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Erasmo D’Angelis: «O l’acqua rientra nei bilanci dello Stato, oppure non ne usciamo»

Le utility italiane lanciano un nuovo Patto per l’acqua, quattro le priorità per il servizio idrico integrato

Brandolini (Utilitalia): «Le aziende si sono impegnate a garantire investimenti adeguati alle sfide del cambiamento climatico, il Governo accompagni questo percorso»
 |  Acqua

Esattamente 30 anni fa, con la legge Galli, il legislatore nazionale indicò la frammentazione gestionale-territoriale del ciclo idrico e la non integrazione delle varie fasi dello stesso (acquedotto, fognatura e depurazione) come il maggiore ostacolo alla modernizzazione del sistema.

Da allora il quadro è decisamente cambiato, con lo sviluppo di gestioni industriali che hanno favorito la crescita degli investimenti fino a 63 euro annui per abitante – dato che dovrebbe salire quest’anno fino a 70 euro – sia pur con marcate differenze territoriali: laddove la legge Galli risulta ancora non attuata e il servizio idrico viene gestito in economia direttamente dai Comuni, gli investimenti medi si attestano ad appena 11 euro annui.

Per affrontare le criticità ancora presenti lungo lo Stivale, concentrate soprattutto nel Mezzogiorno ma aggravate ovunque dalla crisi climatica – che ha già reso cicloni come Boris il doppio più probabili – è stato presentato oggi a Firenze un nuovo Patto per l’acqua.

Il sipario sulla proposta si è alzato durante il Festival dell’acqua in corso in Fortezza Da Basso insieme all’Earth technology expo, due appuntamenti (ad accesso gratuito, previa registrazione sul posto) che si svolgono in parallelo per diffondere conoscenza e consapevolezza in merito alla gestione delle risorse idriche quanto dei rischi naturali.

Il Patto per l’acqua, in particolare, è il pacchetto di proposte che Utilitalia e i gestori del servizio idrico hanno deciso di promuovere per mettere al servizio del Paese le proprie competenze e capacità industriali. All’impegno delle imprese di settore, che già oggi investono nel servizio idrico 4 miliardi di euro l’anno – ne servono almeno 6, ma serve il contributo dello Stato –, il Patto propone di affiancare 4 azioni di riforma tese alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e a un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua.

«Attraverso il Patto per l’acqua – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – le aziende che hanno operato e reso possibile la crescita del comparto in questi anni si sono impegnate a fare un passo avanti per garantire investimenti adeguati alle sfide del cambiamento climatico e hanno chiesto al Governo di accompagnare questo percorso, fondamentale affinché anche i territori senza gestore integrato possano crescere».

In particolare, per superare le gestioni in economia occorre completare l’immediato trasferimento delle funzioni alle Regioni e garantire il mantenimento delle stesse per tutta la durata dell’affidamento, mentre le imprese si impegnano a intervenire a supporto dei territori ancora non gestiti a livello industriale.

Per rafforzare le capacità gestionali nel ciclo idrico è necessario introdurre un chiaro processo di verifica periodica della qualità e dell’efficienza della gestione e della capacità di finanziamento e di realizzazione degli interventi, sulla base dei parametri Arera, mentre le imprese si impegnano a mettere le proprie competenze a disposizione di enti e gestori per garantire ai cittadini servizi di qualità.

È indispensabile inoltre facilitare i processi di aggregazione tra aziende, mettendo al centro la gestione ottimale della risorsa idrica: sotto questo profilo le imprese si impegnano a consolidare le capacità industriali e gestionali per elevare il complessivo livello di investimenti e di qualità del servizio.

Infine, per abilitare appieno la gestione industriale delle imprese del servizio idrico integrato serve maggior coordinamento con gli altri settori – fino alle infrastrutture a servizio dei diversi usi della risorsa, da quello agricolo a quello dell’industria –, un contesto nel quale le imprese si impegnano a realizzare e rafforzare le infrastrutture necessarie al riuso delle acque, alla gestione sostenibile delle acque meteoriche, al recupero di energia e di materia, al drenaggio urbano e agli invasi ad uso plurimo.

«Serve davvero un Patto per l’acqua, al di là delle conflittualità politiche – conclude Erasmo D’Angelis, presidente della Fondazione Earth and water agenda (Ewa) e direttore editoriale di greenreport – L’Italia è beneficiata dal più elevato cumulato di pioggia tra i maggiori Stati europei, pari a 296 mld di metri cubi l’anno come media di lungo periodo, un dato che si riduce a 140 mld mc a causa dell’evaporazione, ma per usi antropici ne prelievamo 34. A causa della crisi climatica stanno aumentando le fasi di siccità e anche le precipitazioni violente: dobbiamo investire in nuove infrastrutture per l’acqua, eppure dopo la legge Galli lo Stato non investe più sulle reti idriche, che possono fare affidamento pressoché solo sulle risorse in arrivo dalle tariffe: o l’acqua rientra nelle leggi di Bilancio dello Stato, come negli investimenti di Regioni e Comuni, oppure non ne usciamo».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.