Nel Mar Rosso urge una task force per combattere l’inquinamento da navi affondate
Continua l’escalation di affondamenti di navi verificatisi nel Mar Rosso in seguito ad azioni di guerra o, meglio di terrorismo da parte delle milizie degli Houthi.
L’ultima azione in ordine di tempo ha causato l’affondamento della motonave Tutor (battente bandiera greca secondo le agenzie di stampa mentre all’Imo risulta essere iscritta al N° 9942627 con bandiera liberiana), mentre la prima nave ad essere affondata nel febbraio di quest’anno è stata la M/v Rubymar, una porta rinfusa battente bandiera del Belize.
L’unità in questione, risulta essere una “bulk cargo”, che noi comunemente definiamo nave mercantile per il trasporto alla rinfusa di merci, con a bordo un non precisato quantitativo di carbone (circa 80.000 tonnellate se teniamo conto che la nave stazzava 44.500 ton).
La riflessione di un uomo di mare che ha a cuore la protezione degli ambienti marini, riguarda principalmente l’azione di contrasto agli inquinamenti del mare che sono il principale e deleterio effetto dell’affondamento delle navi, senza per questo voler mancare di rispetto alle vittime e ai feriti che si registrano tra gli equipaggi di bordo.
Nel merito, è dunque urgente chiedere all’European maritime safety agency (Emsa) di intervenire nel Mar Rosso con una apposita task force comunitaria, creata ad hoc per attività di “Marine pollution combating” per poi schierarla nelle aree dove maggiori sono i rischi d’inquinamento: una leva dei ministri dell’Ambiente di tutti gi Stati membri sulla Commissione Ue sarebbe la strada più breve, per sollecitare l’Emsa ad agire in tal senso.
Il tempo è una variabile determinante: occorre creare al più presto una task force da inviare in quell’area, e allestire una logistica adeguata a consentire il rischieramento di unità navali e relative strutture di supporto, prima che la catastrofe ambientale che si annuncia venga a verificarsi.