Skip to main content

Gli ambientalisti contro l’informazione e la politica che non uniscono i puntini

L’Italia degli eventi meteo estremi, quest’anno sono già 1.899. Wwf: servono fondi in legge di Bilancio

Midulla: «Governo e Confindustria parlano di tutt’altro e addirittura si permettono di sprecare soldi per opere inutili e false soluzioni, per esempio il Ponte sullo Stretto e il nucleare»
 |  Crisi climatica e adattamento

Lungo ampie aree del Paese anche oggi è una giornata d’allerta meteo, con piogge torrenziali che s’accompagnano a nuovi e fondati timori di dissesto idrogeologico. Si tratta di una nuova normalità cui non possiamo rassegnarci, perché incompatibile con qualsiasi prospettiva di sviluppo sostenibile: basti osservare che, solo negli ultimi due anni, le 4 maggiori alluvioni che hanno colpito l’Italia – alternandosi a fasi di siccità sempre più intense, entrambe facce della stessa crisi climatica alimentata dai combustibili fossili – hanno provocato danni per 16 miliardi di euro.

Ma dietro alla cronaca delle alluvioni maggiori si nasconde molto di più: come informa oggi il Wwf mettendo a sistema i dati raccolti dall’Osservatorio dell’Anbi – l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica – dall’inizio del 2024 in Italia si contano 1.899 eventi estremi, tra cui 212 tornado, 1.023 nubifragi e 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni.

«L’informazione in Italia non affronta seriamente il problema della crisi climatica, non unisce i puntini – accusa il Panda nazionale – non dà il senso delle conseguenze già in atto e del ritardo dell’azione per cercare di non far progredire il caos climatico di cui hanno interamente responsabilità le attività umane, a partire dall’uso dei combustibili fossili, e per affrontare l’enorme danno ormai provocato attraverso l’adattamento».

Eppure è “un fatto assodato che le emissioni di gas serra indotte dall'uomo hanno portato a un aumento della frequenza e/o dell'intensità di alcuni fenomeni meteorologici e climatici estremi rispetto all'epoca preindustriale”, come mette nero su bianco il sesto Rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), pubblicato ormai nel 2021. Chi pensa che la transizione ecologica sia troppo costosa, forse è perché non ha chiari i costi dell’inazione: messi insieme a livello globale, gli eventi estremi hanno causato, tra il 1970 e il 2021, più di 2 milioni di morti e perdite economiche che sfiorano i 4mila miliardi di euro.

Continuando a emettere gas serra in atmosfera, questa dinamica continuerà a peggiorare, accelerando ulteriormente. L’Ipcc prevede che con l’incremento della temperatura media globale, c’è il rischio di un aumento esponenziale degli eventi estremi una volta rari: “Con l'aumento del riscaldamento globale, alcuni eventi poco probabili nei climi passati e attuali diventeranno più frequenti e vi è una maggiore possibilità che si verifichino eventi e imprevedibili storicamente senza precedenti”.

Che fare? La risposta è sempre la stessa: in Italia dobbiamo perseguire seriamente la transizione verso un’energia e un’economia decarbonizzate, nonché attuare il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), approvato con merito dal Governo Meloni solo per chiuderlo poi in un cassetto, senza governance né fondi.

«Il Piano nazionale integrato clima ed energia (Pniec) – aggiunge Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e energia del Wwf Italia – non persegue seriamente  né l’abbattimento delle emissioni climalteranti, né la transizione fuori dai combustibili fossili e gli obiettivi di triplicare le fonti energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica, decisi dalla Cop28 a Dubai lo scorso anno. Il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (Pnacc) è stato approvato finalmente alla fine dello scorso anno, ma poi è stato messo in un cassetto, non se ne sente più nemmeno parlare. Il documento di bilancio dovrebbe essere un’occasione per programmare gli investimenti nella transizione verso una nuova economia e per ridisegnare il territorio e le attività economiche alla luce dei nuovi rischi del cambiamento climatico, e invece Governo e Confindustria parlano di tutt’altro e addirittura si permettono di sprecare soldi per opere inutili e false soluzioni, per esempio il Ponte sullo Stretto e il nucleare. Le persone in tutto il mondo sono sempre più preoccupate, non solo per la crisi climatica, ma anche per la subordinazione della politica per l’incapacità di governare la transizione e l’adattamento. Bisogna investire nella prosperità, bisogna lavorare duro e cooperare per riuscire ad assicurarla a noi e ai nostri figli».

Quanti investimenti servirebbero in legge di Bilancio? Limitando il calcolo agli investimenti necessari a Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, in grado di affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, in base alla proposta elaborata dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) si parla di 17,7 mld di euro l’anno per un decennio. Già oggi spendiamo 7 mld di euro all’anno di risorse pubbliche e private (da tariffa) per la gestione di tutti gli aspetti idrici, mentre ne servirebbero 10 in più. Devono arrivare dai bilanci dello Stato, o continueremo a pagare i danni da eventi meteo estremi anziché investire per migliorare la qualità di vita dei cittadini.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.