
Fa bene al cuore, fa bene al pianeta. Una dieta sana dimezza le emissioni di gas serra

Le nostre scelte alimentari quotidiane sono responsabili non solo della salute individuale, ma di quella globale. Infatti, se inadeguate, causano malattie croniche non trasmissibili a diffusione pandemica, come le malattie cardiovascolari – prima causa di morte in Europa e nel mondo – e l’emissione di gas serra. Di fronte alle sempre più solide evidenze sul potenziale nocivo delle scelte alimentari, una transizione verso una dieta sana e adatta a mitigare il cambiamento climatico da parte di ciascun individuo è sempre più urgente.
Lo studio “Good for the heart, good for the Earth: proposal of a dietary pattern able to optimize cardiovascular disease prevention and mitigate climate change”, pubblicato recentemente su Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases da Annalisa Giosuè, Ilaria Calabrese, Marilena Vitale, Olga Vaccaro e Gabrile Riccardi (università Federico II di Napoli), Francesca Recanati e Katarzyna Dembska (indipendenti), Simona Castaldi (università della Campania Luigi Vanvitelli, Caserta), Francesca Gagliardi (università di Siena) e Marta Antonelli (Fondazione centro euromediterraneo sui cambiamenti clinatici – CMCC) calcola la dieta ottimale che fornisce prevenzione cardiovascolare e, allo stesso tempo, dimezza le emissioni di gas serra legate agli attuali consumi europei. Al CMCC dicono che «Lo studio fornisce strumenti concreti per un modello alimentare pratico, che non esclude alimenti ma li assortisce in frequenze e quantità ottimali, e che è adatto a tutta la popolazione adulta sana».
La collaborazione interdisciplinare tra università e Fondazione CMCC ha prodotto dati scientifici aggiornati che hanno consentito l’elaborazione di un modello alimentare pratico e adatto a tutta la popolazione adulta sana, la cui adozione comporterebbe benefici che sono stati quantificati nello studio che dimostra che «Una dieta settimanale che non esclude alcun alimento ma che li assortisce tutti nelle frequenze e nelle quantità ottimali per la prevenzione cardiovascolare (e.g., vegetali freschi, cereali integrali e yogurt ogni giorno, legumi e pesce fino a 4 volte a settimana, uova, formaggi e carni bianche non più di 3 volte a settimana, carni rosse, cereali ad alto indice glicemico o patate non più di una volta a settimana, ecc.) è in grado di ridurre del 48.6% le emissioni di gas serra legate agli attuali consumi europei».
In particolare, lo studio specifica: il piano alimentare settimanale dettagliato, in cui, per ogni occasione di pasto, sono descritti gli alimenti da assortire nelle quantità ottimali per la prevenzione delle malattie cardiovascolari sulla base dei dati disponibili in letteratura; la verifica dell’adeguatezza nutrizionale di tale piano alimentare, ovvero i dati che ne documentano la capacità di assicurare l’assunzione di tutti i macro e micro nutrienti nelle quantità raccomandate dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), meglio di quanto avvenga attualmente con la dieta praticata dalle popolazioni europee; l’impatto sul clima dei consumi alimentari previsti dal piano settimanale, in termini di emissioni di gas serra ad essi associate.
La Giosué, medico specialista in scienza dell’alimentazione, spiega che «Punto di forza di tale modello è quello di essere nutrizionalmente adeguato e compatibile con un’alimentazione varia, che include in abbondanza alimenti di origine vegetale quali legumi, cereali integrali, frutta e verdura, ma anche quantità variabili di alimenti di origine animale quali prodotti lattiero-caseari, pesce e carne, non implicando drastiche rinunce da parte delle persone che scelgono di adottarlo».
La Antonelli conclude: «Tale strumento, se adeguatamente diffuso in particolare tra i professionisti della salute, ma anche in altri settori strategici nonché a livello della popolazione generale, potrebbe sostanzialmente agevolare l’implementazione di un modello alimentare in grado di ottimizzare la prevenzione delle malattie cardiovascolari e di ridurre con effetto immediato l’impatto sul clima delle scelte alimentari».
