L'approvvigionamento globale di legname è minacciato dall’agricoltura
Lo studio “Climate change will exacerbate land conflict between agriculture and timber production” Pubblicato su Nature Climate Change da Christopher Bousfield, Oscar Morton e David Edwards del Department of plant sciences e Centre for Global Wood Security dell'università di Cambridge, ha scoperto un problema incombente: «Man mano che la terra adatta a produrre il nostro cibo si sposta verso nord, si ridurrà la terra di cui abbiamo bisogno per far crescere gli alberi. Il legname prodotto da questi alberi è la base di gran parte della vita moderna, dalla carta e dal cartone ai mobili e agli edifici».
I ricercatori sostengono che la crescente competizione tra terreni per la produzione di legname e la produzione alimentare dovuta al cambiamento climatico sia stata finora trascurata, ma avvertono che è destinata a diventare un problema emergente man mano che la nostra domanda di cibo e legname continua ad aumentare.
Lo studio ha rilevato che «Nello scenario peggiore per il cambiamento climatico, in cui non si interviene per decarbonizzare la società, oltre un quarto dei terreni forestali esistenti (circa 320 milioni di ettari, equivalenti alle dimensioni dell'India) diventeranno più adatti all'agricoltura entro la fine del secolo».
Attualmente, la maggior parte delle foreste per la produzione di legname si trova nell'emisfero settentrionale, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada, in Cina e in Russia. Lo studio ha scoperto che «Il 90% di tutti i terreni forestali attuali che diventeranno produttivi dal punto di vista agricolo entro il 2100 si troveranno in questi 4 Paesi. In particolare, decine di milioni di ettari di terreni destinati alla produzione di legname in tutta la Russia diventeranno nuovamente adatti all'agricoltura, più di quelli degli Stati Uniti, del Canada e della Cina messi insieme, con condizioni favorevoli per la coltivazione di patate, soia e grano».
E’ il sogno – o l’incubo – dei benefici del cambiamento climatico evocati più volte da Vladimir Putin che sogna una Russia che non ha più bisogno di pellicce, che coltiva grano in Siberia e che naviga ed estrae petrolio, gas e minerali nell’Oceano Artico libero dai ghiacci.
Morton fa notare che «C'è solo un'area limitata di terra adatta sul pianeta dove possiamo produrre cibo e legname, due risorse essenziali per la società. Con il peggioramento del cambiamento climatico e l'espansione dell'agricoltura verso nord, la pressione sulla produzione di legname aumenterà».
Bousfield avverte che «Dobbiamo pensare a cinquant'anni in anticipo perché se vogliamo legname in futuro, dobbiamo piantarlo ora. Gli alberi che saranno tagliati entro la fine di questo secolo sono già nel terreno: hanno cicli molto più lenti delle colture alimentari.
Si prevede che entro il 2050, con la crescita della popolazione e una sua maggiore ricchezza, la domanda globale di cibo raddoppierà e lo stesso farà la domanda globale di legno, in gran parte perché è un'alternativa low-carbon al cemento e all'acciaio per l'edilizia. I ricercatori evidenziano che «Spostare la produzione di legname nelle zone più profonde delle foreste boreali o tropicali non è una soluzione praticabile, perché gli alberi in quelle regioni sono rimasti intatti per migliaia di anni e il loro abbattimento libererebbe enormi quantità di carbonio e minaccerebbe la biodiversità».
Edwards sottolinea che «Un rischio ambientale importante della crescente competizione per la terra tra agricoltura e selvicoltura è che la produzione di legname si sposti nelle aree rimanenti di foresta primaria all'interno delle zone tropicali o boreali. Questi sono gli epicentri della rimanente natura selvaggia globale e e le foreste tropicali incontaminate sono i luoghi con la maggiore biodiversità sulla Terra. E’ fondamentale impedire un'ulteriore espansione».
I ricercatori sono arrivati a questi risultati grazie a dati satellitari sulla silvicoltura intensiva in tutto il mondo che poi hanno sovrapposto, in vari scenari di cambiamento climatico, alle previsioni sui terreni agricoli adatti alle colture principali del mondo, tra cui riso, grano, mais, soia e patate, in futuro e dicono che «Anche nello scenario migliore, in cui il mondo raggiunge gli obiettivi emissioni net zero, in futuro si verificheranno comunque cambiamenti significativi nelle regioni adatte alla produzione di legname e colture».
A livello globale, la produzione di legname contribuisce per oltre 1,5 trilioni di dollari all'anno alle economie nazionali. Le recenti ondate di caldo che fanno aumentare gli incendi boschivi associati hanno causato enormi perdite di foreste di legname in tutto il mondo. Il cambiamento climatico sta anche determinando la diffusione di parassiti come il coleottero della corteccia, che attacca gli alberi. Inoltre, il cambiamento climatico farà sì che le aree tropicali diventino troppo calde e inospitali per la coltivazione di cibo e vaste aree dell'Europa meridionale diventeranno molto meno adatte alla produzione di cibo e di legname.
Bousfield conferma: «Il cambiamento climatico sta già causando problemi alla produzione di legname. Ora, oltre a ciò, ci sarà questa maggiore pressione da parte dell'agricoltura, creando una tempesta perfetta di problemi»
Morton conclude: «Garantire la nostra futura fornitura di legname potrebbe non sembrare così urgente come garantire il cibo di cui abbiamo bisogno per mangiare e sopravvivere. Ma il legno è altrettanto integrato nella nostra vita quotidiana e dobbiamo sviluppare strategie per garantire in futuro sia la sicurezza alimentare che quella del legname».