
«Ci volete seppellire ma noi siamo semi»: i cortei di Fridays for future tornano a sfilare

A Milano, Torino, Bari, Palermo, Taranto, Genova, Firenze e in tante altre città italiane. Le ragazze e i ragazzi di Fridays for future sono tornati a sfilare. A Roma, al grido di «il futuro lo costruiamo insieme, adesso» è partito da piazza Vittorio Emanuele il corteo organizzato per lo sciopero globale per il clima, che si è concluso ai Fori Imperiali. Molti cartelli e slogan contro il riarmo e le poche risorse destinate invece alle misure per la tutela ambientale.
«Ci volete seppellire ma siamo semi», è la scritta sul grande striscione verde piazzato in testa al corteo, dietro al camion, mentre un grande gonfiabile a forma di pianeta Terra viene fatto rotolare dalle ragazze e dai ragazzi scesi in piazza.
Intorno i manifestanti sventolano bandiere verdi con la scritta «Piantatela». E poi «Non c'è transizione senza rivoluzione», «Ue e Meloni nemici dell'ambiente», si legge su alcuni cartelli.
In corteo anche Marevivo e le organizzazioni studentesche e universitarie come Osa e Cambiare Rotta. Per Marzio Chirico, rappresentante di Fridays for Future Italia, la questione climatica «è passata in secondo piano e a maggior ragione per questo manifestiamo, per far ricordare che c'è anche la questione climatica, ambientale che è connessa a quella delle guerre perché le guerre inquinano, devastano territori».
E in piazza sono scesi esponenti anche della Cgil, perché «la mobilitazione per una giusta transizione è necessaria più che mai». Dice il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari: «La crisi climatica avanza pericolosamente spinta dall'inazione dei governi. Il contesto internazionale è segnato progressivamente da guerre, messa in discussione del multilateralismo, tensioni geopolitiche e crisi democratica; si allargano le disuguaglianze e i diritti umani e del lavoro sono sotto attacco. L'Europa sta sostituendo il Green deal e il Fit for 55%, programmi per ridurre le emissioni del 55% al 2030, con una strategia che punta esplicitamente alla riconversione dell'economia continentale in un'economia di guerra. Per noi è invece necessario rimettere al centro dell'agenda politica il clima, il lavoro, la pace e il disarmo, attraverso una giusta transizione che davvero non lasci nessuno indietro, superando disuguaglianze, iniquità e discriminazioni e tutelando il benessere del pianeta e delle persone, i diritti umani e del lavoro».
