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L’interrogazione urgente M5S/la Sinistra e la risposta della commissaria alla Coesione Ferreira

Né acqua né risorse, ma soprattutto in Sicilia manca un piano contro la siccità. E ora si apre un caso con l'Ue

La Commissione europea: sarebbero disponibili fondi comunitari per far fronte alla drammatica situazione dell’Isola, ma né il governo Meloni né la giunta Schifani li hanno chiesti
 |  Crisi climatica e adattamento

Non c’è acqua in Sicilia. Ma, soprattutto, non c’è un piano per affrontare il problema. Da mesi la giunta guidata da Renato Schifani procede in modo ondivago, senza mettere in campo azioni davvero efficaci contro la siccità. Risorse economiche per far fronte alla drammatica situazione che da mesi attanaglia l’Isola ci sarebbero, ma non vengono sfruttate come si dovrebbe. O addirittura, neanche vengono chieste. Né dal governo nazionale né da quello regionale. Tant’è vero che ora si è aperto anche un caso con l’Unione europea, quella stessa che Schifani aveva tirato in ballo alle porte dell’estate per far fronte ai problemi del territorio che governa. 

La giunta siciliana di centrodestra, dopo aver dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura nel mese di febbraio, approvato a marzo una delibera che estendeva lo stato di crisi fino al 31 dicembre 2024 e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza nel mese di maggio, a giugno aveva chiesto a Bruxelles, di «riconoscere le condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali a tutto il territorio della Sicilia ai sensi del regolamento Ue 2021/2116». Così il governatore della Sicilia aveva motivato la decisione: «La situazione di estrema gravità che ci troviamo ad affrontare ci impone questo ulteriore passo per sostenere le nostre aziende agricole e gli allevamenti. Il mio governo è impegnato su più fronti per contrastare la mancanza d’acqua, ma è necessario che tutte le istituzioni, comprese quelle europee, dimostrino concretamente attenzione e sensibilità per una emergenza che va affrontata in modo corale».

Mentre l’estate sta per finire, archiviata una stagione drammatica per imprese, agricoltori e famiglie siciliane, viene fuori che da parte di Bruxelles ci sarebbe anche la disponibilità a far arrivare nuovi fondi da investire in misure contro la siccità, ma dall’Italia non è mai partita la richiesta. 

L’incongruenza emerge da un’interrogazione urgente che, nel mese di luglio, l’europarlamentare Giuseppe Antoci (M5S/la Sinistra) ha rivolto alla Commissione europea. L’ex presidente del Parco dei Nebrodi ha posto all’organismo comunitario, tra l’altro, queste due questioni: la prima, «quali misure finanziarie potrebbe impegnare per sostenere la Sicilia nella gestione dell’emergenza idrica?»; la seconda, «il governo italiano ha chiesto l’attivazione del Fondo di solidarietà dell’Ue per l’emergenza idrica siciliana e quante risorse sono state richieste?»

Ebbene, dalla risposta a questa interrogazione urgente viene fuori che né dal governo Meloni né dalla Regione Sicilia è arrivata la richiesta di accedere ai consueti canali di finanziamento europei o di attivare il Fondo di solidarietà dell’Ue (Eufs), che sarebbe stato un ottimo strumento per contribuire a contrastare gli effetti provocati da questi mesi di siccità che hanno provocato ingenti danni economici alle aziende del territorio e costretto intere città a ricevere l’acqua razionata anche una sola volta ogni 18 giorni

A mettere nero su bianco la mancanza di una richiesta è stata la commissaria Ue per la Coesione e le riforme Elisa Ferreira, che rispondendo all’interrogazione dell’europarlamentare M5S/la Sinistra ha spiegato che benché la Commissione europea ha tra le proprie prerogative quella di aiutare i territori comunitari che attraversano determinate in difficoltà mediante il ricorso all’Eufs, «al 6 agosto 2024 l’Italia non ha attivato il Fondo per affrontare la situazione in Sicilia». Non solo. Il nostro Paese potrebbe garantirsi il sostegno economico dell’Ue anche attraverso altri canali di aiuto finanziario, come ad esempio il programma Life dedicato alle operazioni di desalinizzazione delle acque marine o le misure previste dalla Politica agricola comune (Pac), tra le quali figurano «strumenti per la gestione del rischio in caso di condizioni meteorologiche avverse». Ma né il governo nazionale guidato da Meloni né quello regionale siciliano guidato da Schifani lo hanno fatto. Forse perché, come sottolinea la commissaria Ue Ferreira, per poter usufruire di questi fondi il soggetto beneficiario deve garantire la realizzazione di interventi strutturali «volti a garantire un approvvigionamento idrico sufficiente che soddisfano i criteri di ammissibilità e i requisiti in materia di acqua e ambiente»? Il dubbio, considerato il modo in cui in Sicilia la risorsa idrica è stata in passato ed è tuttora gestita, è lecito.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.