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Nuovo Green deal entro 100 giorni e -90% di gas serra nel 2040 sancito nella Legge sul clima: i primi impegni di Ursula von der Leyen

La transizione energetica tra i temi principali dell’intervento con cui è stata riconfermata alla guida della Commissione Ue. I voti favorevoli sono stati 401. I no 284, tra i quali si contano quelli di leghisti e Fdi.
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Un nuovo Green deal entro i primi 100 giorni di mandato. E l’obiettivo della riduzione entro il 2040 del 90% delle emissioni di gas serra sancito nella Legge europea sul clima. Due impegni a cui Ursula von der Leyen ha dato la precedenza anche rispetto a tante altre importanti questioni citate nell’ intervento con cui si è candidata a guidare per la seconda volta consecutiva la Commissione Ue. Un intervento che le ha garantito la rielezione a presidente con 401 voti favorevoli (compresi quelli dei Verdi) e 284 voti contrari (tra i quali si contano quelli di esponenti leghisti e di Fratelli d'Italia).

Prima della necessità di maggiori investimenti su sicurezza e difesa, prima della «risposta giusta e chiara» che bisogna continuare a dare nei confronti dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, prima dell’attenzione da porre alle cyber-minacce e alle azioni di guerra ibrida, prima dell’«approccio giusto e netto, fondato sui nostri valori» da mantenere nei confronti dei flussi di migranti, prima della «responsabilità morale, storica e politica» di accogliere altri paesi nell’Ue, prima dell’appello per «un cessate il fuoco immediato e duraturo» in Medio Oriente e per la «soluzione dei due Stati come mezzo migliore per garantire la sicurezza sia degli israeliani che dei palestinesi», prima di fare riferimento alla libertà dei media, ai diritti delle donne, alla lotta alla corruzione e alla democrazia come «nostro tesoro comune», ecco, prima di parlare di tutto questo, von der Leyen ha voluto focalizzare l’attenzione del Parlamento europeo riunito in sessione plenaria su quelli che dovranno essere gli impegni comunitari in materia di contrasto ai cambiamenti climatici, produzione sostenibile e transizione energetica.

Pochi minuti dopo aver preso la parola nell’emiciclo di Strasburgo in vista del voto per il rinnovo della presidenza della Commissione Ue, poco dopo aver sottolineato che «in un mondo pieno di avversità, il destino dell’Europa dipende da ciò che faremo» perché il lavoro che verrà fatto nei prossimi cinque anni «definirà il nostro posto nel mondo per i prossimi 50», von del Leyen ha rivendicato la scelta del Green deal e le decisioni prese nella passata legislatura europea sulla crisi climatica e a difesa dell’ambiente. «Lasciate che vi fornisca alcune cifre – ha detto rivolgendosi ai parlamentari europei riuniti in sessione plenaria – Per cominciare: nella prima metà di quest’anno, il 50% della nostra produzione di elettricità proveniva da fonti rinnovabili, prodotte localmente e pulite. Gli investimenti nelle tecnologie pulite in Europa sono più che triplicati in questo mandato. Attiriamo più investimenti per l’idrogeno pulito rispetto a Stati Uniti e Cina messi insieme. Infine, negli ultimi anni, abbiamo concluso con partner globali 35 nuovi accordi su tecnologia pulita, idrogeno e materie prime critiche. Questo è il Green deal europeo in azione».

Ma von der Leyen non ha soltanto rivendicato il lavoro compiuto negli ultimi cinque anni. Ha anche chiesto il voto dei gruppi europei sulla base di due impegni concreti. Il primo: «Voglio essere chiara. Manterremo la rotta sulla nostra nuova strategia di crescita e sugli obiettivi che ci siamo prefissati per il 2030 e il 2050. La nostra attenzione ora sarà focalizzata sull’implementazione e sugli investimenti per realizzarla sul campo. Questo è il motivo per cui presenterò un nuovo Accordo industriale pulito nei primi 100 giorni». Lo ha chiamato così, von der Leyen, «Clean industrial deal», e di fatto è il nuovo Green deal invocato da mesi dalle forze ambientaliste. Ha spiegato infatti che questo nuovo accordo «canalizzerà gli investimenti nelle infrastrutture e nell’industria, in particolare per i settori ad alta intensità energetica», ha aggiunto che le aziende hanno bisogno di chiarezza per i loro investimenti e programmi di innovazione e poi dichiarato, richiamando il secondo impegno: «In questa logica, sanciremo il nostro obiettivo del 90% per il 2040 nella nostra Legge europea sul clima». 

L’impegno per una riduzione del 90% delle emissioni di gas serra entro i prossimi quindici anni non è di poco conto, né era scontato. È vero che già lo scorso febbraio la Commissione Ue aveva presentato una raccomandazione in tal senso, come tappa intermedia per la neutralità climatica entro il 2050. Ma quello stesso testo conteneva una serie di distinguo e non rassicuranti riferimenti a «una serie di condizioni favorevoli per raggiungere l’obiettivo» che nel mondo ambientalista aveva suscitato parecchia preoccupazione. Ora, con l’intervento pronunciato in questo momento solenne, con l’impegno a sancire, nero su bianco, il -90% all’interno della European climate law, il quadro cambia. E non è solo questione di difesa dell’ambiente, ha sottolineato von der Leyen spiegando che il tema riveste un’importante valenza di tipo economico e anche sociale. «Le nostre aziende devono già oggi pianificare i propri investimenti per il prossimo decennio. E non si tratta solo di affari. Per i nostri giovani il 2030, 2040, 2050 è dietro l’angolo. Sanno che dobbiamo conciliare la protezione del clima con un’economia prospera. E non ci perdonerebbero mai se non raccogliamo la sfida. Non si tratta quindi solo di una questione di competitività, ma anche di equità intergenerazionale. I giovani se lo meritano».

Il nuovo Green deal, o «Clean industrial deal», ha sottolineato, contribuirà anche a ridurre le bollette energetiche: «Sappiamo tutti che i prezzi dell’energia strutturalmente elevati ostacolano la nostra competitività. E le bollette energetiche elevate sono uno dei principali fattori di povertà energetica per le persone. Non ho dimenticato come Putin ci ha ricattato tagliandoci fuori dai combustibili fossili russi. Ma restiamo uniti, abbiamo investito massicciamente in energie rinnovabili a basso costo nostrane. E questo ci ha permesso di liberarci dagli inquinanti combustibili fossili russi. Pertanto, insieme, garantiremo che l’era della dipendenza dai combustibili fossili russi finisca. Una volta per tutte».

Inquinanti combustibili fossili russi. Il termine che ha usato, per la precisione, è «dirty». Il quale, oltre a quelle attinenti all’inquinamento, ha anche diverse altre accezioni. E dopo quelli russi, è atteso il necessario addio ai combustibili fossili tutti.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.