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Case green, servono 83 miliardi per tagliare il 7% di emissioni in cinque anni come chiede l’Ue
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Primo dato: il 54% delle abitazioni italiane appartiene alle classi energetiche con le performance peggiori (classi F e G). Secondo dato: oltre la metà dell’obiettivo fissato dalla direttiva Case Green dell’Unione europea per il settore residenziale (16%) è già stato conseguito grazie agli interventi di riqualificazione energetica favoriti dagli incentivi fiscali messi in atto dal 2020 al 2023 (Superbonus 110%, Ecobonus, Bonus Casa, Bonus Facciate). Tali interventi hanno consentito infatti di ottenere l’8,9% di risparmio energetico e rimane pertanto da conseguire un ulteriore risparmio del 7,1% dei consumi energetici entro il 2030. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Vediamo nel dettaglio quel che evidenzia l’analisi condotta da Nomisma per conto di Rockwoolcol titolo "Direttiva EPBD, un’opportunità di rilancio per il Sistema Paese", da cui sono presi quei due dati.
L’indagine parte dal fatto che la casa rappresenta una leva cruciale per la transizione ecologica, soprattutto in considerazione della forte dipendenza dell’Italia dalle importazioni di fonti energetiche da paesi esteri, che coprono il 75% del fabbisogno energetico nazionale. Nonostante i progressi compiuti grazie ai bonus edilizi stanziati dal governo italiano tra il 2020 e il 2023, viene sottolineato, il quadro manutentivo degli immobili residenziali in Italia risulta ancora piuttosto obsoleto ed energivoro. Secondo i dati aggiornati a maggio 2024, oltre la metà delle abitazioni italiane è in classe F e G. Non solo: nella zona climatica D, la percentuale di abitazioni con le prestazioni peggiori raggiunge il 65%, incidendo sui consumi energetici del settore residenziale.
L’aspetto positivo è appunto che oltre la metà dell’obiettivo fissato dalla direttiva Case Green è stato raggiunto, ma servono ancora un bel po’ di soldi per arrivare al target stabilito. Secondo i calcoli di Nomisma, infatti, è necessario un ulteriore investimento di 83,4 miliardi di euro in interventi di riqualificazione, sia completi che di sola sostituzione di impianti, affinché si riesca a raggiungere l’obiettivo Ue in 5 anni intervenendo su circa il 10% degli edifici residenziali.
Per sostenere questi investimenti, eventualmente sarà indispensabile un mix di risorse pubbliche e private in modo da ridurre quanto più possibile l'impatto sulle casse dello Stato.
Sul totale degli 83,4 miliardi, si stima che la spesa media per unità immobiliare ammonterebbe a 24.846 euro, variando da 15.000 euro per un’abitazione in un grande condominio a 42 mila euro per un edificio unifamiliare.
Gli interventi necessari per conseguire gli obiettivi della Direttiva permetteranno di ridurre le emissioni atmosferiche di 3,2 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, pari al 7% delle emissioni di CO2 dell’intero settore residenziale. Inoltre, si otterrebbe un risparmio medio del 36% in termini di bolletta energetica per unità immobiliare, con risparmi che variano da 390 euro l’anno per le case situate nelle zone climatiche più calde fino a 1.241 euro l’anno per le abitazioni nelle zone più fredde d’Italia.
«La Direttiva Case Green rappresenta per l’Italia un’opportunità di riqualificare parte del patrimonio residenziale nazionale, ancora oggi piuttosto obsoleto ed energivoro rispetto ad altre nazioni europee, utilizzando materiali sostenibili e già presenti in natura come la lana di roccia, che consente di ottenere ottimi risultati in termini di isolamento termico e acustico degli edifici nel lungo periodo, garantendo al contempo una sicurezza antincendio delle abitazioni», ha dichiarato Federico Castelli, amministratore delegato di Rockwool Italia. «Riteniamo che grazie a un buon mix di investimenti pubblici e privati, l’obiettivo di ridurre del 16% le emissioni entro il 2030, considerato che metà percorso è già stato fatto, sia perfettamente raggiungibile e sostenibile a livello di costi annui».
«Gli obiettivi della direttiva Case Green rappresentano un’occasione non solo per riqualificare parte del patrimonio residenziale italiano e ridurre le emissioni atmosferiche, ma al contempo possono contribuire a dare un impulso a tutta la filiera delle costruzioni, dalle imprese di produzione e installazione di impianti alle aziende che realizzano interventi strutturali sull’involucro degli edifici, con conseguenti benefici economici anche per le casse dello stato, grazie alle entrate fiscali derivanti da tali investimenti», hanno dichiarato Johnny Marzialetti e Barbara Da Rin, Senior Project Manager di Nomisma, che hanno aggiunto: «Inoltre, le famiglie che decidono di riqualificare la propria abitazione possono beneficiare da subito di un risparmio economico in termini di bolletta energetica, nonché di un apprezzamento di valore del proprio immobile che rappresenta una sorta di protezione rispetto alla svalutazione che investe gli edifici che non garantiscono le prestazioni energetiche richieste ormai sempre più spesso dalla domanda abitativa».
Tra l’altro, secondo dati di uno studio realizzato Symbola Cresme, il patrimonio edilizio italiano è il più grande d’Europa con 599 abitazioni per 1.000 abitanti rispetto a una media europea di 506. E secondo un’indagine ENEA si calcola un totale di 12 milioni di edifici residenziali (88%), rispetto a 1 milione e mezzo di edifici pubblici (pari all’11,9%). Il 46,7% di queste strutture si trova in zone fredde, dove il tema dell’efficienza energetica assume un’importanza ancora maggiore. Si pensa erroneamente che questi numeri siano dovuti solo al grande peso degli edifici storici ma, come confermano i dati ISTAT quasi la metà delle costruzioni esistenti è stata edificata tra gli anni ‘50 e il 1991, anno in cui è entrata in vigore una prima normativa sull’efficienza energetica. Queste riflessioni emerse in occasione del tavolo di lavoro Changemakers and Policy Dialogue organizzato da Building Performance Institute Europe al quale hanno partecipato Cecilia Hugony, AD di Teicos e presidente di Renovate Italy, la rete italiana che raccoglie numerose realtà imprenditoriali e no profit che promuovono attività e progetti per la riqualificazione energetica del costruito e che fa riferimento a Renovate Europe.
Riqualificare il 2% degli edifici ogni anno è l’obiettivo chiesto dall’Europa per ridurre le emissioni di CO2.L’impresa edile milanese Teicos è stata l’unica azienda italiana invitata dal Building Performance Institute Europe, al tavolo di lavoro “Changemakers and Policy Dialogue” per capire come la riqualificazione energetica degli edifici possa contribuire a rispondere alle sfide climatiche e abitative del futuro. «Gli edifici italiani, a seconda della loro destinazione d’uso, hanno un consumo energetico medio compreso tra 150 e 600 kWh/m² annui», ricorda Hugony. «Gli edifici NZeb - Nearly Zero Energy Building hanno invece un consumo energetico medio pari a circa 75 kWh/m² annui. Dobbiamo lavorare per ridurre i consumi energetici e al contempo aumentare la salubrità e il comfort delle case in cui viviamo. Quando si parla di "adaptation to climate change" si intende infatti quell’insieme di misure che assicurano la salute delle persone di fronte ai cambiamenti climatici in atto (pensiamo ad esempio alle ondate di calore) e queste comprendono necessariamente gli interventi sugli spazi abitati. Su queste linee guida possiamo proseguire il percorso per la riqualificazione del nostro patrimonio edificato», prosegue Hugony, che ha presentato al Parlamento europeo la metodologia CoRen, che prevede la co-progettazione degli interventi di deep renovation insieme alla comunità condominiale, in un processo decisionale condiviso e fondato sulla comprensione del valore economico ed energetico dell’intervento. Nello specifico, questa metodologia ha permesso la delibera dei lavori in 30 edifici con una media di 3 salti di classe energetica. Tra questi vi è il condominio degli anni ‘70 in via Ca’ Granda a Milano; attualmente in lavorazione, dove già quattro delle sei torri del complesso condominiale di 30mila metri quadri hanno ottenuto un salto di classe dalla F alla C. Alla conclusione completa dell’intervento a fine 2025. Vi sono anche diversi casi di realizzazione di interventi molto ambiziosi dove i condòmini, compreso il valore del progetto, hanno deciso di investire il massimo delle risorse per ottenere risultati straordinari. Un esempio il progetto inaugurato nel 2024 a Monza, che ha visto un risparmio energetico del 74% con un salto di 5 classi, dalla E alla A2.
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