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Contro la siccità in Sicilia non funziona neanche il rifornimento d’acqua della Marina militare

Ogni viaggio della nave-cisterna costa circa 50 mila euro, per una spesa pari a 43 euro a metro cubo. La Regione chiede «soluzioni diverse a un costo inferiore»
 |  Acqua

Luglio è il momento dell'anno in cui la probabilità di pioggia in Sicilia è più bassa, ma nel mese appena concluso il Servizio informativo agrometeorologico siciliano ha registrato «l'assenza totale» di pioggia su quasi tutto il territorio regionale, un andamento che aggrava la già grave emergenza siccità in corso.

In un territorio che ha fatto della mancanza di programmazione per gli investimenti sulle proprie infrastrutture idriche un marchio di fabbrica, neanche le soluzioni estemporanee riescono a metterci una toppa.

«Il rifornimento di acqua a Licata per mezzo della nave cisterna della Marina militare è risultato caro rispetto al quantitativo fornito e pertanto abbiamo chiesto una doverosa verifica dei costi ed eventuali soluzioni alternative, in quanto la nave è comunque utile per affrontare l’attuale fase di emergenza. Pertanto, in attesa dei chiarimenti richiesti, il servizio è sospeso per qualche giorno», spiega il capo della Protezione civile siciliana e coordinatore della cabina di regia per l'emergenza idrica, Salvo Cocina, che ha inviato una nota al dipartimento nazionale della Protezione civile e al Comando operativo di vertice interforze.

«È stato possibile calcolare i costi - prosegue il dirigente - solo dopo aver effettuato il primo trasporto. In base al tempo impiegato per le operazioni di carico e di scarico e per il tragitto di andata e ritorno, ogni viaggio costa circa 50 mila euro, per una spesa pari a 43 euro a metro cubo. Ringraziamo il dipartimento nazionale della Protezione civile, il Covi e la Marina militare per la disponibilità offerta e chiediamo di verificare i conteggi e valutare eventuali soluzioni diverse a un costo inferiore. Nel contempo, vogliamo rassicurare la comunità dell'Agrigentino che la Regione si è già adoperata per individuare fonti di approvvigionamento, di capacità anche superiore».

La vera soluzione passa però da un approccio strutturale. Basti osservare, ad esempio, che il fabbisogno annuo di acqua indicato dalla Regione per l’intera Sicilia ammonta a 1,75 mld di mc l’anno, e sull’isola sono piovuti nel 2023 circa 15,2 mld di mc d’acqua; oltre la metà è indisponibile in partenza perché soggetta a evapotraspirazione, e molta altra ne occorre per soddisfare i fabbisogni ecosistemici, ma ne resterebbe in abbondanza per soddisfare anche quelli antropici, se la Sicilia si dotasse delle infrastrutture idriche necessarie (da quelle basate sulla natura, come le città spugna, agli invasi) e rattoppasse gli acquedotti colabrodo. Invece su 26 grandi dighe controllate dalla regione, a oggi 3 risultano fuori esercizio, 5 con limitazioni per ragioni di sicurezza e 10 in attesa di collaudo.

L’urgenza resta dunque quella di mettere in campo un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, per affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, e una prima bozza c’è già: l’ha elaborata la Fondazione Earth and water agenda, arrivando a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio, dalle soluzioni basate sulla natura agli invasi, dal servizio idrico integrato agli usi agricoli e industriali dell’oro blu.

Redazione Greenreport

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