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Appello a condividere prontamente le informazioni sulle situazioni di pericolo

Inquinamento da Pfas, la risposta dei gestori idrici all’inchiesta di Greenpeace

«Evitare allarmismi che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto, sempre pronti a sostenere una maggiore tutela delle risorse idriche»
 |  Acqua

I Pfas sono composti poli e perfluoroalchilici, noti come “inquinanti eterni” e presenti ormai praticamente ovunque: sono infatti sostanze chimiche di sintesi utilizzate in un’ampia varietà di applicazioni di uso comune grazie alle loro proprietà idro- e oleo-repellenti oltre che ignifughe, dai rivestimenti delle scatole dei fast food e delle pentole antiaderenti, alle schiume antincendio.

Una volta dispersi nell’ambiente però i Pfas si degradano in tempi lunghissimi, contaminando fonti d’acqua e coltivazioni: l’esposizione ai Pfas è stata associata a una serie di effetti negativi sulla salute, tra cui problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità. Più recentemente, è stato scoperto che i Pfas aumentano anche il rischio di malattie cardiovascolari, rafforzando dunque la richiesta di messa al bando.

Nel frattempo, Greenpeace ha realizzato la prima mappa della contaminazione da sostanze poli- e per-fluoroalchiliche delle acque potabili italiane, suscitando grande scalpore ma anche fondati dubbi su casi specifici come quello dell’aretino, dove il gestore Nuove acque ha effettuato una campagna di monitoraggio straordinario col campionamento e l’analisi presso laboratorio accreditato di vari punti di prelievo, incluso in quello oggetto di controllo da parte di Greenpeace: l’esito di tali controlli ha confermato quanto rilevato da anni da Nuove acque, ovvero che le sostanze perfluoroalchiliche non sono state rilevate.

In attesa di maggiore chiarezza, a intervenire sul tema è adesso anche Utilitalia, la Federazione che associa le imprese che forniscono i servizi idrici a circa l’86% della popolazione italiana. «Oggi – dichiara Utilitalia – l’eventuale presenza di Pfas è messa sotto controllo e neutralizzata prevalentemente mediante il ricorso ai carboni attivi attraverso i quali, in generale, è possibile riportare l’acqua entro i limiti di potabilità indicati dalla legge nazionale originata dalla Direttiva europea che ne limita la concentrazione».

Il problema resta comunque attenzionato, dato che la stessa Utilitalia riconosce che i Pfas sono diffusi ovunque, misurati persino nelle piogge in aree remote e nei ghiacci polari.

«Il sistema dei gestori – conclude la Federazione – è costantemente impegnato a salvaguardare la qualità dell’acqua che distribuisce, pertanto bisogna assolutamente evitare allarmismi che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto. La classe delle sostanze fluorurate comprende migliaia di molecole, profondamente diverse tra loro, con proprietà chimiche, tecniche e tossicologiche diverse e che sono ricomprese nella famiglia dei Pfas e dei sottoprodotti. La Federazione ha agito nelle sedi europee e nazionali per l’adozione di regole stringenti e comuni per la limitazione dei Pfas e sarà sempre pronta, con l’intero sistema dei gestori che rappresenta, a sostenere le iniziative finalizzate ad una sempre maggiore tutela delle risorse idriche. Ribadendo che la qualità dell’acqua del rubinetto in Italia è tra le migliori d’Europa, Utilitalia confida che chiunque venga in possesso di informazioni relative a situazioni di pericolo nelle acque potabili, le condivida con gli organi di controllo operanti a livello locale e centrale e con i gestori del servizio idrico, con le stesse attenzione e tempestività che questi garantiscono».

Redazione Greenreport

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