Skip to main content

Il mercato dell’auto in Italia arranca ancora e il car sharing vola

Più di 220.000 iscritti e migliaia di noleggi ogni giorno fanno bene all’ambiente (e al portafogli)
 |  Green economy

Agli italiani il car sharing comincia a piacere davvero. Mentre la vendita delle auto in Europa ha rialzato la testa nei primi 8 mesi dell’anno (sono state vendute 8.636.000 auto, il +5,8% rispetto agli stessi mesi del 2013), in Italia questo trend positivo si fa sentire, ma con meno intensità: le immatricolazioni sono lievitate – segnando comunque un andamento in controtendenza rispetto agli ultimi anni – del 3,5%, quasi il 40% in meno della media europea. A compensare questo andamento, almeno in parte, ci ha pensato però la crescente diffusione del car sharing.

Più di 220.000 iscritti, migliaia di noleggi ogni giorno, una flotta di circa 3.000 auto, la presenza in 11 città italiane con una massiccia invasione a Milano e Roma. I numeri del successo del car sharing in Italia, raccolti dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, evidenziano i grandi progressi ottenuti dall’iniziativa a partire dalla sua prima apparizione in Italia nel lontano 1998 (il primo operatore è però arrivato nel 2001), quando nel pacchetto anti-smog allora lanciato dal ministero dell’Ambiente per alleviare l’ inquinamento atmosferico che assediava le città era compreso il car sharing. Per l’iniziativa dell’auto condivisa le stime per il futuro sembrano oggi ancora più promettenti.

Dalla Fondazione prevedono infatti che entro il 2020 ci saranno dodici milioni di utenti e un giro d'affari di 6,2 miliardi di euro a livello globale. Già oggi in tutta Europa ci sono oltre 500.000 iscritti al car  sharing e 13.000 vetture a disposizione. In Francia il successo di Autolib nell'area parigina ha portato a una riduzione del parco auto privato pari a 22.500 macchine, equivalenti a 164 milioni di chilometri percorsi in un anno. Lo stato dell’arte sul car sharing in Italia e in Europa, una delle formule di maggior successo di social innovation, è stato tracciato nel corso della “Giornata europea del car sharing”, organizzata a Roma, nell’ambito della Mobility Week, dal Ministero dell’Ambiente, da Roma Capitale e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

«Il car sharing - ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - in questo momento rappresenta uno dei settori più promettenti e vitali della green economy. Usare il car sharing vuol dire inquinare meno, tornare a guadagnare spazio in città, da dedicare ai pedoni ed alle piste ciclabili, per  garantire ai cittadini una migliore qualità della vita e far risparmiare alle famiglie italiane sui costi della proprietà dell’auto privata»

Dal 2001 a oggi questa iniziativa di sharing economy ha cominciato lentamente a crescere fino ad arrivare al boom di quest’ ultimo anno. Secondo la letteratura – spiegano dalla Fondazione – ogni auto in car sharing può toglierne 13-14 dalla strada, ma studi più recenti affermano che, in presenza di sistemi di auto condivise implementati su grande scala, si possa arrivare addirittura a 32. Questa capacità del car sharing di ridurre il numero di auto in circolazione rappresenta uno dei motivi principali per cui l’Italia dovrebbe fare il possibile per promuoverlo e farlo diffondere. Con un numero medio di 620 auto ogni 1000 abitanti, con il record europeo di Roma con 74 auto ogni 100 abitanti, con spostamenti che interessano soprattutto l’area urbana (il 70% avviene nel raggio di 10 chilometri), con tempi di percorrenza che aumentano di mattina dell’84% a Roma e del 73% a Milano, le città, soprattutto quelle d’arte, rischiano di morire di traffico e smog.

Inoltre, il car sharing, oltre a far bene all’ambiente, aiuta a risparmiare sulle spese dell’auto: secondo le stime, percorrendo in media 10.000 chilometri l’anno, si possono risparmiare più di 2.000 euro in minori spese di gestione.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.