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Tutela e gestione delle acque, dal Cnel un disegno di legge sui servizi idrici

L’organo di consulenza di Parlamento e governo ha messo a punto un testo che estende i poteri sostitutivi del premier, punta a superare la frammentazione gestionale nelle Regioni e rafforza il controllo esercitato dall’Arera
 |  Acqua

Come hanno evidenziato le drammatiche settimane di questa estate e come ha recentemente rilevato l’Anbi, l’Italia è un Paese che deve fare costantemente i conti con il rischio siccità. Se è ormai evidente il governo Meloni con la gestione del Pnrr ha fallito l’obiettivo di un ammodernamento delle infrastrutture idriche e non solo, ora il Cnel ha messo sul piatto un disegno di legge in materia di tutela, razionalizzazione ed efficientamento delle risorse idriche di cui bisognerà analizzare in profondità portata e ricadute sui servizi idrici nel corso dell’iter parlamentare. L’iniziativa del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è infatti volta a riordinare il quadro normativo relativo alla pianificazione e alla gestione delle acque, con misure che vanno a interessare non soltanto le infrastrutture ma gli stessi servizi di gestione.

«Nasce dalla consapevolezza che i cambiamenti climatici, l'inquinamento e la crescente domanda di acqua rischiano di mettere in crisi la sicurezza dei territori e al tempo stesso la competitività e la coesione sociale delle comunità, ponendo l'esigenza di intervenire non solo sulle infrastrutture idriche, ma anche sull'organizzazione dei relativi servizi», si legge nella nota che accompagna la messa a punto del disegno di legge. «L'obiettivo è quello di garantire che anche nel futuro ci sia abbastanza acqua per tutti gli utenti e per tutti gli usi, tutelando al contempo l'ambiente e la natura. Il testo di legge introduce una serie di modifiche al D.lgs. 152/2006 (Testo unico ambiente), per favorire un migliore coordinamento degli usi delle acque e rafforzare la governance del servizio idrico integrato. È anche prevista l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una apposita cabina di regia, con una segreteria tecnica partecipata dai soggetti pubblici e privati coinvolti nella gestione della risorsa idrica».

Il disegno di legge messo a punto dal Cnel non prevede nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e punta ad assicurare un controllo più stringente da parte delle Autorità di Bacino sulla coerenza tra i vari strumenti di pianificazione in materia di acqua e i Piani di Bacino, che a loro volta dovranno includere gli interventi necessari al raggiungimento degli standard di qualità del servizio idrico, fissati dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera). 

Ma soprattutto, fanno sapere dal Cnel, il testo estende i poteri sostitutivi del presidente del Consiglio dei ministri, rafforza il controllo esercitato dall'Arera, prevede l'istituzione in ciascuna Regione di un ambito territoriale ottimale di livello regionale, con un unico ente di governo, per superare la frammentazione gestionale, getta le basi per la razionalizzazione del quadro dei corrispettivi applicati all'utenza del servizio idrico, in vista di un passaggio graduale ad una tariffa unitaria per tipologia di utenza identica a livello regionale. 

«Gli evidenti effetti del cambiamento climatico sul nostro sistema idrologico - ha evidenziato il consigliere Cnel Paolo Pirani, relatore del Ddl sui servizi idrici - e l'importanza di introdurre nuove tecnologie, rendono sempre più necessaria una revisione delle normative che ne regolano il sistema nel nostro Paese, ai fini di renderlo più efficiente, salvaguardare l'ambiente e proteggere la risorsa più preziosa, prevendendo garanzie per la sostenibilità delle infrastrutture idriche e l'accessibilità del bene acqua a tutta la popolazione, sulla base del principio come bene di civiltà, così come auspicato dall'Onu e dall'Unione europea. Su queste basi si è sviluppato un confronto nella stesura della Relazione Cnel sui servizi pubblici 2024 con un focus specifico sui servizi Idrici anche con lo scopo di non accumulare una quota di debito infrastrutturale a carico delle generazioni future per l'accesso e per l'uso dell'acqua. Su questa base si è definito un documento, con la collaborazione della Fondazione Utilitatis, da cui è scaturito uno dei primi disegni di legge presentati dal Cnel in questa Consiliatura, secondo quanto previsto dall'articolo 99 della Costituzione». 

Il Paese, sottolinea il Cnel, necessita di maggiori investimenti infrastrutturali e di un miglioramento dei servizi per affrontare la crisi idrica. L'Italia rischia di essere tra i Paesi più colpiti dalla siccità. Se la temperatura dovesse aumentare di 1.5° C avremmo un calo delle precipitazioni pari al 10-20%. Tutto ciò il Cnel lo aveva evidenziato nella relazione 2024 sui servizi pubblici, pubblicata lo scorso ottobre. Già oggi l'Italia sconta un sostanziale dimezzamento della disponibilità idrica storica, passata da 138 km³ a 67 km³, viene sottolineato. Il fenomeno è legato ai cambiamenti climatici ma anche alla gestione frammentata delle risorse, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari, dove l'80% dei Comuni gestisce il servizio in economia, senza operatori specializzati. Negli ultimi dieci anni si è avuta un'impennata negli investimenti pro capite per le infrastrutture idriche, da 33 a 70 euro, ma, ciò nonostante, restano insufficienti e comunque segnati da forti disparità territoriali: le regioni settentrionali investono in media 82 euro per abitante, contro i soli 11 euro del Mezzogiorno, con conseguenti disservizi e infrastrutture obsolete. In Italia - sottolinea il Cnel nella relazione 2024 sui servizi pubblici - le perdite della rete idrica ammontano al 42%, con marcate variazioni geografiche: nel Nord- Est ammontano in media al 38%, nel Nord-Ovest al 32%, nel Centro al 43% e nel Sud e Isole al 50%. Le perdite corrispondono a 15,8 metri cubi per chilometro al giorno. Significativo anche il dato relativo al valore medio di interruzioni del servizio idrico per utente. Nell'area meridionale e insulare è pari a 204 ore l'anno, lontanissimo dai valori medi registrati al Nord dove le interruzioni del servizio per utente si aggirano tra le 0,66 e 0,88 ore l'anno.

Redazione Greenreport

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