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Il sovrappopolamento globale è scongiurato, ma lo spopolamento italiano è una minaccia grave

L’Onu anticipa il picco della transizione demografica agli anni 2080, ma oggi al nostro Paese servono strategie di “neopopolamento” a partire dalle montagne
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L’ultima edizione del rapporto dell’Onu che monitora la demografia mondiale, il “World Population Prospects” ci annuncia alcune novità interessanti. La prima è che l’esplosione demografica del pianeta, che ha raggiunto gli 8,2 miliardi di persone, sembra destinata a rallentare perché si cresce sempre un po' meno di quanto atteso a causa del crollo del tasso di fertilità. Il record della popolazione mondiale sarà raggiunto a metà degli anni 2080, quando sulla Terra abiteranno 10,3 miliardi di persone, ma da allora in poi inizierà una graduale discesa.

Per mantenere una popolazione costante il numero medio di figli per donna in età feconda dovrebbe essere pari a 2,1, mentre oggi 131 Paesi sono già sotto la soglia limite. L’Italia è il Paese con il tasso di fertilità più basso d’Europa (1,21), nel mondo davanti solo a Cina (1,18) e Corea del Sud (0,73). Il picco demografico più precoce – scrivono le Nazioni Unite – è un'opportunità perché scongiura il pericolo di sovrappopolamento, e al tempo stesso costringe a mettere le basi per modelli di sviluppo e consumo più sostenibili.

La seconda novità ci riguarda direttamente ed è l’allarme dell’Onu per i Paesi con una crisi demografica accentuata, che provocherà effetti devastanti a causa della mancanza di ricambio della forza lavoro. L’Italia infatti, dopo aver raggiunto la punta massima nel 2014 con 60,6 milioni di abitanti, in 10 anni ne ha perso 1 milione, e la prospettiva a 30 anni è di scendere a 50 milioni.

Il Rapporto Onu suggerisce ai Paesi in crisi demografica di attivare da subito strategie di contrasto. Quello della lotta allo spopolamento è un tema presente da tempo nel dibattito nazionale; la Strategia per le aree interne (Snai), per la quale il ministro Foti ha annunciato di recente una drastica revisione, aveva nel contrasto all’abbandono del territorio l’obiettivo principale. È interessante evidenziare come le proposte avanzate dall’Onu nel rapporto siano molto vicine a quelle discusse nel Festival della soft economy a Treia nel 2023 dal titolo “La sfida territoriale - geografie e strategie contro le crisi climatica e demografica”.

In quella sede si avviò un dibattito sul legame tra crisi demografica e crisi climatiche che individua in un ritorno alla “centralità geografica” della montagna - già richiamata nel “Manifesto di Camaldoli” - e conseguentemente della sua “centralità politica”, per un ambizioso programma centrato sull’economia circolare in grado di realizzare quelle azioni di adattamento/mitigazione necessarie a contrastare la crisi climatica, attraverso politiche di “neopopolamento”.

Una proposta rilanciata nell’edizione dello scorso anno sempre a Treia, in particolare dal Segretario generale di Symbola Fabio Renzi: Il progressivo invecchiamento e indebolimento sociale, demografico ed economico delle comunità che risiedono in questi territori, la loro progressiva evaporazione nell’arco temporale di qualche decennio, evidenzia una drammatica contraddizione: il rischio del definitivo abbandono e spopolamento proprio laddove ci sarà più bisogno di abitanti residenti, di comunità vitali ed operose, di presìdi e istituzioni locali capaci di realizzare le azioni di adattamento e le economie di mitigazione necessarie a contrastare la crisi climatica, in grado di garantire sicurezza, vigilanza, monitoraggio, cura e manutenzione del territorio e l’erogazione dei servizi ecosistemici.

Un “neopopolamento” costituito, secondo Fabio Renzi, dall’incontro di tre tipi di comunità: quelle dei residenti, spesso anziani ma fondamentali per assicurare la continuità del presidio territoriale, quelle dei giovani richiamati da un messaggio contemporaneo legato all’ambiente e alle innovazioni, e quelle che possono venire da una gestione lungimirante e inclusiva degli immigrati.

Stesse identiche considerazioni presenti nel rapporto dell’Onu, che per combattere la crisi demografica auspica un coinvolgimento delle categorie oggi escluse, a partire dai pensionati che possono ancora dare un contributo al mondo del lavoro, l’implementazione tecnologica per aumentare la produttività (robotica, automazione e intelligenza artificiale) che possa attrarre le nuove generazioni, e una buona gestione dei flussi migratori.

Il rapporto dell’Onu non chiama questa strategia “neopopolamento”, ma se chi l’ha sviluppata avesse partecipato ai dibattiti a Treia negli ultimi due anni, probabilmente avrebbe usato lo stesso termine per un concetto identico.

Paolo Pigliacelli

Si è occupato di gestione di aree naturali protette con ruoli esecutivi in diversi parchi. È stato responsabile del dipartimento progetti della Federparchi ricoprendo posizioni nella IUCN e per Europarc. Ha realizzato numerosi progetti nazionali e internazionali su biodiversità, turismo, agricoltura, mobilità e efficacia di gestione. Attualmente collabora con enti e istituzioni per iniziative sulle politiche territoriali e per misure sull’imprenditorialità locale. È esperto specialista per la Struttura Commissariale Sisma 2016 e collaboratore di Invitalia per il PNRR.