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Una svolta per la desalinizzazione dell’acqua?

Dall’Australia una nuova tecnica che potrebbe rafforzare la sicurezza idrica globale mentre il pianeta si riscalda
 |  Acqua

Secondo la Fao, entro il 2025, 1,8 miliardi di persone si troveranno probabilmente ad affrontare una scarsità d’acqua assoluta.  Lo studio “Thermodiffusive desalination”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori dell’Australian National University (ANU) illustra un metodo più semplice ed economico per rimuovere il sale dall’acqua di mare, il primo metodo di desalinizzazione termica al mondo, in cui l'acqua rimane nella fase liquida durante l'intero processo. 
All’ANU dicono che «La ricerca dimostra come il metodo di risparmio energetico venga attivato non dall’elettricità, ma dal calore moderato generato direttamente dalla luce solare o dal calore di scarto di macchine come condizionatori d’aria o processi industriali».
Il capo del team di ricerca, Juan Felipe Torres, un ingegnere meccanico e aerospaziale uno dei maggiori esoerti mondiali di dissalatori e che per primo propose il concetto di desalinizzazione termodiffusiva, ha spiegato che «Il fenomeno alla base di questa tecnologia, chiamato "termodiffusione" o "effetto Soret", è stato scoperto nel XIX secolo tuttavia è rimasto sottoutilizzato. Stiamo tornando al metodo di desalinizzazione termica, ma applicando un principio mai utilizzato prima, secondo il quale la forza motrice e l'energia alla base del processo è il calore. La termodiffusione fu un fenomeno descritto per la prima volta in dettaglio nel 1850 dallo scienziato svizzero Charles Soret, che sperimentò con un tubo dell’acqua di 30 centimetri dove una parte dell’acqua era più fredda e l’altra più calda. Scoprì che gli ioni di sale si spostano lentamente verso il lato freddo».
Per capire se uesto effetto può essere utilizzato per la desalinizzazione dell’acqua, i ricercatori hanno spinto l’acqua di mare attraverso uno stretto canale riscaldato dall’alto fino a 60 gradi e raffreddato dal basso fino a 20 gradi e Torres evidenzia che «La diffusione impiegava 53 giorni per raggiungere uno stato stazionario con un tubo da 30 centimetri che è troppo lungo per i nostri scopi e non è scalabile. La nostra missione è diventata trovare un modo per accelerare il processo di diffusione».
I ricercatori dell'ANU hanno scoperto che «La regolazione delle condizioni di separazione potrebbe aumentare significativamente la velocità del processo di diffusione fino a un paio di minuti» e Torres aggiunge che «La chiave è stata ridurre l'altezza del canale da 30 centimetri a un millimetro e aggiungere più canali».
La principale autrice dello studio, Shuqi Xu, fa notare che «Una volta che il sale è migrato nell'acqua più fredda, il dispositivo ha riprocessato l'acqua più calda e purificata attraverso il canale mentre l'acqua più fredda e salata veniva rimossa. Ogni volta che l’acqua passava attraverso il canale, la sua salinità si riduceva del 3%. La nostra ricerca mostra che dopo cicli ripetuti, la salinità dell’acqua di mare può essere ridotta da 30.000 parti per milione a meno di 500».
I ricercatori dell’ANU ricordano che «Le attuali tecnologie di desalinizzazione – in cui il sale viene filtrato attraverso una membrana – richiedono grandi quantità di energia elettrica e materiali costosi che necessitano di assistenza e manutenzione». 
Torres conferma: «L'80% dei metodi di desalinizzazione del mondo utilizzano l'osmosi inversa, che aggiunge complessità ed è costosa da gestire. Se continuiamo a perfezionare la tecnologia attuale senza cambiare i fondamenti, potrebbe non essere sufficiente. E’ essenziale un cambiamento di paradigma per sostenere la vita umana nel prossimo secolo».
La ricerca ha ricevuto finanziamenti dal programma Department of Foreign Affairs and Trade and Australia’s Science and Technology for Climate Partnership (SciTech4Climate) e dall’ ANU Institute for Climate, Energy and Disaster Solutions (ICEDS).
Mona Mahani dell’ICEDS spiega che «Il progetto ha implementato a Tonga un’unità commerciale di desalinizzazione a energia solare all’avanguardia, per pilotare la sua applicazione per l’agricoltura e le strategie di mitigazione della siccità».
Con ulteriori test, i ricercatori sperano di realizzare entro 8 anni la prima unità commerciale che utilizzi questa nuova tecnologia. 

Redazione Greenreport

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