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Dissalatore a Piombino: botta e risposta tra Asa e Legambiente

Asa: perché bisogna farlo. Legambiente: perché bisognerebbe fare altro
 |  Toscana

Dopo l’intervento di Legambiente Toscana e dei due circoli del Cigno Verde della Val di Cornia e dell’Arcipelago Toscano, è intervenuta ASA esponendo le ragioni del progetto. Legambiente ha immediatamente ribattuto facendo il punto della situazione- Ecco cosa scrivono ASA e Legambiente:

ASA: perché bisogna fare il dissalatore
Comprenderemmo meglio le perplessità di Legambiente, associazione che stimiamo profondamente, se lo scenario non fosse quello che oggi ci troviamo di fronte, in continuo e progressivo peggioramento.
I valori di cloruri nelle falde, dovuti all’ingressione marina, in particolar modo a San Vincenzo ma anche a Venturina, ad oltre 10 km dal mare, sono sempre più elevati.
La conformazione della Val di Cornia facilita una ingressione marina da ben due lati, a nord e a sud.
Già negli anni 80, il campo pozzi di campo all’Olmo, che alimentava tutta la città di Piombino, fu abbondonato in solo 5 anni, per il progressivo innalzamento dei valori di cloruri che rendeva l’acqua imbevibile al gusto.
La stessa dinamica si sta concretizzando ora, nonostante la riduzione del 30% dei prelievi per la riduzione delle perdite nel campo pozzi di Venturina.
Ciò sta creando difficoltà gestionali ma anche disagi per i cittadini che si trovano a disporre di un’acqua in rete non gradevole.
La preoccupazione principale è che tale fenomeno si sposti sempre più verso l’interno, andando ad interessare i pozzi di Macchia alta; in tal caso, la Val di Cornia non avrebbe più acqua potabile, comunque, meno e di scarsissima qualità.
Se ciò può essere evitato o ritardato per i pozzi di Macchia alta, per quelli di Venturina la regressione dei cloruri richiederà decenni, anche in caso di riequilibrio dei livelli di falda per maggiori piogge o per quelle opere indicate anche da Legambiente, che ASA realizzerà in caso di successo nelle fasi di ricerca.
Questo incremento dei cloruri durerà ancora a lungo, in quanto una volta infiltratasi l’acqua di mare, il fenomeno dei cloruri dura decenni.
Purtroppo, per toglierli, l’unica soluzione è la osmosi inversa, che scarta circa il 50%, quindi non applicabile direttamente all’acqua dei pozzi, in quanto richiede un incremento del prelievo dalla falda a parità di necessità della rete, andando esattamente verso l’opposto di quello che dobbiamo fare per riequilibrare la falda, cioè ridurre i prelievi.
Si rileva, inoltre, una presenza naturale di molti metalli a valori ben più alti dei limiti di potabilità e anche dello scarico in ambiente, come Boro, Arsenico e Mercurio vicino alla costa, a cui si sommano i cloruri.
I cloruri stanno inibendo il virtuoso riutilizzo delle acque reflue urbane depurate per l’agricoltura, su cui ASA sta investendo molto; a campo alla Croce, oltre 9 M€. Questo comporta un maggiore prelievo da parte degli agricoltori dai loro pozzi che a sua volta richiama ancor di più il cuneo salino velocizzandone l’avanzamento.
È importante ricordare che la presenza naturale in falda di Arsenico, Boro e Mercurio ha richiesto impianti di trattamento molto costosi sia in fase di investimento che di gestione, solo per i reagenti necessari per il trattamento del Boro si spendono 2 M € anno.
Il costo dell’acqua dissalata, pertanto, è quasi sovrapponibile se non inferiore a quanto si spende oggi per l’acqua fortemente trattata.
Solo una corretta valutazione del contesto generale della Val di Cornia - assai critico - e dell’Elba, unico sul territorio nazionale, può indicarci se la soluzione del dissalatore sia adeguata o meno.
L’acqua di mare è inesauribile; il mare, suo malgrado, crea il problema di ingressione salina, ma ci dona anche una possibile soluzione grazie a queste tecnologie.
Tale impianto ci consentirebbe di riequilibrare la falda e di disporre di acqua con bassi cloruri, nuovamente gradevole, e di poter riutilizzare le acque depurate anche per l’agricoltura, desalinizzando il terreno già compromesso da un uso di pozzi agricoli particolarmente salati.
Anche a fronte di scenari di cambiamenti climatici importanti, il progetto di ASA rappresenta una soluzione definitiva, per la Val di Cornia e l’Isola d’Elba, per i prossimi decenni, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, Si può disquisire sulla sua modularità di realizzazione, partendo con una produzione più bassa, in quanto i dissalatori sono sempre modulabili.
Realizzarlo all’Elba, comporterebbe di tenerlo fermo in inverno, senza significativi vantaggi per la Val di Cornia. Al contrario, se realizzato in Val di Cornia, proprio in inverno potremmo ottenere quanto sopra riportato.
Questo a fronte della realizzazione di una condotta sottomarina che andrà a sostituire l’esistente, garantendo la continuità di interconnessione tra i sistemi idrici sempre necessaria in caso di guasti agli impianti, per assicurare un servizio adeguato ai cittadini e al turismo.
I costi di investimento si possono ritenere parzialmente elevati, ma lo sono anche per gli impianti di trattamento ad osmosi per le falde, o per il boro e l’arsenico, nonché per il mercurio.
Da questo contesto partiamo, con costi di trattamento ad oggi elevatissimi e qualità delle acque di falde critiche e in peggioramento.
Inoltre, l’alta probabilità di diminuzione delle piogge, renderà vane tutte le azioni virtuose indicate anche da Legambiente. Premesso che ASA ne realizzerà una quota parte, queste da sole rimangono insufficienti a risolvere la questione dei cloruri.
Gli investimenti sono notevoli e saranno ampiamente pubblici. La quota in tariffa eventuale non inciderà sulla bolletta in quanto l’impianto sarà realizzato a fronte di altre opere meno urgenti. I costi di gestione rimangono gli stessi, se non leggermente inferiori, tenuto conto che i costi attuali per il trattamento sono già alti.

ASA S.p.A.

 

Legambiente: perché il dissalatore è non è necessario e bisogna fare altro
Le osservazioni di ASA, alle nostre critiche sulla necessità di un enorme dissalatore in continente anche ad uso dell’Isola d’Elba, con una nuova e costosa condotta sottomarina da aggiungere a quella esistente, non ci convincono assolutamente.
C’è in primo luogo un elemento di metodo: in Val di Cornia per 3 anni si è lavorato con il progetto Rewat per definire una politica delle acque, con studi peraltro costati centinaia di migliaia di € ai cittadini.
Sono state acquisite le idee dei partecipanti, fatti approfondimenti con ricerche, redatti progetti, fatte sperimentazioni e avviati progetti pilota, analizzati i risultati di alcune opere messe in atto, ecc. Tutto questo ha portato ad avere un quadro esatto della situazione e scelto un indirizzo sul tipo di interventi che sono necessari per il territorio.
Anche allora era presente il problema dell’aumento dell’ingressione salina nelle falde e dei possibili scenari futuri e nella fase finale ASA ha proposto un dissalatore.
Tutti gli interventi proposti e poi approvati, sono stati esaminati e convalidati da un comitato scientifico e infine, invece di accettare la proposta di ASA, è stato messo a punto un Piano di azioni da portare avanti che hanno le caratteristiche comuni di essere poco impattanti, poco costose e che si propongono di ripristinare gli equilibri naturali.
Dal risparmio di acqua in agricoltura, alle opere di gestione dell’alveo del Cornia per incrementare il ravvenamento naturale delle falde, dal riuso delle acque reflue, alla captazione di acque potabili dal subalveo del fiume, dalle opere di ravvenamento artificiale alla diffusione di buone pratiche. Insomma tutto il lavoro svolto, è stato finalizzato al ripristino della falda profonda sia per il suo miglioramento qualitativo sia per affrontare i prevedibili scenari di siccità a seguito delle alterazioni climatiche in atto.
È stato redatto un “Contratto di fiume” sottoscritto da ASA, Comuni, Consorzio di bonifica che ha coordinato, cinque uffici regionali della Toscana con responsabilità nella tutela dell’acqua, genio Civile, idrologico, agricoltura e autorizzazioni ambientali, Università, associazioni ambientali, associazioni di categoria, scuole, ordini professionali, aziende e Istituti di controllo ambientale. Quindi ASA non deve rispondere a Legambiente ma a tutti i firmatari del Contratto di fiume.
Le azioni che sono previste dal Contratto di Fiume, di competenza ASA invece NON vengono realizzate. In primo luogo quel prelievo di acque di sub-alveo del Cornia in loc. Forni che darebbe una grande quantità di acqua SENZA cloruri e quindi in grado di risparmiare acqua e energia dei costosi impianti di trattamento.
A noi sembra che l’idea di grandi investimenti da scaricare sulle bollette dei cittadini non sia una grande idea in un’area dove già i troviamo ad avere tra le bollette tra le più alte d’Italia.
ASA di troverebbe così a realizzare un progetto scartando ogni altra alternativa condivisa da cittadini, associazioni e istituzioni ed essendo nello stesso tempo soggetto promotore e soggetto beneficiario. Toccherà ai cittadini pagare questa nuova e non necessaria opera.
All’Elba, oltre al prossimo avvio del dissalatore, si devono realizzare quel tipo di opere che sono previste anche al Contratto di fiume in Val di Cornia (magari trasformando in un Contratto di Isola), cioè risparmi, riduzione delle perdite, censimento degli emungimenti abusivi, ravvenamenti delle falde, depurazione e riutilizzo dei reflui, per una vera autonomia idrica insulare.
Si devono invece spendere quasi 100 milioni di euro per una nuova condotta sottomarina (quanto servirebbe probabilmente a rifare l’intera rete idrica elbana e a ridurre radicalmente le perdite) solo perché ASA dice che ci potrebbero essere “guasti agli impianti”. Quali?
Legambiente Val di Cornia
Legambiente Arcipelago Toscano

Redazione Greenreport

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