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La domanda sullo sfondo: a cosa servono e come verranno spesi gli annunciati 800 miliardi?

Armi: cresce il dominio Usa nel mercato globale, importazioni europee a +155%

A pochi giorni dall’annuncio del programma RearmEu, l’Istituto internazionale per la pace di Stoccolma pubblica l’ultimo report riguardante il settore: nel periodo 2020-2024 gli Stati Uniti sono arrivati a coprire il 43% della quota totale, l’Ucraina è diventato il più grande importatore al mondo
 |  Approfondimenti

Esattamente un anno fa, lo Stockholm international peace research institute (Sipri) aveva già diffuso un dettagliato report da cui emergeva che gli Stati europei hanno quasi raddoppiato le loro importazioni di armi (+94%) nel confronto quinquennale 2014-2018 e 2019-2023: circa il 55% delle importazioni di armi da parte dei Paesi europei nel periodo 2019-23, veniva anche sottolineato, è stato fornito dagli Stati Uniti, in aumento rispetto al 35% del quinquennio 2014-18. «Più della metà delle importazioni di armi da parte degli Stati europei proviene dagli Stati Uniti», sottolineava il direttore del Sipri Dan Smith, spiegando che «sono molti i fattori che influenzano le decisioni degli Stati europei della Nato di importare dagli Usa, tra cui l’obiettivo di mantenere le relazioni transatlantiche e le questioni più tecniche, militari e di costo. Se le relazioni transatlantiche dovessero cambiare nei prossimi anni, anche le politiche di approvvigionamento di armi degli Stati europei potrebbero essere modificate». Scenario possibile? È presto per dirlo, ma per ora quel che è certo è che le esportazioni di armi statunitensi sono cresciute del 17% nel quinquennio ’19-23, quando la loro quota sul totale delle esportazioni di armi a livello globale è passata dal 34% al 42%. Non solo. Nel periodo 2019-23, gli Stati Uniti hanno consegnato armi a 107 Stati, un numero superiore a qualsiasi altro quinquennio precedente e di gran lunga superiore a qualsiasi altro esportatore di armi. E questi record sono stati battuti lo scorso anno.

Rispetto a marzo 2024 ci sono due novità: la prima è la messa a disposizione da parte del Sipri dell’ultimo report sul trasferimento di armi da nazione a nazione; la seconda è il lancio di RearmEu da parte della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, un programma di riarmo da 800 miliardi di euro, comprendente tra l’altro la proposta di un apposito fondo comune da 150 miliardi di euro, dunque ben più sostanzioso di quello previsto per il Clean industrial deal, che prevede 100 miliardi per le imprese, tutti comunque ancora da trovare. Siamo entrati in una nuova fase storica, viene sostenuto da più parti, e di fronte alla linea adottata dall’amministrazione Trump è dunque giusto che gli Stati europei investano una più alta percentuale del Pil nel settore difesa. Quanto più alta e, soprattutto, a cosa serviranno concretamente quegli 800 miliardi annunciati da Bruxelles al momento è tutt’altro che chiaro. Mentre altri fattori sono decisamente più chiari. E a evidenziarli è appunto l’ultimo report dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma.

L’Ucraina è diventata il più grande importatore mondiale di armi nel periodo 2020-24, con un aumento delle importazioni di quasi 100 volte rispetto al periodo 2015-19. Alla base del dato c’è ovviamente la guerra. Le importazioni europee di armi sono cresciute complessivamente del 155% nello stesso periodo, sempre in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e da ultimo all’incertezza sul futuro della politica estera degli Stati Uniti. Secondo i nuovi dati sui trasferimenti internazionali di armi pubblicati dall’istituto internazionale indipendente, gli Stati Uniti hanno ulteriormente aumentato la loro quota di esportazioni di armi a livello mondiale, raggiungendo ora il 43% del totale, mentre le esportazioni della Russia sono diminuite del 64%. Si legge nel documento: «I primi 10 esportatori di armi nel 2020-24 sono gli stessi del 2015-19, ma la Russia (che rappresenta il 7,8% delle esportazioni globali di armi) è scesa al terzo posto dietro la Francia (9,6%), mentre l’Italia (4,8%) è passata dal decimo al sesto posto». E poi: «Almeno 35 Stati hanno inviato armi all’Ucraina dopo l’invasione su larga scala da parte della Russia nel 2022, e altre consistenti consegne sono in programma. L’Ucraina ha ricevuto l’8,8% delle importazioni di armi a livello mondiale nel periodo 2020-24. La maggior parte delle principali armi fornite all’Ucraina proveniva dagli Stati Uniti (45%), seguiti da Germania (12%) e Polonia (11%). L’Ucraina è stato l’unico Stato europeo tra i primi 10 importatori nel periodo 2020-24, anche se molti altri Stati europei hanno aumentato significativamente le loro importazioni di armi nel periodo».

Il report dell’istituto di Stoccolma sottolinea anche che i membri europei della Nato hanno aumentato la loro dipendenza dalle armi fornite dagli Stati Uniti: le importazioni sono infatti più che raddoppiate nel confronto tra il 2015-19 e il 2020-24 (+105%). Gli Stati Uniti hanno fornito il 64% di queste armi, una quota sostanzialmente maggiore rispetto al 2015-19 (52%). Gli altri principali fornitori sono Francia e Corea del Sud (con il 6,5% ciascuno), Germania (4,7%) e Israele (3,9%). «Con una Russia sempre più bellicosa e le relazioni transatlantiche sotto stress durante la prima presidenza Trump, gli Stati europei della Nato hanno adottato misure per ridurre la loro dipendenza dalle importazioni di armi e per rafforzare l’industria europea degli armamenti», spiega Pieter Wezeman, del programma Sipri sui trasferimenti di armi. «Ma il rapporto transatlantico di fornitura di armi ha radici profonde. Le importazioni dagli Stati Uniti sono aumentate e gli Stati europei della Nato hanno quasi 500 aerei da combattimento e molte altre armi ancora ordinate dagli Stati Uniti».

Per la prima volta negli ultimi due decenni, sottolinea il rapporto Sipri, la quota maggiore delle esportazioni di armi statunitensi nel quinquennio 2020-24 è andata all’Europa (35%) piuttosto che al Medio Oriente (33%). «Gli Stati Uniti si trovano in una posizione unica quando si tratta di esportazioni di armi. Con il 43%, la sua quota di esportazioni globali di armi è più di quattro volte superiore a quella del principale esportatore, la Francia», ha dichiarato il direttore del programma del Sipri sui trasferimenti di armi, Mathew George. «Gli Stati Uniti continuano a essere il fornitore preferito per le capacità avanzate di attacco a lungo raggio, come gli aerei da combattimento».

Sarebbe opportuno che a Bruxelles si tenga conto anche di questo quadro complessivo quando, si spera presto, verrà deciso e comunicato come dovrebbero essere spesi gli 800 miliardi annunciati per il programma di riarmo. Le domande infatti non mancano. Due, innanzitutto. Queste centinaia di miliardi di euro sono investimenti per il rilancio del settore difesa europeo? O andranno a finire in ancor più massicci acquisti di materiali e dispositivi e software dell’industria statunitense?

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.