ll cambiamento climatico è il principale fattore di insicurezza alimentare e malnutrizione
Il nuovo drammatico rapporto “The State of Food Security and Nutrition in the World 2024 - Financing to end hunger, food insecurity and malnutrition in all its forms” (SOFI) pubblicato da 5 Agenzie Onu, sta sollevando molti commenti allarmati tra le ONG che si occupano di assistenza umanitaria e sembra l’impietosa conferma di quello che denunciano da anni: una tragedia diffusa e invisibile che riguarda un essere umano su 11 e che una comunità mondiale distratta da guerre e rivalità geopolitiche non sembra voler vedere.
Simone Garroni, direttore esecutivo di Azione contro la Fame, sottolinea che «Conflitti, cambiamenti climatici e disuguaglianze croniche sono i principali fattori alla base dell'insicurezza alimentare. La buona notizia è che la comunità internazionale ha gli strumenti e le conoscenze per prevenire la fame per tutti, per sempre. Tuttavia, se non colmiamo il crescente divario tra i bisogni delle comunità e i finanziamenti disponibili, questa crisi evitabile continuerà».
Azione contro la Fame ricorda che «Nonostante il mondo produca cibo a sufficienza per tutti, ogni anno muoiono quasi 2,5 milioni di bambini malnutriti. Soddisfare le esigenze nutrizionali, soprattutto in giovane età, è fondamentale per lo sviluppo mentale e fisico. Una buona alimentazione è fondamentale anche per realizzare altre priorità globali, tra cui l'istruzione, la salute e la crescita economica»
Garroni evidenzia proprio il tema al centro del SOFI 2024: «I finanziamenti per i programmi di assistenza alla fame non dovrebbero essere considerati un costo, ma un investimento per la sicurezza a lungo termine della nostra comunità globale. Il rapporto SOFI chiarisce che il nostro attuale sistema alimentare è insostenibile. Abbiamo bisogno di un afflusso rapido e sostenuto di fondi per programmi multidimensionali che affrontino il nesso tra fame, clima, conflitti e genere. Le persone più vulnerabili contano su di noi» i, in particolare quella ambientale: il cambiamento climatico è stato il principale fattore di insicurezza alimentare e malnutrizione nel 2023.
Olivier De Schutter, special rapporteur Onu sulla povertà estrema e i diritti umani e co-chair dell’International Panel of Experts on Sustainable Food Systems (IPES-Food) ha fatto notare che «Questi dati sulla fame sono un importante campanello d'allarme. La fame nel mondo rimane catastroficamente alta, con 733 milioni di persone che vanno a letto affamate ogni giorno - il 36% in più rispetto a dieci anni fa. Inoltre, 2,8 miliardi di persone non sono in grado di permettersi una dieta sana, il che significa che per uno su tre i salari sono troppo bassi o la protezione sociale troppo debole per avere un'alimentazione adeguata. Il sistema alimentare industriale globale è disastrosamente vulnerabile ai crescenti shock climatici, ai conflitti e all'economia, con i cambiamenti climatici che si abbattono sempre più sugli agricoltori. Costruire sistemi alimentari resistenti al clima è ora una questione di vita o di morte. Così come la creazione di piani di protezione sociale e la garanzia di salari di sussistenza per i lavoratori. Abbiamo un disperato bisogno di una nuova ricetta per affrontare la fame, basata su una produzione alimentare agro-ecologica diversificata e su mercati alimentari localizzati, invece che su catene alimentari industriali globali, e su schemi di protezione sociale che garantiscano il diritto al cibo per i più poveri del mondo».
Secondo Elizabeth Nsimalda, presidente dell’ Eastern Africa Farmers Federation che rappresentante 25 milioni di produttori, «Il rapporto della Fao è chiaro: stiamo perdendo la battaglia contro la fame, soprattutto nelle comunità rurali dove molte delle persone che producono il cibo che mangiamo non sono in grado di nutrire se stesse e le loro famiglie. Se vogliamo porre fine alla fame, è fondamentale garantire agli agricoltori familiari una vita dignitosa e aiutarli ad adattarsi a un clima sempre più estremo ed erratico. Solo lo 0,3% dei finanziamenti internazionali per il clima è stato destinato ai piccoli produttori nel 2021. E’ urgente indirizzare le risorse dove contano di più, cioè verso i produttori».