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Per una nuova Civiltà dell’acqua, all’Italia servono investimenti da +10 mld di euro l’anno

Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi hanno presentato oggi all’Earth technology expo di Firenze il loro nuovo libro, pubblicato per le edizioni Polistampa
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La nuova Civiltà dell’acqua. Il Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica (pp. 400, euro 20), appena pubblicato per le edizioni Polistampa, è stato presentato oggi a Firenze nell’ambito dell’Earth technology expo, che animerà fino a domani la Fortezza Da Basso.

L’ultima fatica di Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Earth and water agenda (Ewa), racchiude in un unico libro il più completo “checkup” delle acque in Italia, con prelievi, utilizzi, usi e abusi, assieme a un racconto storico che dimostra come la prima civiltà dell’acqua sia nata 13 mila anni fa sugli altopiani materani, con i Trogloditi che la raccoglievano e conservavano nelle prime cisterne, e quindi con i Romani primi globalizzatori di acquedotti e cloache, latrine e terme, fino ad arrivare alla presentazione di analisi scientifiche finalmente alla portata di tutti, da cui emerge l’importanza di tutelare la risorsa, gestirla con efficienza e tornare ad investire da parte dello Stato con capitoli specifici nelle leggi di bilancio.

Nelle 400 pagine corredate da immagini, grafici e tabelle – e impreziosite da una prefazione a firma Mario Tozzi – viene proposto un quadro completo dell’idrologia italiana, con un invito a un cambio radicale nella gestione della risorsa fondamentale, frutto del know how maturato da due tra i più importanti esperti in materia idrica e dissesto ideorogeologico, dato che D’Angelis e Grassi hanno anche coordinato coi governi Renzi e Gentiloni la struttura di missione “Italiasicura” di Palazzo Chigi.

Se in fase di emergenza molti governi annunciano misure per l’acqua, che poi “evaporano” inesorabilmente, D’Angelis e Grassi, col supporto di esperti in ogni settore di utilizzo, presentano un vero e proprio Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica contro alluvioni e siccità, per produrre più energia idroelettrica green, evitare sprechi e inquinamento e contrastare la crisi climatica. Un progetto articolato e di ampio respiro che riguarda invasi, acquedotti, reti fognarie, depuratori e sistemi di riuso.

«In queste pagine – spiegano D’Angelis e Grassi, già autori nel 2020 del fortunato Storia d’Italia e delle catastrofi – illustriamo in modo costruttivo perché vada ripensata e riorganizzata l’intera materia. Abbiamo l’obbligo di passare dalle parole ai fatti, di inserire l’acqua all’interno delle politiche climatiche e per lo sviluppo economico, e abbiamo il dovere di farlo poiché partiamo da un punto di forza raro: abbiamo la grande fortuna di essere tra i pochi paesi dove, anche nelle annate siccitose, precipita più acqua di quanto ne serva».

I punti chiave del piano sono diversi: aumentare gli stoccaggi di risorsa ripulendo le dighe dai sedimenti e costruendo nuovi invasi, ridurre le dispersioni modernizzando le reti esistenti e posandone di nuove, tutelare le potenzialità delle acque sotterranee. Il tutto sostenuto da investimenti strategici: del resto, continuare a non reagire significherebbe non solo colpire solo la qualità dell’ambiente e della nostra vita, ma anche destabilizzare l’economia e la competitività del paese. Le misure sono ambiziose ma realistiche: si prevedono investimenti complessivi annui pari a 17,6 miliardi destinati ad agricoltura (che utilizza il 53% della risorsa prelevata), industria (22%), servizio idrico integrato (21%), zootecnia e settore energetico idroelettrico (4%).

Per questo gli autori propongono al Parlamento e al Governo, ai presidenti di Regione e ai sindaci di dare alle reti dell’acqua la stessa dignità degli altri servizi a rete: stradali e autostradali, ferroviari, marittimi, energetici e digitali. Non si contrastano fenomeni meteorologici o deficit idrici – negli ultimi 23 anni ci hanno colpito 9 fasi di gravi siccità con 20 miliardi di euro danni – e fasi di “troppa acqua”, piene fluviali e alluvioni (4 eventi devastanti solo negli ultimi due anni) con annunci spot, risorse insufficienti, frammentazioni di competenze, leggi inapplicate.

«Con almeno 10 miliardi in più all’anno rispetto al bassissimo investimento attuale – concludono gli autori – l’Italia può evitare di continuare a inseguire le emergenze idriche: può farlo solo facendo rientrare le infrastrutture idriche nei bilanci dello Stato, da dove mancano ormai da quasi 3 decenni, un caso unico in Europa. È necessario ridiscutere il nostro approccio ecologico, percorrendo un sentiero virtuoso per superare i problemi più stringenti e arrivare finalmente a una nuova civiltà dell’acqua».

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Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.