
Terremoto in Turchia e Siria, Guterres: «Dobbiamo mettere le persone al primo posto»

Di fronte ai più di 20.000 morti e alle decine di migliaia di feriti, ai milioni di senza tetto e alle centinaia di migliaia di profughi siriani che rischiano di rimanere isolati e senza aiuti in tende glaciali, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale: «Ora è il momento di difendere il popolo di Turchia e della Siria che vive nella regione del disastro mortale del terremoto e di mostrare loro lo stesso tipo di sostegno e generosità che hanno mostrato negli ultimi anni , aiutando milioni di rifugiati e sfollati in fuga dal conflitto».
Guterres conosce bene quell’area perché, negli anni del suo mandato come capo dell’Onu e prima come Alto commissario dell'agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR), ha visitato spesso i campi profughi e le città martoriate da una guerra che dura da 11 anni, e di fronte alle immagini e alle notizie che arrivano dall’immenso cratere del Terremoto che non smette di tremare, ha sottolineato che «Quello che era stato un centro di solidarietà è ora un epicentro di sofferenza. Le persone stanno affrontando un incubo dopo l'altro. Il terremoto ha colpito mentre la crisi umanitaria nel nord-ovest della Siria stava già peggiorando, con bisogni ai massimi livelli dall'inizio del conflitto. Le Nazioni Unite hanno fatto del loro meglio per rispondere rapidamente a quello che è "uno dei più grandi disastri naturali dei nostri tempi».
Ieri, il primo convoglio Onu ha attraversato il nord-ovest della Siria attraverso il valico di Bab al-Hawa, comprendeva 6 camion carichi di tende e altri generi di soccorso di cui c'è n disperato bisogno, ma Guterres ha sottolineati che «Sebbene siano in arrivo ulteriori aiuti, è necessario molto di più, molto di più. Il mondo è tristemente consapevole dell'aumento del bilancio delle vittime, ora oltre 18.000 secondo gli ultimi rapporti (poi sono salite rapidamente sopra le 20.000, ndr) , e che l'entità completa del danno è ancora sconosciuta. La Turchia ospita il maggior numero di rifugiati al mondo e ha mostrato una generosità senza pari nei confronti dei suoi vicini siriani (salvo invaderli e bombardarli, ma questo Guterres non può dirlo per questioni diplomatiche, ndr). In effetti, fino a 3,6 milioni di siriani hanno vissuto in Turchia per più di un decennio. Molti di loro sono ora vittime del terremoto. In passato sono stato ad Aleppo e ho incontrato siriani che hanno accolto calorosamente gli iracheni in fuga dalla guerra. Durante le mie visite, sono stato profondamente commosso dalla solidarietà delle persone che hanno aperto le loro case e i loro cuori . Ora quelle case sono state distrutte e quei cuori si stanno spezzando».
Guterres ha annunciato: «Invierò il capo dei soccorsi delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, nell'area questo fine settimana per valutare appieno il disastro, ma ci sono due priorità generali: Primo, accedere. Le strade sono danneggiate. Le persone stanno morendo. Ora è il momento di esplorare tutte le strade possibili per portare aiuti e personale in tutte le aree colpite. Dobbiamo mettere le persone al primo posto (il che, tradotto, vuol dire togliere l’embargo alla Siria almeno per queste operazioni di soccorso e per far arrivare finanziamenti, ndr). Secondo, risorse. La risposta umanitaria – il Syria humanitarian fund e il Syria cross-border fund – necessita di un'urgente iniezione di sostegno. Sono le migliori opzioni per consentire all’Onu e ai suoi partner umanitari di rispondere rapidamente alle persone bisognose. Sono già stati stanziati 25 milioni di dollari dal Central Emergency Response Fund dell’Onu per dare il via alla risposta e, all'inizio della prossima settimana verrà lanciato un appello flash per il sostegno dei donatori per le persone colpite dal terremoto in Siria. Le agenzie ONU - insieme alle ONG internazionali e nazionali in Siria - stanno valutando i loro requisiti di finanziamento iniziali per i prossimi tre mesi. Queste risorse saranno utilizzate dalla comunità umanitaria per aiuti essenziali: alloggi, salute, nutrizione, acqua, servizi igienici, igiene, istruzione, protezione e servizi di supporto psicosociale. Le Nazioni Unite sono “pronte a sostenere la risposta del governo turco in ogni modo possibile. Di fronte a questo disastro epico, faccio un forte appello alla comunità internazionale affinché mostri al popolo della Turchia e della Siria lo stesso tipo di sostegno e generosità con cui hanno ricevuto, protetto e assistito milioni di rifugiati e sfollati. Ora è il momento di difendere il popolo della Turchia e della Siria».
Dopo la prima riunione della task force umanitaria sul terremoto, l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Geir O. Pedersen ha detto in una conferenza stampa: «Ovviamente, questi sono tempi particolarmente cupi per la gente della Turchia e della Siria, e tutti voi avete visto le immagini e ovviamente parlano da sole. E’ devastante e penso inimmaginabile per noi che non ci siamo davvero. Semplicemente non ci sono parole che possano trasmettere, credo, la sofferenza che le persone stanno attraversando.Come tutti sapete, in un disastro naturale come questo le prime 72 ore sono critiche e ora quelle 72 ore sono passate. mEntre parliamo, il numero delle vittime continua a salire in entrambi i Paesi e sono ancora troppe le persone sotto le macerie, al freddo. Il terremoto ha colpito mentre la crisi umanitaria nel nord-ovest della Siria stava già peggiorando, con bisogni ai massimi livelli dall'inizio del conflitto. In tutte le parti colpite della Siria, gli operatori umanitari segnalano un urgente bisogno di logistica, squadre di soccorso qualificate e rifugi temporanei. L’Onu sta aiutando a mobilitare squadre di emergenza e operazioni di soccorso, e molti nella comunità internazionale si sono precipitati a sostenerle. I siriani, che stanno soffrendo, la cui sofferenza è aggravata in quanto si aggiunge a tutto ciò che hanno sofferto per più di un decennio, hanno ricevuto un po' di assistenza. Ma neanche lontanamente un'assistenza sufficiente».
Pedersen ha sottolineato che «Le nostre richieste immediate sono due: accesso e risorse. Abbiamo bisogno di aiuti, aiuti salvavita, di cui i civili hanno un disperato bisogno ovunque si trovino, indipendentemente dalle frontiere e dai confini e dai confini. Ne abbiamo bisogno con urgenza, attraverso le vie più veloci, dirette ed efficaci. Hanno bisogno di più di assolutamente tutto. Questo è stato il mio messaggio oggi ai membri della Task Force Umanitaria ed è il mio messaggio a voi. La risposta all'emergenza non deve essere politicizzata. Dobbiamo invece concentrarci su ciò che è urgentemente necessario per aiutare uomini, donne e bambini, coloro che possiamo ancora salvare, coloro le cui vite sono devastate da uno dei terremoti più catastrofici che la regione abbia visto in circa un secolo. Dopo 12 anni di guerra e sfollamento essere visitati da una tale tragedia in pieno inverno è davvero troppo. Si tratta sicuramente di mettere le persone al primo posto e dobbiamo tutti essere guidati da questo principio».
A un giornalista che gli chiedeva se ci fosse qualche indicazione che potrebbero essere aperti altri valichi di frontiera e cosa abbiano detto in g questo senso il governo siriano di Bahir al-Assad e i suoi alleati russi, Pederson ha risposto: «Permettetemi di iniziare dicendo che sono rimasto colpito dall'unità nell'incontro che abbiamo avuto oggi tra tutti i diversi Stati membri che hanno partecipato. Quando si tratta di accessi transfrontalieri, come sapete, abbiamo avuto un problema perché le strade che portano ai valichi di frontiera sono state distrutte. Ma oggi ci è stato assicurato che saremo in grado di ottenere la prima assistenza, e poi ci sarà ovviamente altra assistenza in arrivo. C'è stato anche un forte appello a utilizzare tutte le modalità, utilizzare le operazioni transfrontaliere. Quindi, abbiamo bisogno di supporto per andare nel nord-ovest, abbiamo bisogno di supporto per andare nelle aree sotto il controllo del governo che sono state particolarmente colpite, sono state menzionate Aleppo e Hama, e sappiamo che un certo sostegno sta già arrivando negli aeroporti di Aleppo e in effetti anche a Damasco».
Poi u n giornalista ha fatto la domanda che si aspettavano tutti: «Signor Pedersen, lei pensa che. in questa situazione, sia giunto il momento di revocare alcune sanzioni unilaterali alla Siria?» e il diplomatico ha risposto: «Ascolti, dobbiamo fare di tutto per assicurarci che non ci siano impedimenti di sorta per fornire il supporto salvavita necessario in Siria. E ne ho discusso, in particolare con i rappresentanti degli Stati Uniti e dell'Unione europea e mi assicurano che faranno tutto il possibile per assicurarsi che non ci siano ostacoli all'arrivo di aiuti in Siria per aiutare in questa operazione. E in effetti, se qualcuno può indicare eventuali impedimenti, dovrebbe farcelo sapere e faremo in modo che gli Stati Uniti e l'Unione europea lo sappiano, perché tutto il sostegno necessario deve entrare».
Poi i giornalisti hanno affrontato il problema di dover consegnare gli aiuti al regime di Assad (e lo stesso vale con Erdogan nel sud della Turchia abitato in gram parte da kurdi) e di quale tipo di granzie abbia l’Onu. Pedersen è ben consapevole di questo e ha ricordato che «Naturalmente, la tragedia in Siria, come ho detto, è che la guerra e il conflitto vanno avanti ormai da 12 anni, e il Paese è in realtà e diviso in almeno tre parti diverse, e due aree sono state particolarmente colpite, le aree del nord-ovest e quindi anche le aree sotto il controllo del governo. Quindi, quello che dobbiamo assicurarci ora è che non ci siano ostacoli politici agli aiuti necessari per arrivare alle persone colpite. E questo era il mio messaggio oggi e questo è il mio messaggio per voi, e sarà davvero il mio messaggio per le autorità siriane e per chiunque possa aiutarci a raggiungere le persone bisognose».
Intanto si muove anche la Cina che, dopo aver annunciato il 7 febbraio un aiuto urgente per 40 milioni di yuan alla Turchia, l'8 febbraio il direttore dell'Agenzia cinese per la cooperazione dello sviluppo internazionale, Deng Boqing, ha dichiarato che «La Cina fornirà 30 milioni di assistenza urgente umanitaria alla Siria, inclusi 20 milioni di dollari in contanti e materiale di soccorso di prima necessità alla parte siriana, intanto la parte cinese accelererà l'attuazione dei progetti di assistenza già in corso per fornire alimenti. L'agenzia si manterrà uno stretto coordinamento con i dipartimenti pertinenti di Turchia e Siria per assicurare che i suddetti aiuti siano attuati nel tempo più breve possibile, in modo da salvare e aiutare le persone delle zone terremotate. La parte cinese continuerà a fornire tutto l'aiuto possibile ai due Paesi in base alla situazione sismica e alle necessità reali».
Poi il portavoce del ministero degli esteri cinese ha denunciato che «I devastanti terremoti, oltre ad anni di guerra e disordini, hanno lasciato la Siria in una terribile crisi umanitaria. All'indomani della catastrofe, gli Stati Uniti dovrebbero mettere da parte le ossessioni geopolitiche e revocare immediatamente le sanzioni unilaterali contro la Siria, per aprire le porte agli aiuti umanitari».
La pensa così anche l’American-Arab Anti-Discrimination Committee (ADC), secondo il quale «Le sanzioni unilaterali statunitensi contro la Siria ostacolano l'arrivo di aiuti aggiuntivi e supplementari che forniranno un sollievo immediato a chi ne ha bisogno». E anche il coordinatore umanitario dell’Onu, Jens Laerke, ha ammesso la difficoltà di fornire aiuti ai territori siriani che hanno subito le conseguenze devastanti del sisma: «Sappiamo che il terremoto ha colpito principalmente la parte settentrionale della Siria. Molti territori sono contesi. Molti territori sono sotto il controllo dell'opposizione. Sarà una sfida arrivarci. Questo è un Paese che ha subito 11 anni di guerra. Le infrastrutture sono danneggiate. E’ molto importante mettere da parte la politica e considerare tutto questo come una questione strettamente umanitaria».
Intanto la Russia corre in soccorso di Assad: più di 300 militari russi e 60 unità di equipaggiamento specializzato sono stati dispiegati in Siria per aiutare a rimuovere le macerie, soccorrere le vittime del terremoto e fornire assistenza.
E il ministro degli esteri del Messico, Marcelo Ebrard, ha di fatto annunciato che non rispetterà l’embargo e che il suo Paese «Aiuterà Turchia e Siria ad affrontare le conseguenze devastanti dei terremoti inviando squadre di soccorso e specialisti».
L'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che il disastro avrà un forte impatto sulla vita di ben 23 milioni di persone, in particolare in Siria che ha un sistema sanitario che sta cadendo a pezzi e che è sottoposta a ampie sanzioni Usa e Ue. Il presidente della Mezzaluna Rossa siriana, Khaled Hboubati, ha invitato «L'Unione europea a revocare le sanzioni contro la Siria per facilitare la fornitura di assistenza umanitaria alle aree colpite. Le misure restrittive aggravano la difficile situazione umanitaria. Non c'è nemmeno carburante per inviare convogli [di aiuti] e questo è dovuto al blocco e alle sanzioni. La Mezzaluna Rossa siriana è pronta a fornire aiuti umanitari a tutte le regioni della Siria, anche alle aree che non sono sotto il controllo del governo». E, in un’intervista ad Al Mayadeen. il ministro degli Esteri siriano, Faisal Mekdad, si è lamentato per il fatto che «Le sanzioni contro la Siria hanno ulteriormente aggravato il disastro. Le sanzioni Usa impediscono alla Siria di accedere a qualsiasi cosa, compresi i medicinali» e ha ricordato che «Gli aiuti umanitari non sono soggetti a sanzioni, in conformità con il diritto internazionale».
Ma il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price, ha chiuso la porta ad ogni sospensione delle sanzioni: «Washington è un partner per il popolo siriano, ma lavorare con il governo di Bashar al Assad sarebbe ironico, se non controproducente (invece sembra che lavorare con Erdogan sia il massimo… ndr). Abbiamo partner umanitari sul campo che possono fornire il tipo di assistenza dopo questi tragici terremoti. Damasco non riesce a mettere al primo posto il benessere, la prosperità e gli interessi della sua gente».
Un secco no a sospendere le sanzioni arriva anche da un portavoce del Foreign Office britannico e del Commonwealth: «Il regime di sanzioni è stato messo in atto in risposta alle violazioni dei diritti umani e ad altri abusi da parte del regime e dei suoi complici» e il portavoce della Commissione europea, Balazs Ujvari, se l'è cavata affermando che «L'Ue ha fornito aiuti umanitari attraverso i suoi partner delle Nazioni Unite, nonché organizzazioni non governative».
Rigidità alle quali risponde il piccolo e povero Libano che ospita centinaia di migliaia di profughi siriani. Il ministro libanese dei trasporti e dei lavori pubblici, Ali Hamie, ha annunciato che il suo Paese non farà pagare le tasse alle compagnie di trasporto aereo e marittimo per facilitare la consegna degli aiuti umanitari alla Siria.
