Il riciclo in Italia avanza, ma ancora mancano politiche industriali a sostegno
Fine anno intenso per il settore rifiuti. A poche settimane dalla pubblicazione de “l’Italia che ricicla”, report annuale di Assombiente, ecco oggi la presentazione de “Il riciclo in Italia”, dossier curato dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile. Per la settimana prossima infine è prevista la pubblicazione del Rapporto Ispra sui rifiuti urbani del 2024, con dati 2023.
Il Rapporto della Fondazione di Edo Ronchi conferma i dati positivi già illustrati da Eurostat e da Assoambiente nelle settimane scorse, come pure le lacune. «Per aumentare la circolarità e i tassi di riciclo è fondamentale assicurare stabilità, volumi adeguati di domanda e prezzi remunerativi per le Mps generate dal riciclo – commenta il presidente della Fondazione, Ronchi – Per questo assume rilevanza strategica la nuova proposta annunciata dalla presidente von der Leyen di una nuova legge europea sull’economia circolare, che contribuirà a rafforzare la domanda di mercato per materiali secondari. Ma oltre alle misure europee, servirebbero anche iniziative nazionali per aumentare la domanda interna di materiali provenienti dal riciclo».
Italia leader assoluta in Europa per tasso complessivo di riciclo, con un robusto 85,6% se si considera l’insieme di rifiuti urbani e speciali prodotti nel 2022. Media frutto di un ottimo dato proveniente del recupero di materia nei rifiuti speciali (72,2%) e di un buon (non eccelso) dato dal mondo dei rifiuti urbani (48,5% nel 2022), che fra qualche giorno sapremo se nel 2023 ha superato la soglia del 50%.
I più attenti noteranno che il dato “overall” non è coerente con quelli dei due grandi settori di produzione e gestione dei rifiuti: il 72,2% dei rifiuti speciali (che sono 5 volte gli urbani) e il 48,5% dei rifiuti urbani, non può produrre una media dell’85,6%. Come si spiega?
Facile: il dato del riciclo totale è calcolato da Eurostat considerando tutti i rifiuti gestiti (urbani e speciali) da ogni Paese europeo, ma togliendo dal calcolo i trattamenti intermedi e gli stoccaggi (altre forme di smaltimento, depositi preliminari e messe in riserva) e considerando quindi solo i flussi finali a riciclo, recupero energetico e discarica. Così il quantitativo si abbassa e le percentuali di riciclo di alzano, perché l’Italia porta poco a discarica e incenerimento nei rifiuti speciali.
Sono metodologie di calcolo diverse rispetto a quelle usate da Ispra per i rifiuti speciali, ma probabilmente il metodo di Eurostat è più corretto.
L’Italia non solo ha una percentuale di recupero di materia elevatissima, ma è la prima nella classifica europea con grande distacco dagli altri Paesi, e non fa ricorso (a differenza di molti) della tecnica di gestione finale dei rifiuti chiamata “backfilling”, ovvero rifiuti vari usati per riempire cave e miniere, di discutibile correttezza.
Ottimo anche il dato complessivo del tasso di circolarità (materiale riciclato su totale flusso di materia usato nelle attività economiche), arrivato nel 2023 a oltre il 20%, contro una media europea dell’11,8%. L’Italia non è la prima in classifica, ma è la prima se confrontata con gli altri grandi Paesi europei: Francia, Germania, Spagna. Anche qui può sorgere un dubbio ai lettori. Come è possibile avere un tasso di circolarità del 20%, se il tasso di riciclo è del 85%?
Anche qui la risposta è semplice: il calcolo del tasso di circolarità considera tutti i materiali usati in un’economia (sia estratti nel Paese, sia importati), quindi anche i combustibili fossili, per natura non riciclabili. Ma soprattutto bisogna considerate con una parte importante del flusso di materia è “immagazzinato” nei beni e prodotti di un Paese (edifici, strade, automobili, infrastrutture) e solo una parte diventa rifiuto e quindi, spesso, riciclo. Insomma se l’Italia riciclasse il 100% dei rifiuti avremmo un tasso di circolarità del 25 % e non potremmo andare oltre. Per avere un dato migliore dovremmo smettere di usare combustibili fossili e realizzare meno beni.
Dentro queste “medie nazionali” si celano molti dati delle singole filiere e dei singoli settori, che il rapporto analizza in dettaglio e offre al lettore molte informazioni utili.
Accanto alla performance super del settore degli imballaggi, con il suo 75,3%, che già raggiunge (esclusa la plastica) i target del 2025 e del 2030 con anni di anticipo, anche altre filiere registrano dati interessanti, come oli, pneumatici, veicoli a fine vita e Raee. Ancora deve invece decollare il riciclo dei rifiuti tessili, ma l’obbligo europeo in effetti scatta dal 2025.