
ReBrain Europe: se gli Usa voltano le spalle alla scienza, l’Europa può e deve aprirle le porte

Sotto i colpi del presidente Donald Trump, gli Usa stanno rapidamente scivolando verso un assetto da Stato autoritario, dove si moltiplicano (anche) le minacce a ricercatori, istituzioni scientifiche e accademiche che hanno – paradossalmente – fatto la fortuna dell’impero tecnologico statunitense a partire dal secondo dopoguerra.
Allo tsunami dei dazi che si abbatte sull’economia mondiale si affianca il grido di allarme, ripreso su Scientific American, di circa 1.900 scienziati statunitensi di massimo livello, tra cui premi Nobel, sui rischi per il futuro della ricerca scientifica negli Stati Uniti causati dalle recenti mosse dell’amministrazione Trump.
È in questo contesto che, in seno alla Festa di scienza e filosofia di Foligno e Fabriano, due accademici italiani di spicco – Roberto Battiston (Università di Trento) e Silvano Tagliagambe (Università di Sassari) – hanno presentato ReBrain Europe, il Manifesto per un’Europa della scienza aperta che punta ad
accogliere i ricercatori in fuga dagli Stati Uniti, e rafforzare così la capacità scientifica europea.
Negli Usa l’assalto alla scienza si sta configurando «come un attacco alla democrazia e al pensiero critico e ai punti più forti dell'organizzazione democratica – spiega Tagliagambe all’Ansa – Il manifesto vuole sottolineare che l'Europa è ancora l'area politica che accetta la sfida della democrazia: non dobbiamo mai dimenticarlo. Sono valori nati in Europa, che in questo momento se ne fa custode e torna a essere faro esclusivo».
Il manifesto, che ha già raggiunto circa mille firme, sarà presto inviato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e alla ministra dell'Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini.
Secondo i firmatari questa improvvisa crisi americana rappresenta, per l’Italia e per l’Europa, un’opportunità straordinaria e una chiamata a responsabilità nella difesa di valori come la libertà scientifica e lo sviluppo della ricerca di eccellenza.
«È il momento per un nuovo protagonismo culturale e scientifico del nostro Paese cogliendo l’occasione per mettere in atto un piano mirato ed ambizioso per offrire accoglienza e continuità a importanti progetti di ricerca che altrimenti andrebbero vanificati», spiegano i promotori.
Si tratta dunque di rendere l’Italia attrattiva sia per quanto riguarda il capitale umano sia per gli investimenti con incentivi fiscali, semplificazioni amministrative, dialogo costante tra i centri di ricerca, le università e le imprese.
Non a caso il Manifesto, già dal nome, risuona con la progettualità ReArmEu che va definendosi in Europa per rafforzare le capacità di difesa del Vecchio continente – senza ancora aver sciolto il nodo critico tra un percorso di difesa comune e i riarmi nazionali –, con l’Italia si è appena dichiarata disponibile ad aumentare le spese in difesa al 2% del Pil. C’è un altro impegno similare però che è disatteso da anni: la strategia di Lisbona imponeva di raggiungere entro il 2020 quota 3% del Pil in ricerca e sviluppo, ma l’Italia è ancora ferma (dati 2022) a neanche la metà (1,3%) e l’Ue al 2,1%. Si tratta di un errore strategico, come recentemente sottolineato su queste colonne dall’economista ambientale Massimiliano Mazzanti, ricordando ancora una volta «il ruolo della R&S come leva primaria di sviluppo nel lungo periodo».
«Il nostro Paese possiede, almeno sulla carta, tutte le condizioni per essere un hub di richiamo – concludono i promotori del Manifesto – è la seconda manifattura d’Europa, ha un patrimonio culturale straordinario, una posizione geografica strategica, ha espresso talenti in ogni settore, troppo spesso emigrati proprio negli Usa. È il momento di reagire e mostrare quello che l’Italia e l’Europa sanno e hanno saputo fare nei secoli: chi porta sapere, porta ricchezza».
Il Manifesto si può leggere (e firmare) qui.
