L’87% delle compagnie aeree non ha un piano per la transizione verde
Dire che volano basso è un eufemismo. L'87% delle compagnie aeree non sta affrontando con la debita determinazione la transizione verso i carburanti sostenibili per l'aviazione (Saf, Sustainable Aviation Fuels), come mostra una nuova classifica pubblicata da Transport & Environment (T&E), principale organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti.
La classifica assegna punti alle compagnie aeree analizzando 13 parametri: obiettivi di adozione di Saf e tipologia e volumi dei carburanti; riduzione delle emissioni conseguite; obiettivi specifici per l’uso di cherosene sintetico o l’esistenza di accordi di off-take (ovvero un accordo stipulato per la futura fornitura di un prodotto) per il cherosene sintetico.
In base a questi dati, emerge dall’indagine che appena 10 delle 77 compagnie aeree valutate stanno facendo sforzi concreti per sostituire il cherosene fossile, mentre le restanti 67 compagnie aeree prevedono di adottare il tipo sbagliato di Saf, oppure di acquistarne quantità insufficienti - o addirittura nulle - nei loro piani di decarbonizzazione.
Circa la metà delle compagnie inserite nell’analisi di T&E - inclusa ITA - ottiene zero punti in classifica, sollevando seri dubbi sulle capacità di queste aziende di ridurre l’impatto climatico del settore aereo, il più intensivo dal punto di vista di carbonio tra tutte le modalità di trasporto. Sul podio della classifica, invece, ci sono Air France-KLM, United Airlines e Norwegian, che ottengono punteggi elevati per il loro impegno verso l’uso di e-cherosene o di biocarburanti avanzati e da rifiuti.
Nel documento stilato da T&E viene inoltre sottolineato che non tutti i Saf sono ugualmente sostenibili. Il cherosene sintetico (o e-cherosene) - un carburante che si ottiene combinando carbonio e idrogeno elettrolitico prodotto da elettricità rinnovabile - è il Saf più sostenibile e scalabile. Al contrario, i Saf derivati da biomassa, ossia i biocarburanti, variano notevolmente in termini di sostenibilità e scalabilità. Ad esempio, i Saf prodotti da colture dedicate (come palma, soia o mais) non sono sostenibili in virtù dell’uso inefficiente di suolo, della competizione con la filiera alimentare e delle emissioni indirette che causano. I biocarburanti da rifiuti o residui sono migliori, ma scontano problemi di disponibilità di sufficienti materie prime e possibili frodi di etichettatura lungo la catena del valore.
Attualmente, evidenzia l’indagine realizzata da T&E, la maggior parte delle compagnie aeree in classifica intende adottare il tipo sbagliato di Saf. Infatti, il cherosene sintetico rappresenta meno del 10% degli accordi delle compagnie aeree sui Saf, mentre i biocarburanti insostenibili derivati da colture come mais e soia costituiscono oltre il 30%. Le compagnie aeree devono fare di più, ad esempio spingendo i produttori di carburante a portare sul mercato carburanti prodotti da materie prime più sostenibili, afferma T&E.
Carlo Tritto, Sustainable Fuels Manager di T&E Italia spiega: «Sono davvero poche le compagnie aeree che si stanno impegnando per adottare carburanti veramente sostenibili, mentre la maggior parte di esse non utilizza Saf o acquista quelli insostenibili. Le compagnie aeree dovrebbero essere più esigenti nei confronti dei produttori di carburanti, chiedendo loro di sviluppare vettori realmente capaci di ridurre l’impatto climatico. Altrimenti si ritroveranno ad acquistare prodotti che - nella gran parte dei casi - non renderanno i loro voli sostenibili né tantomeno permetteranno alle stesse di avvicinarsi ai loro obiettivi di zero emissioni nette».
L’organizzazione che ha realizzato l’indagine sul settore dell’aviazione sottolinea poi un aspetto che non deve essere sottovalutato, e cioè che i produttori di petrolio hanno una responsabilità nel ritardo della transizione del settore, poiché non stanno investendo sufficientemente nello sviluppo di carburanti verdi. Infatti, dai progetti in corso valutati nell’analisi, Eni, TotalEnergies, Shell, BP, Chevron, ExxonMobil, Sinopec e Saudi Aramco potrebbero produrre solo circa 3 milioni di tonnellate di Saf all'anno entro il 2030 - meno del 3% della loro attuale produzione di carburante aereo. Ancor più preoccupante è la quasi totale assenza di investimenti da parte dei colossi dell’Oil & Gas nei Saf a base di cherosene sintetico.
Shell si è recentemente ritirata da un progetto sull'e-cherosene, evidenziando la riluttanza dell'industria a passare ai carburanti puliti, dando invece priorità agli investimenti nei combustibili fossili. Le minuscole quantità di Saf prodotte dalle grandi compagnie petrolifere sono prevalentemente biocarburanti, spesso insostenibili e comunque difficilmente scalabili vista la limitata disponibilità di materie prime sostenibili. Il mercato del cherosene sintetico è attualmente dominato da raffinerie più piccole e start-up, che - indubbiamente - non possono contare sul potere finanziario delle Oil Majors, necessario a produrne abbastanza per il mercato di massa a lungo termine.
«Nella transizione verso i carburanti puliti, i grandi assenti sono i colossi petroliferi, che possono contare sia sulle capacità finanziarie che su quelle tecniche per portare sul mercato di massa questi carburanti, assicurandosi così un futuro in un’economia decarbonizzata. Invece preferiscono mantenere il business as usual, mostrandosi riluttanti a investire nei Saf e sabotando la transizione di un settore molto inquinante», spiega Tritto, che continua ribadendo che servono misure più rigide per questo settore: «L’Ue e le autorità nazionali devono stimolare i gruppi petroliferi ad investire maggiormente nei Saf. Ma serve anche una strategia industriale per la produzione di cherosene sintetico a livello Ue, capace di supportare questa industria nascente con finanziamenti e normative ad hoc per ridurre il gap di costo. In questo senso, il Clean Industrial Deal offre un'opportunità unica per affrontare questi problemi e promuovere la produzione locale di e-cherosene».
Nel 2023, le compagnie aeree valutate nel ranking hanno consumato 2,6 milioni di barili di Saf (ossia meno dello 0,15% del loro consumo totale di carburante), un valore marginale se comparato al loro consumo di cherosene fossile, che si è attestato a 1,6 miliardi di barili. L'analisi condotta da T&E rileva che, al momento, le stesse hanno acquistato Saf per soddisfare appena l'1,2% del loro fabbisogno di carburante al 2030. Ma l'uso di Saf varia significativamente tra le regioni del mondo. Si prevede infatti che le compagnie aeree nordamericane in classifica utilizzeranno il 2,7% di Saf nel 2030, mentre le loro controparti europee raggiungeranno solo una quota dell'1,3%. Tuttavia, questa percentuale è destinata a crescere grazie alle normative dell'Ue e del Regno Unito che impongono un aumento dell'uso dei Saf dopo il 2030. Da un punto di vista emissivo, le quantità così limitate di Saf sin qui acquistate dalle compagnie aeree non permetterà di compensare le emissioni associate alla crescita del settore. Per le 77 compagnie aeree analizzate nello studio, i volumi previsti di SAF porteranno ad una riduzione delle emissioni di CO₂eq di appena lo 0,9% nel 2030.
Per garantire il decollo nella produzione di Saf in Europa, T&E raccomanda che l'Ue includa gli e-fuels (carburanti sintetici) come investimento prioritario nel suo prossimo Clean Industrial Deal. Sono necessarie misure e incentivi mirati per sostenere l'industria, in particolare i soggetti che per primi si impegnano nel settore dell'e-cherosene. È altresì necessario un maggiore impegno da parte delle compagnie petrolifere, che dovrebbero sviluppare progetti e attivare investimenti per la produzione di e-cherosene, così da favorirne l'espansione riducendo la dipendenza dell’aviazione dai combustibili fossili.