Rinnovabili in Toscana, con le aree idonee la Regione assegnerà obiettivi vincolanti agli enti locali
L’assessora all’Ambiente della Regione Toscana, Monia Monni, ha riunito oggi online le Province e 218 Comuni del territorio, per concertare la legge chiamata entro gennaio a definire le aree idonee agli impianti rinnovabili sul nostro territorio. Iniziando col fare chiarezza sui termini del problema – o meglio dell’opportunità – da affrontare.
«Definire un’area idonea – spiega Monni – non significa consentire d’emblée l’installazione di impianti di energia rinnovabile, bensì garantire procedimenti amministrativi più speditivi per il rilascio delle necessarie autorizzazioni. Al contempo identificare un’area come non idonea non equivale a porre un divieto assoluto alla realizzazione di impianti, bensì mette in evidenza una valutazione di incompatibilità ex ante compiuta dalle amministrazioni del territorio. Infine, per quanto riguarda le aree cosiddette ordinarie esse identificano porzioni di territorio in cui non è stata compiuta né una valutazione pregiudiziale all’installazione di impianti di energia rinnovabile né vengono consentite procedure semplificate per le autorizzazioni a cui poter accedere. La legge regionale definirà queste aree, lasciando però agli enti locali la possibilità di modificarle in funzione di esigenze specifiche del territorio».
Significa, in altre parole, che alla flessibilità sulle aree sotto il profilo localizzativo si abbinerà in parallelo un obiettivo quantitativo da rispettare: «Ad ognuno sarà assegnato un obiettivo di potenza aggiuntiva da installare al 2030 cui non potrà venire meno e che per estensione guardano già ai più ambiziosi target da perseguire al 2050, in linea con l’obiettivo di completa decarbonizzazione della Toscana».
A livello macro, la Regione è chiamata dal Governo Meloni a installare +4,2 GW nell’arco di tempo 2020-2030, equivalenti pressappoco a +2 MW al giorno: quanto vale una pala eolica delle dimensioni di quelle del parco di Villore nel Mugello, per capirsi. Un obiettivo non particolarmente ambizioso, ma che comunque prevede sostanzialmente di decuplicare il ritmo di installazione di rinnovabili tenuto negli ultimi anni, che è stato inferiore ai 100 MW/anno. Il tutto con tempi molto stretti per definire le aree idonee, perché il Governo si è preso oltre due anni di tempo per predisporre i criteri nazionali, solo per demandare poi di fatto la materia alle Regioni e assegnandogli 180 giorni per arrivare a meta.
«Abbiamo il dovere di definire nei tempi più brevi una legge che ci consenta di governare il processo di conversione energetica in atto, per colmare il grave ritardo accumulato in questi anni dal Governo nazionale e contemperare tutti i legittimi interessi in gioco – osserva nel merito Monni – Dobbiamo promuovere lo sviluppo delle rinnovabili senza timore nella consapevolezza della loro centralità rispetto alla sfida imposta dai cambiamenti climatici, ma al contempo farlo assicurando la tutela dello straordinario paesaggio toscano che rappresenta un valore inestimabile da proteggere e valorizzare. Servono ambizione ed equilibrio, consapevoli che senza la conversione energetica la Toscana che conosciamo sarà compromessa dagli effetti devastanti della crisi climatica».
Non a caso un folto quanto autorevole gruppo di 17 associazioni ambientaliste – da Legambiente al Kyoto club, dal Wwf a Greenpeace – hanno rivolto un appello alla Regione affinché colga la definizione delle aree idonee come un’opportunità di sviluppo anziché per blandire l’area più populista dell’elettorato, come purtroppo è invece successo in Sardegna. Per dirla con le parole di Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana e delegato al Paesaggio del Cigno verde nazionale, per arrivare a un traguardo positivo serve la piena collaborazione del legislatore regionale ma anche dei vari enti locali, che dalla transizione ecologica possono trarre vantaggi per sé e per i propri cittadini. Come? «Favorendo con ogni mezzo – spiega Ferruzza – la compartecipazione azionaria degli enti locali e, in parallelo, facendo prendere confidenza ai cittadini con strumenti nuovi e promettenti, come le Comunità energetiche e l’autoconsumo collettivo. Vedo uno scenario, cioè, in cui i grandi impianti siano realmente partecipati dalle istituzioni locali e quelli più piccoli promossi e veicolati da una grande spinta popolare. È un sogno che necessariamente dobbiamo realizzare assieme».