Ripristino degli argini del Lago di Massaciuccoli: un lavoro definitivo?
Il Consorzio di Bonifica Toscana Nord ripropone uno dei maggiori problemi connessi con la bonifica idraulica dei terreni circostanti il lago di Massaciuccoli, la cui subsidenza è ormai giunta a livelli tali da mettere in discussione l’efficacia e la funzionalità della grande opera.
L’argomento è stato oggetto di accesi dibattiti anche durante il Contratto di Lago, iniziato nel 2017 e conclusosi nel 2019 con una serie di azioni che prevedevano anche soluzioni basate sull’allagamento e la naturalizzazione di porzioni di quel territorio. Come ben evidenziato dall’ex Presidente Ridolfi, il lago di Massaciuccoli è ormai un invaso pensile a causa della subsidenza che nel corso degli anni ha fatto scendere il suolo circostante fino a più di tre metri sotto il livello del mare. Quindi, pena il rischio di allagamento, il Consorzio deve procedere a pompare ininterrottamente acqua per mantenere il franco dei terreni, con elevato dispendio di energie e risorse finanziarie. L’abbassamento dei terreni posti a sud del lago fu ben evidenziato a seguito degli eventi alluvionali del 2009, quando con la rotta di Nodica le acque li invasero, ristagnandovi per lungo tempo.
Come noto, le acque stagnanti, specie se poco profonde, sono soggette al progressivo interrimento da cui consegue la perdita di capacità di invaso, fino al totale prosciugamento. Tale processo, negli ambienti acquatici incontaminati, si manifesta di solito con tempi molto lunghi (anche migliaia di anni) che variano in funzione della produttività interna. Nel lungo periodo, infatti, il metabolismo delle piante e degli animali acquatici si rinnova continuamente producendo sedimenti che si depositano sul posto con un ciclo cosiddetto chiuso, a differenza di quanto avviene negli ecosistemi fluviali dove la corrente trasforma tale ciclo in una sorta di spirale. Al processo possono fornire un sostanziale contributo anche i sedimenti trasportati dalle acque durante le piene. Il processo determina la transizione da habitat con scarsa profondità delle acque ad habitat che in successione sono rappresentati da stagni temporanei, prati umidi, boschi, ecc. In ambienti sottoposti alle pressioni antropiche il fenomeno può essere però accelerato da un apporto eccessivo di sedimenti originati dal dilavamento dei terreni circostanti che, specie per effetto della meccanizzazione agricola e della forte regimazione dei corsi d’acqua, può raggiungere dimensioni ragguardevoli.
A quest’ultimo processo è legato il destino del lago di Massaciuccoli, dove i sedimenti, in quantità notevoli, giungono direttamente dai terreni agricoli bonificati, trasportati proprio dalle acque del drenaggio che li mantiene asciutti (Cenni, 1997). Col risultato di un progressivo e rapido interrimento dello specchio lacustre e con la riduzione della sua capacità di invaso. Come possibile desumere da una sintesi sulle prospettive di recupero del Massaciuccoli pubblicata alcuni anni fa, il problema dell’eccessivo interrimento del lago fu sollevato in modo eclatante negli anni ’90 del secolo scorso da una équipe di geologi coordinata da Duchi, allorché furono svolte specifiche indagini a sostegno dell’escavazione sperimentale della sabbia silicea nel lago. Il fenomeno era già stato segnalato dal geografo Pedreschi nel suo lavoro del 1956 dove, misurando le batimetrie del lago e confrontandole con precedenti rilievi del secolo XIX, aveva calcolato una perdita di invaso di 5 milioni di m3 in un arco di tempo di circa 110 anni. Ma il fatto più allarmante era che Duchi e coll. dimostrarono che ben 2 milioni di m3 di capacità di invaso si erano perduti in poco più di trenta anni dal rilevamento di Pedreschi.
Un ulteriore aggiornamento sulle batimetrie dell’area svolto da Di Grazia e coll. nel 2011, sembrava aver messo in discussione la validità delle precedenti misurazioni. La capacità di invaso risultava infatti comparabile con quella misurata nel secolo XIX, essendo risultata pari a circa 14 milioni di m3. Il fenomeno dell’interrimento sarebbe così risultato inconsistente, nonostante vi fossero tutti i presupposti per confermarne la concretezza, come dimostrato da successive indagini mirate effettuate da Cini e coll. nel 1997. Le cause erano peraltro percepibili osservando le foto aeree che evidenziavano la consistenza delle torbide provenienti dal canale Barra, principale affluente del Lago, frequenti durante i periodi piovosi.
L’apparente discrepanza riscontrabile nelle più recenti misurazioni della batimetria, peraltro effettuate con tecnologie più sofisticate e quindi più attendibili, ci induce a formulare alcune ipotesi, tra cui quella di un possibile abbassamento degli argini del lago “trascinati” dalla subsidenza, sebbene in misura minore rispetto a quanto avvenga nei terreni circostanti. La manutenzione degli argini, con il loro continuo consolidamento e innalzamento, nel contrastare la subsidenza avrebbe anche mascherato l’interrimento, aumentando di fatto la capacità di invaso. Quindi una ipotesi più che attendibile che tuttavia non induce a desistere dalla rincorsa di un fenomeno che ha contraddetto le previsioni di chi progettò la bonifica, un fenomeno che forse andrà a diminuire con la completa mineralizzazione delle torbe e il consolidamento dei terreni, ma di cui non sono affatto noti i tempi di esaurimento né i livelli topografici che verranno raggiunti, come ci avverte Di Grazia con la sua relazione sul Massaciuccoli del 2015.
La subsidenza impone costante manutenzione su circa 14 km di tratti arginati, come evidenzia l’ex Presidente Ridolfi, che separano però il lago da un territorio prevalentemente coltivato, non certo densamente abitato, e, fattore non secondario, con l’impegno di notevoli risorse finanziarie, tante da far riflettere sia sugli aspetti socio economici che, soprattutto, su quelli ambientali per decidere se valga ancora la pena rincorrerla.