
Dalla Germania all’Ue, i partiti ecologisti sono riusciti ad ampliare il concetto di difesa europea: ora serve la riforma del Patto di stabilità

Tutti i partiti progressisti e soprattutto ecologisti hanno una lunga tradizione di rifiuto delle guerre come metodo di soluzione dei conflitti; l’opposizione al riarmo è sempre stato un elemento “costitutivo” per molti di loro, soprattutto per i più antichi partiti ecologisti, come i Verdi tedeschi, nati al tempo della battaglia contro il nucleare e gli euromissili. A partire dalla guerra nella ex-Jugoslavia le cose si sono fatte meno nette e la discussione sul dovere di intervenire per ragioni umanitarie o contro aggressioni contrarie al diritto internazionale e nel contesto di una Ue più coesa, si sono fatte meno controverse: è un fatto che per la maggioranza dei partiti ecologisti oggi il tema della difesa europea (che non è solo riarmo ovviamente) non è più un tabù.
Piu di recente, e pur con qualche divisione – in particolare per ciò che riguarda i Verdi italiani – la maggioranza dei Verdi europei ha sempre sostenuto l’appoggio anche militare all’Ucraina; la Ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock si è spesso distinta per un atteggiamento ancora più deciso rispetto allo stesso Cancelliere Scholz su questo tema. Tra le spiegazioni di questa posizione, che personalmente ho sempre condiviso, c’è l’assoluta e totale sfiducia nei confronti di Vladimir Putin, un vero “killer”, come disse una volta Biden, e un criminale sanguinario, anche e soprattutto nei confronti del suo popolo, che dimostra da anni di considerare dissenso e democrazia come una minaccia da combattere fuori e dentro i suoi confini. Non si tratta di una novità: negli anni ormai lontani della guerra in Cecenia, erano i Verdi europei e i radicali a tenere alta l’attenzione e la pressione al Parlamento europeo sui crimini commessi da Putin; e nel corso del suo lungo regime, la politica di “appeasement” con la Russia di Putin è sempre stata molto criticata dai Verdi, anche per ragioni “climatiche”, data la dipendenza acquisita nel tempo della Ue dai combustibili fossili russi.
Allo stesso tempo, la necessità di rendersi autonomi come europei non tanto e non solo per ciò che riguarda la capacità di difendersi, ma dal punto di vista di modello economico, politico e sociale, è sempre stato visto come un elemento centrale per riuscire ad avere un impatto nella lotta ai cambiamenti climatici e per la democrazia a livello globale. Questo è senza dubbio un altro aspetto distintivo dell’approccio di una parte maggioritaria dei partiti verdi rispetto alla sinistra. Ovviamente, non si può certo dire che i Verdi accettino allegramente la prospettiva di un riarmo generalizzato; e il voto positivo di una parte maggioritaria dei Verdi sulla risoluzione sul Piano RearmEu è stata in particolare determinata dal suo contenuto, concentrato sulla costruzione di una difesa europea più che nazionale. Per i Verdi, tra l’altro la battaglia da fare è quella di rivedere nel suo complesso il Patto di stabilità, per impedire che gli investimenti in transizione verde e digitale diventino più costosi e difficili che gli investimenti in armi e siano impossibili per i paesi indebitati come l’Italia. Infatti, come ha dichiarato Bas Eickhout in plenaria del Parlamento europeo, la transizione verde e la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili che costa 400 miliardi all’anno di importazioni, sono parte dello stesso piano d’azione per assicurare la difesa dell’Europa.
Questa stessa logica ha condotto i Verdi tedeschi a spingere fortemente perché la decisione di modificare la Costituzione tedesca sul tabù più tenace, il cosiddetto “zero nero” e cioè l’obbligo di zero deficit pubblico, fosse presa dal Parlamento uscente, che dispone di una maggioranza dei 2/3 necessaria alla riforma, cogliendo al balzo la disponibilità del Cancelliere in pectore Merz di operare un cambio radicale della sua posizione su questa folle regola imposta nel 2009 dall'allora ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, che per molti economisti è una delle ragioni più importanti dello stallo dell’economia tedesca.
La sfida era evitare che questa regola venisse sospesa solo per le spese militari; il fatto che il sostegno dei Verdi fosse indispensabile ha reso possibile raggiungere risultati importanti. Il negoziato si è concentrato sulla necessità di integrare le spese in sicurezza e infrastrutture e sulle modifiche significative alla proposta iniziale avanzata da Cdu/Csu e Spd. Il risultato finale, come ha ben spiegato nel suo articolo Simone Collini, invia un segnale rilevante anche per i partner europei: la Germania è pronta a investire in sicurezza, ma non al costo di rinunciare al proseguimento delle transizioni verde e digitale.
Il punto centrale dell’accordo è l’esenzione dalla regola dello zero deficit per le spese in “sicurezza”, concetto allargato su proposta dei Verdi anche alla protezione civile e alla sicurezza informatica, oltre che ai servizi d’intelligence e all’appoggio agli Stati aggrediti in violazione del diritto internazionale (come appunto l'Ucraina). Si stima che questa decisione comporterà entro poco tempo una spesa di 80-90 miliardi di euro all'anno in Germania, con un maggiore margine per il sostegno all’Ucraina. È stato peraltro anche deciso di sbloccare immediatamente 3 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina, che erano stati sospesi da Scholz. È rimasta fuori invece l’azione di prevenzione dei conflitti, che rimane un obiettivo prioritario per i Verdi.
Si è inoltre deciso di liberare 500 miliardi di euro in 12 anni per ulteriori investimenti, di cui quasi 100 miliardi andranno ai Laender, mentre altri 100 miliardi confluiranno direttamente nel Fondo per il clima e la trasformazione (KTF) per finanziare progetti sul clima, come l'infrastruttura dell'idrogeno e la transizione sul riscaldamento: da notare che le risorse del fondo speciale non potranno essere utilizzate per la spesa corrente, ma dovranno rappresentare investimenti aggiuntivi. Altro successo importante è stato l’accordo per inserire la neutralità climatica nel 2045, presente peraltro anche nel programma elettorale della Cdu, come obbligo costituzionale da collegare direttamente alla definizione delle priorità d’investimento.
Ciò detto, è molto importante chiarire che purtroppo non è stata accordata una riforma globale del freno all'indebitamento nella Costituzione tedesca, ma solo delle eccezioni puntuali: per questo si è deciso di istituire una commissione di esperti che dovrà elaborare proposte per una riforma più globale entro la fine del 2025.
L’accordo sarà sottoposto al voto del Bundestag martedì prossimo per poi essere presentato anche dal Bundesrat. In entrambi i casi, la maggioranza dei due terzi dovrebbe essere assicurata.
È più che evidente che se questo cambio davvero epocale si realizzasse in Germania, sarebbe forse più facile agire su due partite europee sempre più urgenti: la riforma del Patto di stabilità – perché non può essere che i suoi vincoli vengano sospesi solo per comprare armi – e l’aumento del bilancio europeo, perché è altrettanto evidente che non tutti i paesi europei hanno la disponibilità di spesa pubblica della Germania. Purtroppo, finora non c'è una maggioranza a favore di questa riforma né nel Consiglio né nel Parlamento europeo. Sarà da vedere se il nuovo Cancelliere Merz sarà coerente in Europa con le scelte che ha deciso di fare in Germania.
