possono concretizzare l’abbandono delle fonti fossili o il passaggio dall’agricoltura industriale all’agroecologia, si rischia di non cogliere i benefici della transizione e di non affrontarne i problemi. Questo nonostante l’Italia potrebbe essere tra i Paesi più colpiti dagli effetti della crisi climatica. I ritardi accumulati espongono tutti, a partire dalle fasce più deboli della popolazione, non solo agli effetti dannosi del cambiamento climatico, ma anche all’irrilevanza economica e al disastro sociale. La transizione, per essere efficace e giusta, deve essere accelerata e governata, il nostro Paese sta facendo esattamente il contrario, ma saremmo ancora in tempo per correggere la rotta prima di accumulare ritardi incolmabili».

Il Panda italian o è anche preoccupato per l’autonomia differenziata perché «Rischia di far implodere l’ambiente, prima ancora che il Paese. Il disegno di legge, approvato dal Senato e oggi all’esame della Camera, rischia di minare l’unità dell’Italia e la coesione sociale, ignorando peraltro la modifica, voluta a larghissima maggioranza dal Parlamento nel febbraio 2022, degli articoli 9 e 41 della nostra Carta costituzionale. Il pericolo non è solo la frammentazione del sistema di tutela ambientale dell’Italia, ma la sua stessa implosione. Dopo la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, lo Stato non può essere espropriato dalla propria funzione, costituzionalmente prevista, di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche per le future generazioni. La tutela di questi beni, oggi ricompresa tra i principi costituzionali fondamentali, deve essere comunque garantita dalla Repubblica nel suo insieme, al di là degli enti territoriali da cui è costituita. Il nuovo articolo 41 della Costituzione, poi, nell’indicare che l’attività economica, pubblica o privata, deve svolgersi, non solo a fini sociali, ma anche ambientali, circoscrive sensibilmente gli spazi dell’eventuale attivazione dell’autonomia regionale differenziata. Senza considerare la difficoltà di individuare per ambiente, biodiversità ed ecosistemi quei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) che la Costituzione chiede che siano comunque garantiti da tutte le Regioni: posto che sull’ambiente e sugli ecosistemi, è estremamente difficile per il legislatore individuare indicatori minimi dei sistemi naturali aperti, frammentandoli regione per regione».

Poi ci sono quelle che il Wwf definisce le grandi opere all’italiana: «Non ci devono essere opere pubbliche di cui non sia stata mai dimostrata l’utilità economica, sociale e ambientale e che non siano sostenute da un piano economico-finanziario che ne dimostri la redditività. Non è possibile continuare a saccheggiare le casse dello Stato, sottraendo risorse ad opere necessarie per pagare studi e progetti per opere irrealizzabili ad iniziare dal Ponte sullo Stretto di Messina».

Annunciando l’adesione del Cigno Verde, il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani ha detto che «Condividiamo con la Cgil e le tante altre organizzazioni della società civile l’impegno costante nel difendere, applicare e praticare i principi fondamentali della nostra Carta: pace, ambiente, lavoro, uguaglianza, democrazia, salute, istruzione. Torniamo in piazza alla vigilia di cruciali elezioni per il futuro dell’Europa, per rappresentare e far pesare nella campagna elettorale italiana la voce della società civile che chiede di lavorare con più efficacia per la pace, per combattere la crisi climatica, per accelerare la transizione ecologica ed energetica. Torniamo in piazza per un nuovo Green Deal europeo, perché la risposta alle crisi del nostro tempo non è il suo smantellamento, attraverso un’ingiustificata deregulation ambientale, economica e sociale, come chiedono le componenti più retrive del mondo industriale e agricolo. Non serve rallentare un processo che è irreversibile, strumentalizzando il disagio dovuto a difficoltà economiche, povertà e disuguaglianze crescenti che affliggono sempre più i cittadini».

Ciafani ricorda che «Accelerare la transizione climatica costa meno che rallentarla. Va però governata, e non strumentalizzata, con particolare attenzione agli aspetti sociali, per non lasciare indietro nessuno, a partire da lavoratori, cittadini, territori più fragili».

E anche Legambiente torna in piazza contro la cattiva riforma sull’autonomia differenziata, arrivata all’ultimo miglio in Parlamento, perché «Oltre a far aumentare le disuguaglianze a scapito dei territori più fragili e tra le cittadine e i cittadini, fa male all’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici. La tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni, inserita tra i principi fondamentali della Costituzione, contrasta con l’accesso diseguale ai servizi essenziali e al diritto di usufruire dei beni pubblici. Le risorse naturali non hanno confini amministrativi e il Paese non può permettersi scelte territoriali differenti su politiche energetiche, reti di trasporto, governo del territorio, controlli ambientali, tutela della salute, istruzione».

Infine, Ciafani invita tutte/i a tornare in piazza contro la costruzione del ponte sullo Stretto: «Opera dannosa, inutile e costosa. Costerà alle casse dello Stato 15 miliardi di euro destinati a lievitare: un grande bluff che sottrae preziose risorse alle vere priorità infrastrutturali, in particolare nel Sud d’Italia dove i pochi treni in circolazione hanno un’età media di 18,5 anni e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. In tutto il Paese il trasporto su ferro a servizio dei pendolari è arretrato. La giusta transizione ecologica passa anche dal fornire un efficiente trasporto pubblico a disposizione di tutti».

Redazione Greenreport

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