Inquinamento da Pfas, Greenpeace plaude ai maggiori controlli sull’acqua a partire da Arezzo
A una settimana dal lancio della prima mappa della contaminazione da Pfas in Italia realizzata da Greenpeace, l’associazione ambientalista «accoglie con favore» la decisione di diverse amministrazioni italiane e di enti gestori – in Umbria, come ad Arezzo, Ancona e Caserta – di voler effettuare monitoraggi costanti sulla presenza nell’acqua potabile delle sostanze poli- e per-fluoroalchiliche, per individuare «l’eventuale presenza» di questi inquinanti nell’acqua potabile, come anche per l’intenzione di pubblicare i risultati in modo trasparente.
In particolare ad Arezzo, città in cui secondo il campionamento di Greenpeace si è registrato il valore più alto di somma di Pfas tra le 235 città prese in esame, l’ente gestore ovvero la partecipata pubblica Nuove acque «ha effettuato monitoraggi per verificare la situazione, attivandosi immediatamente», sottolineano gli ambientalisti: «L’ente ha effettuato numerose analisi, anche in questi ultimi giorni, che hanno fornito esiti rassicuranti, escludendo la presenza, anche in tracce, di tali inquinanti. Greenpeace Italia, che già a novembre aveva segnalato via Pec alle autorità preposte (ricevendo riscontro solo dalla Asl, ma non dall’Amministrazione comunale) l’aver rilevato valori di somma di Pfas molto alti, auspica – ad Arezzo, come in tutte le altre città italiane – un monitoraggio costante e trasparente, per fornire alla cittadinanza acqua non contaminata ed è disponibile al confronto e alla collaborazione, anche per effettuare controlli congiunti, con tutti gli enti gestori nazionali».
È utile ricordare che in tutta la Toscana i valori di Pfas nelle acque potabili sono già largamente inferiori ai limiti previsti dalla normativa europea che entrerà in vigore nel 2026; da Greenpeace chiedono però di spingere con maggior forza sugli aspetti di prevenzione, fino ad azzerare la presenza di Pfas. Questo però è di fatto possibile solo con un bando alla produzione di queste sostanze chimiche largamente impiegati in molti settori industriali.
Ad oggi però non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei Pfas. La stessa Federazione europea delle associazioni nazionali di servizi connessi all’acqua (EurEau), di cui fa parte anche la federazione italiana Utilitalia, ha chiesto alla Commissione Europea di agire subito per mettere al bando i Pfas, perché “l'inazione significa costi crescenti”.
Secondo EurEau “per eliminare queste sostanze chimiche dal ciclo dell'acqua sono necessarie ulteriori tecnologie di trattamento, ma sono costose e ad alta intensità energetica” mentre “la prevenzione è l'unica strada sostenibile. Ciò significa un divieto di vasta portata sui Pfas e una rigorosa applicazione del principio chi inquina paga”.
«Garantire a chiunque l’accesso ad acqua pubblica senza Pfas significa ottenere benefici su più fronti – commenta Giuseppe Ungherese, responsabile Inquinamento di Greenpeace – tuteliamo la sicurezza delle persone, riduciamo le emissioni di gas serra e l’inquinamento da plastica legato al consumo di acqua in bottiglia, preserviamo un bene comune essenziale sempre più prezioso, e contrastiamo la diffidenza che ancora porta un terzo degli italiani a non fidarsi dell’acqua del rubinetto (dati Istat). Assicurare questa risorsa a tutti, in modo sicuro e accessibile, è una scelta di salute, sostenibilità e giustizia ambientale».