L’Unione europea rischia di rimanere indietro nella corsa all’adattamento ai cambiamenti climatici
Secondo la nuova relazione speciale “L’adattamento ai cambiamenti climatici nell’UE – L’azione non sta al passo con l’ambizione” pubblicata dalla Corte dei conti europea, «La politica di adattamento dell’UE rischia di non stare al passo con i cambiamenti climatici, stando a una relazione pubblicata in data odierna dalla Corte dei conti europea. Gli eventi climatici estremi, quali ondate di calore, siccità e inondazioni, sono sempre più gravi e frequenti. E hanno anche pesanti ricadute economiche. Benché l’Ue disponga di un solido quadro di riferimento per fronteggiare l’impatto dei cambiamenti climatici, secondo gli auditor è l’attuazione pratica delle politiche di adattamento a porre problemi».
L’adattamento ai cambiamenti climatici non è una risposta di emergenza una tantum, bensì un insieme di misure di prevenzione, protezione e preparazione tese ad adeguarsi a eventi climatici effettivi o attesi e alle relative conseguenze. L’Ue ha pubblicato la sua prima strategia di adattamento nel 2013 e la successiva nel 2021, confermando di essere altamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Gli Stati membri decidono i loro approcci attuativi.
La Corte ricorda che «Da vent’anni a questa parte, il numero di catastrofi causate da eventi climatici e della gravità dei danni provocati ha registrato un’impennata nell’UE, come testimoniano i recenti episodi di siccità, ondate di calore e inondazioni devastanti verificatisi nel 2024. In media, nell’ultimo decennio le perdite economiche dovute a eventi climatici estremi nell’Ue sono ammontate a 26 miliardi di euro l’anno. Anche l’inazione ha un prezzo: se l’attuale economia dell’UE venisse esposta a un riscaldamento globale compreso tra 1,5 e 3° C al di sopra dei livelli preindustriali (secondo una stima prudente), si verificherebbe una perdita economica annuale compresa tra 42 e 175 miliardi di euro».
Il responsabile dell’audit per la Corte, Klaus-Heiner Lehne, ha spiegato che «Abbiamo analizzato come l’Ue stia rispondendo alla necessità urgente di adattarsi alle ricorrenti condizioni climatiche estreme. Abbiamo rilevato problemi nell’attuazione pratica delle politiche. Se l’azione dell’Ue non viene condotta meglio, le ambizioni di adattamento dell’Ue rischiano di non stare al passo con i cambiamenti climatici».
Da rapporto emerge che. nel complesso, l’Ue ha un solido quadro di riferimento per diventare resiliente ai cambiamenti climatici. La Corte ha passato al vaglio le politiche di adattamento nazionali in Francia, Estonia, Austria e Polonia, trovandole generalmente coerenti con la strategia dell’Ue. Ha però anche rilevato «Casi di dati scientifici obsoleti nei documenti delle strategie nazionali di adattamento e di costi delle misure di adattamento sottostimati oppure omessi. E’ un processo difficile recepire le politiche di adattamento dell’UE e nazionali nelle norme locali». L’indagine condotta dagli auditor presso 400 comuni degli Stati membri controllati ha scoperto che «Gli interpellati ignoravano in gran parte le strategie e i piani di adattamento ai cambiamenti climatici e non utilizzavano gli strumenti dell’Ue per tale adattamento (Climate-ADAPT, Copernicus e il Patto dei sindaci dell’UE)».
Se è vero che oltre la metà dei progetti sottoposti ad audit ha affrontato efficacemente i rischi climatici e gli auditor hanno individuato anche alcune buone pratiche, si sono però anche imbattuti in casi in cui le priorità erano in contrasto fra loro e gli obiettivi di adattamento ai cambiamenti climatici dovevano coesistere con altri obiettivi quali la competitività o lo sviluppo regionale. Ad esempio, dicono di aver rinvenuto «Progetti che rispondevano alla necessità di una maggiore irrigazione ma che rischiavano di aumentare i consumi idrici complessivi o un progetto di protezione dalle inondazioni che prevedeva ancora il rilascio di concessioni edilizie per nuove abitazioni nella stessa area a rischio». Hanno rilevato persino «Due progetti che possono portare al cosiddetto maladattamento, cioè a un aumento – anziché a una riduzione – della vulnerabilità o dell’esposizione ai cambiamenti climatici».
Tra gli esempi di maladattamento la Corte dei conti europea cita «La promozione dell’irrigazione per colture ad alta intensità idrica invece di passare a quelle a minore intensità, oppure l’investimento in cannoni per l’innevamento artificiale (seppur energeticamente più efficienti) invece di concentrarsi sul turismo durante tutto l’anno. Inoltre, alcuni progetti (come il ripascimento, ossia l’aggiunta di sabbia nelle spiagge) offrono una soluzione di adattamento solo a breve termine».
Quanto all’assegnazione delle risorse, l’adattamento è una politica trasversale e quindi i finanziamenti dell’Ue per realizzarla provengono da varie fonti dell’Unione, connesse ad esempio all’agricoltura, alla coesione e alla ricerca. «Diventa così più complicato – fa notare il rapporto - assicurare il monitoraggio di questi finanziamenti. Le relazioni sull’adattamento vanno migliorate: infatti, secondo gli auditor, allo stato attuale non consentono di valutare i progressi compiuti dagli Stati membri nell’adattamento ai cambiamenti climatici, in quanto sono in gran parte descrittive e sprovviste di dati quantificabili».