Inquinanti e gas serra, emissioni italiane in calo ma per edifici e trasporti non basta
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato ieri tre rapporti che tracciano l’andamento delle emissioni italiane, sia climalteranti sia inquinanti.
Sul podio delle principali fonti dei gas serra, nel 2022, ci sono i trasporti (26%), seguiti dalla produzione di energia (23%), dalla climatizzazione delle case (18%) e dall’industria manifatturiera (13%); a seguire il comparto agricolo (7,4%) e i cosiddetti processi industriali ed uso di altri prodotti (Ippu, 5,7%), per concludere col settore gestione rifiuti (4,9%).
Nel complesso le emissioni di CO2eq sono calate del 20,9% tra il 1990 e il 2022, passando da da 522 a 413 mln ton CO2eq; un andamento riscontrato non a caso «in particolare dal 2008», con l’arrivo della grande recessione.
Oltre alla crescita di fonti rinnovabili ed efficienza, hanno infatti inciso anche il calo dei consumi e delle attività industriali «a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcune produzioni», per non parlare della pandemia. Nel 2021 e 2022 si è poi registrato un aumento delle emissioni, in conseguenza della ripresa della mobilità e delle attività economiche.
Per il 2023 sono ad oggi disponibili solo stime preliminari, ma quelle fornite da Ispra – coerentemente con quelle già prodotte da Enea e Italy for climate – mostrano un nuovo calo delle emissioni pari a -6,2%, che comunque segna «il superamento del limite consentito per lo stesso anno (12,9 MtCO2eq)» dal regolamento Effort sharing.
«Tale risultato – spiega l’Ispra – è principalmente dovuto all’assenza di riduzione delle emissioni di gas serra provenienti dai trasporti stradali che, nonostante le direttive europee, procedono costanti sui livelli emissivi elevati del 2014 portando quindi al superamento del tetto massimo».
Se infatti il settore energetico vede emissioni in calo del 20,7% dal 1990 al 2022 e quello industriale registra -37,8%, nello stesso periodo i trasporti mostrano un dato addirittura in crescita (+7,4%). Altrettanto critico è il settore residenziale, che come già accennato pesa ancora per il 18% sulle emissioni totali.
Su questi due comparti dovrebbero concentrarsi gli sforzi maggiore del Paese per la decarbonizzazione, e non a caso il Governo Meloni si è schierato apertamente contro l’approvazione della direttiva Ue sulle “Case verdi”, così come verso lo stop all’immatricolazione di auto e furgoni alimentati a combustibili fossili dal 2035. Eppure si tratta di nodi che non è possibile eludere.
«Al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalle norme europee sarà necessario incrementare gli sforzi rispetto alle misure vigenti – spiega la direttrice generale dell’Ispra, Maria Siclari – sia nel settore trasporti, anche riducendo la domanda di mobilità privata e favorendo lo switch tecnologico e modale di persone e merci, sia nel settore civile dove il ruolo delle nuove tecnologie risulta determinante. Il percorso da compiere per conseguire il nuovo obiettivo europeo richiederà un grande sforzo, anche in termini di investimenti, da parte dell’intero sistema Paese».
Oltre al clima, a beneficiarne sarà anche l’aria respirata dai cittadini. Sempre l’Ispra mostra che, nel periodo 1990-2022, l’inquinamento atmosferico nel Paese è molto migliorato.
Le riduzioni sono particolarmente rilevanti per i principali inquinanti (SOX -95%; NOX -71%; CO -72%; NMVOC -58%), per BC (-63%), cadmio (-63%), mercurio (-64%), piombo (-95%) ed esaclorobenzene (-91%).
Il settore energetico è la principale fonte di emissioni in Italia con una quota superiore all’80% per molti inquinanti (SOX 92%; NOX 92%; CO 93%; PM2.5 85%; BC 90%; PAH 86%, HCB 91%), mentre il settore agricolo è la principale fonte di emissioni di NH3 in Italia con una quota del 90% sul totale nazionale.
Ancora una volta il calo delle emissioni inquinanti è legato alle «riduzioni nei settori industriale e del trasporto su strada, dovute all’implementazione di diverse direttive europee», insieme al «miglioramento dell’efficienza energetica e la promozione delle energie rinnovabili».
Ma anche sul fronte dell’inquinamento resta moltissimo da fare: gli ultimi dati messi in fila dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) mostrano che la cattiva qualità provoca ancora decine di migliaia di morti l’anno nel Paese. L’Italia ha infatti il record europeo di morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, con ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3.