Nubifragi e alluvioni, il Wwf: «Per prevenire i disastri è necessario investire in natura»
Quello verificatosi nel fine settimana, denuncia il Wwf Italia, è «un disastro più che annunciato, che si ripete con sempre maggior frequenza e, soprattutto, che si accanisce con particolare violenza su alcune zone, come l’Emilia-Romagna gravemente colpita anche lo scorso anno». E la soluzione, per l’associazione ambientalista, non può che essere una: «Investire in natura». Cosa significa? Spiega il Panda: «È indispensabile ridare spazio ai fiumi recuperando aree di esondazione naturale o, laddove questo non basti o non sia possibile, realizzare adeguate casse di espansione. Tutto questo nell’ambito di piani di bacino idrografico che consentano di impostare una corretta pianificazione del territorio soprattutto in funzione della necessità di adattamento ai cambiamenti climatici».
Per il Wwf Italia è altrettanto indispensabile superare la logica emergenziale per cui ci sono Commissari al dissesto idrogeologico (i governatori regionali), Commissari alla siccità, Commissari alla depurazione delle acque: «Non è possibile pensare di ottenere risultati con una simile frammentazione di poteri». Bisogna riportare pianificazione e soprattutto programmazione in capo alle Autorità di bacino, come previsto dalle Direttive europee perché, sostiene l’associazione ambientalista, «le Regioni hanno in gran parte fallito e non hanno una visione di bacino, l’unica adeguata a una corretta prevenzione e pianificazione della risorsa idrica».
Inoltre, aggiunge il Wwf allargando lo sguardo alle attività in capo al governo nazionale, «è indispensabile che il ministero dell’Ambiente renda operativo il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) promuovendo piani strategici locali nelle aree più vulnerabili come, ad esempio, la Romagna favorendo interventi di ripristino ambientale e misure basate sulla natura (Nature based solutions) e non contro la natura per ridurre la vulnerabilità del territorio, aumentarne la resilienza e ripristinare i servizi ecosistemici. Il Pnacc invece da circa un anno, da quando è stato approvato, è stato totalmente abbandonato».
Ci sono famiglie che hanno perso tutto, ricorda il Wwf, altre che hanno la casa allagata per la seconda o terza volta in tre anni. «Il reticolo idrografico non tiene, non ha la capacità di smaltire tutta quest’acqua che si riversa con violenza a valle. Gli argini cedono e allora l’acqua non ha più ostacoli e inonda ogni cosa. Qualcuno invoca la mancanza di manutenzione dei fiumi. Ma si deve fare “buona” manutenzione, perché di “cattiva” manutenzione, costata milioni di euro, se ne è fatta anche troppa rendendo ancor più vulnerabili i nostri territori». E se il fiume Savena, nel bolognese, è uno dei tanti fiumi esondati, il Wwf ricorda che ha da tempo «denunciato i danni di una manutenzione scellerata che ha portato, ad esempio, a distruggere 12 chilometri di boschi ripariali che hanno contribuito ad aumentare la velocità dell’acqua, i fenomeni erosivi e sotto i ponti si è depositato molto più legname e ramaglia di prima degli interventi perché si sono portati via la legna “buona” lasciando la ramaglia, che oltretutto non ha trovato ostacoli (il bosco ripariale tende a raccogliere il materiale flottante) e che si è accumulata alla base dei piloni dei ponti più a valle».
Il problema è che avendo ristretto l’alveo dei fiumi, costruito ovunque (l’Emilia-Romagna ha il più alto tasso di consumo di suolo nelle aree a rischio idrogeologico), operato una manutenzione che in molti casi ha peggiorato la situazione e a fronte di piogge intense eccezionali le conseguenze devastanti sono inevitabili.
Da qui la denuncia del Wwf Italia: «Le nostre istituzioni, un po’ a tutti i livelli, a parte qualche promessa di circostanza e gli inviti/ordini a stipulare assicurazioni, non sono impegnate seriamente a favorire un adeguato adattamento del nostro territorio al clima che è cambiato. Il tempo a nostra disposizione è sempre meno e senza interventi decisi e concreti siamo destinati, purtroppo, a rivivere queste tragedie periodicamente, come un incubo, soprattutto per chi viene colpito direttamente dalle conseguenze di questi eventi». E questo, conclude l’associazione ambientalista, senza mai dimenticare che ogni nostro intervento di ripristino e buona gestione del territorio rischierebbe di essere vanificato se non ci affretteremo a rimuovere rapidamente la causa della crisi climatica provocata dalle attività umane, in primis l'uso dei combustibili fossili (carbone, gas, petrolio). «Transizione verso un mondo senza emissioni climalteranti (CO2, metano, ecc.) e adattamento al danno già fatto devono andare di pari passo».