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Auto Ue, i conservatori aprono la battaglia per evitare le multe alle case che non tagliano la CO2

Il Ppe presenta un documento contro lo stop dal 2035 ai motori a combustione interna e a favore di una revisione del sistema di sanzioni che parte nel 2025: «Chi non centra i target di riduzione rischia di pagare 16 miliardi di euro». Ma uno studio di T&E dimostra che la cifra è totalmente infondata
 |  Crisi climatica e adattamento

I partiti conservatori europei tornano alla carica contro lo stop nel 2035 alla vendita di auto con motori a combustione interna. A guidarli, a livello di famiglie europee, ci sono il Ppe, l’Ecr di cui fa parte Fratelli d’Italia e altri gruppi di destra radicale. A livello nazionale, a spingere maggiormente c’è il governo italiano insieme a Germania e Francia. 

Un primo tentativo d’assalto era stato respinto nei giorni scorsi, quando la vicepresidente Ue ed esponente del partito socialista spagnolo Psoe, Teresa Ribera, all’indomani della notizia che il Ppe stava preparando un documento per anticipare dal 2026 al 2025 la revisione delle regole che mettono al bando tra 10 anni nuovi motori alimentati a combustibili fossili, ha approfittato della visita ufficiale a un grande impianto siderurgico in Belgio per ribadire che il rinvio dopo il 2035 dei motori termici «non è qualcosa che la Commissione europea sta prendendo in considerazione».

I conservatori hanno fatto buon viso a cattivo gioco, ma intanto hanno cambiato strategia e hanno portato la battaglia sul fronte delle multe alle case automobilistiche che non rispettassero già dal 2025 i limiti ai livelli di emissioni delle auto: -19% per chilometro percorso dal prossimo anno, per arrivare a un taglio del 55% per chilometro nel 2030. E infatti ieri il Ppe ha presentato un Piano sull’industria dell’auto in cui da un lato si ribadisce l’auspicio di una revisione sul 2035, ma soprattutto si insiste sulla necessità di rivedere il sistema di multe che, secondo i calcoli del fronte conservatore e delle stesse case automobilistiche, costerebbe ai produttori europei tra i 15 e i 16 miliardi di euro. Una cifra di cui tra poco si dirà, quanto all’attendibilità, ma prima il Piano presentato dal Ppe merita una lettura e qualche sottolineatura. 

Al centro del documento c’è di nuovo la richiesta di rinviare lo stop ai motori endotermici, declinata al condizionale: «Il divieto imminente del 2035 sui motori a combustione interna dovrebbe essere annullato per riflettere la neutralità tecnologica, ovvero consentire un mix di tecnologie pur rimanendo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Unione. Mentre i veicoli elettrici svolgeranno un ruolo importante nella transizione verso un futuro climaticamente neutro, anche altre tecnologie possono aiutare a raggiungere i nostri obiettivi climatici». La richiesta rivolta alla Commissione europea è quella di «presentare urgentemente una revisione del regolamento 2019/631 49 che reintroduca l’approccio tecnologicamente neutro e riconosca il ruolo di tutte le tecnologie nel conseguimento di riduzioni di CO2»: «La revisione dovrebbe riconoscere il ruolo dei combustibili alternativi, tra cui e-fuel, biocarburanti, combustibili rinnovabili o sintetici, fornendo esenzioni esplicite, accompagnate da altre misure come l’introduzione di un fattore di correzione del carbonio, rivedendo così il divieto di motore endotermico dal 2035 in poi». 

Ma sapendo che un rinvio tout court rischia di non passare, i conservatori europei puntano sul fatto che la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di aprire un «dialogo strutturato» con l'industria dell’auto per far cadere il sistema delle multe. Il Ppe, si legge nel documento, «sostiene la proposta della presidente della Commissione di aprire un dialogo strategico sul futuro del settore automobilistico, un processo che sarà guidato personalmente dalla presidente stessa e al quale dovranno partecipare le parti interessate del settore automobilistico, i rappresentanti del Parlamento europeo, della Commissione europea e del Consiglio dell’Ue. Il Gruppo Ppe chiede che, come risultato di questo dialogo, venga definita una strategia europea olistica che aiuti il settore a gestire le varie sfide e riveda il quadro normativo europeo applicabile». Ed ecco la parte sulle sanzioni per i costruttori che non raggiungano già nel 2025 i target stabiliti: «Il mercato delle vendite di auto elettriche non si sta sviluppando come previsto. I dati sulle vendite sono in ritardo rispetto alle aspettative e i produttori rischiano di non raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni fissato per il 2025, con conseguenti potenziali multe miliardarie. Nell’attuale crisi – sottolinea il Partito popolare europeo, di cui fa parte la stessa von der Leyen- i produttori hanno bisogno dei loro profitti per gestire la trasformazione. La Commissione europea dovrebbe effettuare un’analisi della situazione attuale e degli sviluppi previsti nel riesame del 2025, per poi decidere quali misure sono necessarie per mantenere la competitività dei produttori». 

Il regolamento Ue richiede che le emissioni medie annuali di CO2 dei veicoli nuovi siano ridotte complessivamente del 15% per il periodo 2025-2029. Ogni anno la Commissione europea, con un «atto di esecuzione», stabilisce la media delle emissioni e l’obiettivo specifico di riduzione per i costruttori. Quelli che sforano il proprio obiettivo specifico dovranno versare una multa pari a 95 euro per grammo al chilometro di emissioni in eccesso, moltiplicato per ciascun veicolo di nuova immatricolazione. Secondo l’Associazione europea dell’industria dell’auto, si possono prevedere multe pari a circa 16 miliardi di euro per i mancati obiettivi del 2025. E il Ppe chiede di rivedere il sistema sanzionatorio e aggiunge che «queste misure dovrebbero tenere conto degli sforzi e degli investimenti che le aziende hanno già compiuto». E poi: «Se le sanzioni sono inevitabili, allora dovranno essere reinvestite nel settore automobilistico europeo per scopi specifici (ad esempio per la realizzazione di infrastrutture, programmi di incentivi, digitalizzazione) invece che andare nel bilancio generale dell'Ue».

Bisognerà vedere come si posizionerà su questo la presidente von der Leyen, perché i popolari stanno facendo proseliti, e un’apertura sulla revisione del regolamento nel 2025 e anche del sistema delle sanzioni è arrivata tramite un’intervista al Corriere della Sera dal vicepresidente della Commissione Ue ed esponente dei liberali di Renew Stéphane Séjourné: «La questione delle multe deve essere risolta in modo pragmatico per non penalizzare i produttori ai quali viene chiesto di fare molto».

C’è però una questione, di cui si accennava sopra, che va analizzata nel modo corretto e che se inquadrata nella giusta luce evidenzia quanto sia scivolosa, se non pretestuosa, la discussione sulle sanzioni che si è appena aperta. Il fronte del rinvio allo stop nel 2035 parla appunto di multe che arriverebbero a 16 miliardi di euro. Una cifra che però Transport & Environment (T&E) definisce del tutto infondata. La Federazione europea per i trasporti e l’ambiente ha pubblicato proprio ieri uno studio in cui si sottolinea che i conteggi che circolano nel Parlamento europeo sono frutto di una «analisi fondamentalmente difettosa perché stima le sanzioni del 2025 in base alla prima metà delle vendite di auto del 2024». Qual è il problema? Questo: «Utilizzare i dati sulle vendite di auto del 2024 per calcolare la penalità del 2025 è come giudicare le prestazioni di un atleta in un campionato in base alle loro sessioni di allenamento dell’anno precedente. L’atleta riserva il suo meglio per l’evento vero e proprio, proprio come le case automobilistiche allineano strategicamente le misure di vendita e conformità per rispettare le scadenze normative». E ancora: «Come per i passati obiettivi di CO2 delle auto, le case automobilistiche dovrebbero chiudere il loro divario di conformità nell’anno obiettivo, piuttosto che in anticipo. Di conseguenza, l'anno 2024 non rappresentativo dello stato del mercato. La maggior parte dei modelli progettati per rispettare l’obiettivo, in particolare i modelli EV più convenienti, non sono ancora usciti dalle linee di produzione».

Un’altra recente analisi realizzata da T&E, universalmente riconosciuta come autorevole fonte in ambito europeo di tematiche relative a trasporti ed energia sostenibile, mostra che l’obiettivo di riduzione delle emissioni di COper le auto del 2025 dell’Ue è «sia raggiungibile che realistico, e è improbabile che le case automobilistiche affrontino sanzioni nel 2025»: «Ci si aspetta che i produttori rispettino i target utilizzando una vasta gamma di strategie. Le opzioni di conformità includono l’aumento delle vendite di auto completamente elettriche, mild e full hybrid, ibride plug-in, nonché varie flessibilità di conformità come il meccanismo di aggregazione detto pooling (o l’acquisto di crediti EV da altre case automobilistiche) e altri bonus e crediti di eco innovazione. «Anche nello scenario peggiore, in cui le case automobilistiche non riescono a rispettare i loro piani di produzione – viene stimato da T&E in base alle analisi effettuate dai ricercatori – si prevede che le sanzioni totali rimarranno inferiori a 1 miliardo di euro, con il gruppo Volkswagen che, rispetto al totale, farà la parte del leone. Questa proiezione si basa su stime conservative di vendita di veicoli elettrici di GlobalData con Volkswagen che vende circa il 15% di veicoli elettrici nel 2025 e in pooling con Tesla. Aumentando le vendite di veicoli elettrici al 17%, Volkswagen potrebbe evitare completamente la sanzione (pur essendo in pooling) e il 22% delle vendite di veicoli elettrici gli consentirebbe di raggiungere pienamente il suo obiettivo senza il meccanismo di pooling».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.