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La diga di Arba'at crolla sulla guerra e i profughi del Sudan. Inondati 70 villaggi, 20 distrutti

Rischia di rimanere senza acqua Port Sudan, la città che tiene in piedi quel che resta dell’economia del Sudan distrutta dalla guerra
 |  Acqua

Il 25 agosto, la diga di Arba'at, costruita a circa 38 km a nord-ovest di Port Sudan, nello Stato del Mar Rosso in Sudan, avrebbe subito fortissimi danni a causa delle forti piogge. I rapporti preliminari indicano che «La breccia ha provocato il completo svuotamento del bacino della diga, causando ingenti danni a vite e proprietà in circa 20 villaggi a valle». Secondo le autorità  locali «Fino a 50.000 persone che vivono nelle aree a ovest della diga sono state gravemente colpite».

La diga di Arba'at è una struttura essenziale per Port Sudan: è la principale fonte di acqua dolce per quella che è diventata la città chiave del Sudan in guerra, dato che gestisce la maggior parte del commercio internazionale delPaese e che è stata il fulcro per le operazioni umanitarie sin dallo scoppio della sanguinosa guerra civile iniziata nell’aprile 2023  tra i militari golpisti delle Sudanese Armed Forces (SAF) e i loro ex alleati delle Rapid Support Forces (RSF).  Un primo rapporto sulla situazione dell’United Nations  Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) prevede che «I danni segnalati avranno un impatto sostanziale sulle forniture idriche di Port Sudan. Sono in corso valutazioni da parte delle autorità e dei partner umanitari in alcune delle aree colpite».

Dall'inizio della stagione delle piogge a giugno, le inondazioni hanno causato danni in molte parti del Sudan; le regioni più colpite sono state il Darfur settentrionale e occidentale e gli Stati del Nilo. Già prima del crollo della diga, più di 310.000 persone erano state colpite dalle inondazioni in tutto il Paese, aggravando ulteriormente la sofferenza causata dai brutali combattimenti, ormai giunti al 17esimo mese. Oltre 12 milioni di persone sono state sfollate dalle loro case, sia all'interno del Sudan che all'esterno dei suoi confini. La guerra ha anche decimato i mezzi di sussistenza e distrutto i raccolti, provocando gravi carestie e ora anche la fame in diverse parti del Sudan.

Il 26 agosto, i rappresentanti del governo dello Stato del Mar Rosso, del Dipartimento di Emergenza del Ministero Federale sudanese della Salute (FMoH) e della Commissione per gli Aiuti Umanitari (HAC) del governo militare golpista hanno visitato le aree a ovest della diga di Arba'at, mentre le aree a est sono ancora inaccessibili a causa delle strade interrotte e i team di soccorso stanno tentando di riaprirle. La delegazione governativa sudanese ha riferito che «Circa 70 villaggi attorno alla diga di Arba'at sarebbero stati colpiti dalle inondazioni improvvise, di cui 20 sono stati distrutti. Delle 13.000 famiglie (65.000 persone) che vivono a ovest della diga di Arba'at, le case di circa 10.000 famiglie (50.000 persone) sono state distrutte o danneggiate. Le persone colpite hanno urgente bisogno di acqua, cibo e assistenza per un riparo». La delegazione ha anche riferito che «30 persone sono state uccise dalle inondazioni, ma i numeri effettivi sono probabilmente molto più alti; 84 pozzi sono crollati; sono scomparsi 10.000 capi di bestiame/animali domestici e 70 scuole sono state danneggiate o distrutte». Inoltre, i resoconti indicano che decine di persone sarebbero disperse e gli sfollati sono migliaia.

IL rapporto OCHA avverte che «Le acque alluvionali, che trasportano notevoli quantità di limo, hanno portato alla distruzione di vaste aree di terreni agricoli e a danni sostanziali alle infrastrutture civili nelle aree colpite. Alcuni residenti dei villaggi a valle della diga di Arba'at sarebbero stati costretti a fuggire in montagna per mettersi in salvo, mentre altri sono stati evacuati dopo che le acque alluvionali hanno distrutto le loro case e inondato le aree colpite. I resoconti indicano anche che le acque alluvionali hanno causato danni alle reti di telecomunicazione, alle forniture di acqua ed energia e all'accesso stradale nelle aree colpite. I danni alla rete di telecomunicazione hanno reso difficile raccogliere informazioni più precise sulla situazione, mentre i danni alle strade stanno rendendo difficile l'accesso alle aree colpite».

Dal 26 agosto, i partner umanitari e le autorità locali stanno lavorando per schierare più team per valutare i danni e rispondere alle urgenti esigenze delle persone colpite. Le autorità sudanesi hanno schierato un team per condurre operazioni di ricerca e soccorso, Dal 27 agosto l'OCHA sta collaborando con i partner, tra i quali Unicef e WASH Cluster e le autorità, per schierare team per supportare le valutazioni e coordinare la risposta di soccorso e umanitaria, ma ancora ieri l’OCHA diceva che «E’ urgentemente necessario un elicottero per assistere con la valutazione aerea poiché alcune aree sono impraticabili su strada a causa delle inondazioni. Lo stesso elicottero sarà utilizzato per potenziare gli sforzi di ricerca e soccorso poiché alcuni residenti sarebbero intrappolati sulle montagne dove sono fuggiti per mettersi in salvo, mentre altri sono ancora abbandonati dalle acque alluvionali».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.