
Mercati in caduta libera per i dazi di Trump, ma Meloni e Salvini attaccano l’unica via di fuga: il Green deal

La guerra commerciale innescata dai dazi di Donald Trump sta facendo crollare le Borse di tutto il mondo, con quella di Milano che stamani ha perso in avvio ben il 6,4%. In sole tre ore le principali Borse europee hanno “bruciato” 890 miliardi di euro: ovvero molti investitori hanno venduto in massa le proprie azioni temendo un ulteriore peggioramento della situazione economica, trovando compratori (che sperano di poterle rivendere in futuro a valori maggiori) solo a prezzi ribassati, facendo così crollare le capitalizzazioni di Borsa.
Il paradosso è che gli Stati Uniti, per decisione del proprio presidente, si trovano ad affrontare una congiuntura economica ancora peggiore. I dazi commerciali, calcolati senza alcun fondamento economico a supporto – dividendo il deficit commerciale degli Usa per l’import col Paese interessato e dimezzando poi il risultato – rappresentano nuove tasse sui beni importati, che si scaricano sui consumatori statunitensi riducendo il potere d’acquisto e aumentando l’inflazione; gli unici a poterci guadagnare sono i ricchissimi in grado di far razzia oggi di azioni a basso prezzo per poi rivenderle a valore maggiorato in futuro, e lo stesso Trump dando sfoggio di potere politico e personale.
In base all’elaborazione dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) sui dati del Kiel Institute, l’impatto stimato sulla produzione statunitense arriva infatti a -1,7%, mentre si ferma a -0,8% come media mondiale, -0,6% in Cina e -0,2% in Ue come in Italia. Ma è la fiducia nell’ordine internazionale che sta crollando ancora più rapidamente dei valori di Borsa, con lo spettro di una nuova recessione che si fa sempre più concreto.
Il Governo italiano si trova in una posizione particolarmente scomoda, non potendo attaccare frontalmente Trump in quanto facente parte della medesima schiera politica, quella dell’estrema destra. Così sta provando a giocarsi la carta della disinformazione: il capro espiatorio prescelto è ancora una volta quello della transizione ecologica, che nulla c’entra coi dazi trumpiani.
«L’Europa riveda subito e totalmente tutto quello che danneggia le nostre imprese, dal Green deal al patto di stabilità e austerità. Via i mille vincoli e regolamenti che soffocano il mondo del lavoro, dalle auto all’agricoltura», ha dichiarato il leader della Lega, Matteo Salvini, durante il congresso di partito a Firenze.
Dallo stesso palcoscenico è intervenuta anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dichiarando di voler «rivedere le normative ideologiche del Green deal». Peccato che la transizione ecologica sia l’unica chiave concreta di sviluppo sostenibile che abbiamo a disposizione, come mostrano tra gli altri gli esempi empirici della Spagna e della Cina, che in questa fase hanno scelto di sostenere ulteriormente la corsa di energie rinnovabili e auto elettriche.
Oggi i ministri del Commercio dell'Ue oggi si riuniscono in Lussemburgo per cercare una strategia comune, e anche l’Italia è chiamata a fare la propria parte per intavolare una risposta condivisa, perché l’unità è la principale arma che l’Europa ha da poter mettere sul tavolo delle trattative con la controparte statunitense.
Il Verde Robert Habeck, ancora in sella come ministro dell’Economia tedesco in attesa che la Germania formi il nuovo Governo, avverte che l'Ue deve rispondere «con calma, prudenza, ma anche con chiarezza e determinazione. Ciò significa essere chiari sul fatto che siamo in una posizione di forza, mentre l'America è in una posizione di debolezza». E anche l’Italia sarà presto chiamata a scegliere, tra Usa e Ue.
