Per un servizio idrico a prova di crisi climatica, serve almeno 1 mld di euro l’anno in finanziaria
Neanche il tempo di chiedere (ieri) al Governo Meloni di dichiarare lo stato d’emergenza nazionale per i danni provocati in alto Mugello dal ciclone Boris – lo stesso che ha provocato ancora maggiori devastazioni dall’Emilia Romagna alle Marche – che stamattina la Toscana si è trovata ancora una volta sott’acqua: una nuova alluvione ha colpito la parte meridionale della provincia livornese, dove una nonna col suo nipotino di 5 mesi sono al momento dispersi.
È in questo contesto che oggi pomeriggio a Firenze si è alzato il sipario sul Festival dell’acqua, evento nazionale di punta per quanto riguarda il servizio idrico, organizzato come sempre da Utilitalia – la federazione che riunisce le utility nazionali – stavolta in collaborazione con Confservizi Cispel Toscana e Publiacqua; un’occasione per confronto pubblico e basato sui dati presentati dai maggiori esperti del Paese in fatto di gestione idrica. L’appuntamento, gratuito e aperto a tutti previa registrazione (anche sul posto) per diffondere il più possibile conoscenza e consapevolezza su questi temi, proseguirà fino a giovedì in Fortezza Da Basso, in contemporanea all’Earth technology expo.
Grande protagonista sarà la doppia sfida che la crisi climatica sta ponendo alla gestione dell’oro blu: l’alternanza di nubifragi alle ondate di siccità, peraltro ancora in corso in ampie parti del centrosud. Come documentano da Utilitalia, nell’ ultimo anno idrologico (da maggio del 2023 a maggio del 2024) la capacità idrica degli invasi principali del distretto Appennino meridionale ha subìto una contrazione compresa tra -17% e -45% a seconda delle zone. In Sicilia, la regione più colpita dalla siccità dell’estate appena trascorsa, il volume di acqua invasato è crollato del 40%. La siccità che nel 2022 aveva colpito il nord Italia oggi flagellato dalle alluvioni – con un calo del 24% delle precipitazioni, a livello nazionale, rispetto alla media 1991-2020 e una disponibilità idrica scesa del 50% rispetto alla media del lungo periodo 1951-2022 – negli ultimi mesi ha interessato in particolar modo il sud, territorio nel quale le infrastrutture sono più vulnerabili, la percentuale media di perdite di rete è più alta e la frammentazione gestionale più marcata.
Basti osservare che dal 2012 al 2022 gli investimenti sul servizio idrico integrato sono aumentati del 227%, raggiungendo i 4 miliardi di euro annui e i 63 euro per abitante, dato che dovrebbe salire quest’anno fino a 70 euro; contando che il fabbisogno complessivo del settore è stimato in circa 6 miliardi di euro l’anno, si tratta di crescere ancora del 50%. Ma il gap con la media europea – pari a 82 euro annui per abitante, che incrementa fino a 100 euro nei Paesi più virtuosi – resta ampio, soprattutto in quei territori dove non operano soggetti industriali: nelle gestioni in economia, che interessano ancora 1.465 Comuni e 7,6 milioni di cittadini (di cui il 93% al Sud), si continuano a investire mediamente appena 11 euro l’anno.
Oggi la quasi totalità del fabbisogno di risorse per il servizio idrico integrato è coperto dalla tariffa, e in parte dal Pnrr (che terminerà nel 2026) con un importo stimabile in circa 1,1 miliardi di euro l’anno: sono quindi necessarie risorse ulteriori – pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno – per raggiungere la quota di fabbisogno prevista per il nostro Paese.
«Una volta terminati i fondi del Pnrr – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini (nella foto sul palco) – sarà necessario un ulteriore sforzo da parte del Governo attraverso uno stanziamento strutturale in manovra di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni, perché tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza del sistema idrico nazionale non possono essere unicamente a carico delle tariffe. Parliamo di investimenti incentrati su serbatoi, invasi, riutilizzo delle acque reflue, interconnessioni tra acquedotti e riduzione delle dispersioni. Sul fronte delle perdite di rete, sulle quali stiamo recuperando il lascito di tanti decenni di investimenti insufficienti, gli investimenti programmati si attestano al 27%, guidando le priorità nella pianificazione di settore rispetto a tutti gli altri indicatori monitorati da Arera. Ma ora, per uscire dalla logica emergenziale e rispondere alle sfide poste dal cambiamento climatico, serve un ulteriore cambio di passo».
In questo quadro, Utilitalia si è fatta promotrice di una proposta di riforma del comparto idrico in quattro punti che punta alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e ad un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua: «Attraverso queste misure – conclude Brandolini – siamo convinti di poter raggiungere ‘l’obiettivo 100’, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione rispetto ai circa 1.800 attuali e a un livello di investimenti di 100 euro l’anno per abitante, in linea con le migliori esperienze europee».
In definitiva, secondo la federazione delle utility italiane, bisogna «realizzare un piano straordinario di interventi volti ad assicurare la tutela della risorsa e a garantire l’approvvigionamento anche in periodi di stress climatici sempre più frequenti». Allargando il quadro alla gestione dell’acqua in tutte le sue forme, senza limitarsi alla pur cruciale filiera del servizio idrico integrato, una proposta d’azione c’è già: : l’ha elaborata la Fondazione Earth and water agenda – che organizza l’Earth technology expo in avvio domani in Fortezza Da Basso – arrivando a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio, dalle soluzioni basate sulla natura agli invasi, dal servizio idrico integrato agli usi agricoli e industriali dell’oro blu.
Una progettualità che ha il suo cuore in Toscana, come conclude Nicola Perini, presidente della Confservizi regionale: «È importante organizzare in Toscana il Festival dell’acqua, tre giorni di approfondimento e confronto sul tema della gestione del servizio idrico, nella regione che per prima in Italia ha applicato la legge Galli. Giunti alla scadenza dei primi 25 anni di concessioni, il Festival è l’occasione giusta per confrontarci e capire come impostare i prossimi 25 anni, l’obiettivo di offrire la massima efficienza alla collettività, possibilmente guardando i processi con gli occhi del cittadino che le aziende sono chiamate a servire doverosamente».